I cocktail pronti sono qui per restare
Con la chiusura dei bar si sono diffusi moltissimo, la scelta e la qualità sono aumentate e anche tra i più scettici ci sono meno resistenze
Da quando i bar e i ristoranti hanno chiuso per il primo lockdown, a marzo dell’anno scorso, il consumo di alcolici — come di molte altre cose — si è spostato nelle case. Le aziende che vendevano cocktail confezionati e pronti da bere (in inglese ready to drink) hanno aumentato le vendite e sono nate nuove startup per andare incontro a questa tendenza. Si potrebbe pensare che il successo di questi prodotti sia correlato al periodo che stiamo attraversando, ma quella di bere cocktail pronti a casa era un’abitudine che stava prendendo piede già da prima e che probabilmente continuerà.
«La resistenza nei confronti dei cocktail pronti, in Italia, è dovuta al fatto che siamo abituati a bere vino e birra ottimi e la mixology (ovvero la tecnica che c’è dietro la preparazione di cocktail, ndr) di qualità ci ha messo un po’ a farsi largo. Ancora oggi tanti pensano: “perché bere un cocktail se posso bere del buon vino?”», ha raccontato Giovanna Rumor, cofondatrice di Eleven Cocktails: «insomma, in Italia la richiesta di qualità è molto elevata e abbiamo dovuto attendere un po’ perché i cocktail pronti arrivassero ad alti livelli. Io penso che ora ci siamo: negli ultimi mesi c’è stata molta ricerca in questo campo».
Secondo alcuni dati diffusi da Nielsen, negli Stati Uniti il mercato dei cocktail ready to drink è cresciuto dell’80 per cento tra aprile 2019 e aprile 2020, quindi appena prima che la pandemia cominciasse a tenere lontane le persone da bar e ristoranti. In particolare, i più diffusi negli Stati Uniti sono i cocktail in lattina, che il New York Times dice essere passati da «inesistenti a onnipresenti nel giro di pochi anni».
Non è un caso che The Perfect Cocktail, un’azienda di cocktail pronti nata nel 2016 da tre imprenditori italiani, abbia debuttato nel mercato statunitense e sia arrivata in Italia solo pochi mesi fa. «Sicuramente il lockdown ha spinto i consumi di tutti gli alcolici» hanno raccontato: «al momento i nostri tassi di crescita sono circa del 30 per cento ogni mese e il grosso delle vendite viene dal nostro e-commerce». Sul sito italiano al momento si possono comprare dieci cocktail confezionati, dal Manhattan al Vodka Sour, contenuti in bustine monodose vendute in confezioni da 5 o più.
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Eleven Cocktails è un progetto nato da un’idea di Giovanna Rumor e Alessandro Pozzi, già soci del bar catering Barman Eventi. L’idea di vendere cocktail artigianali pronti online è nata prima del lockdown, ma solo in quel periodo, quando gli eventi si sono interrotti di colpo, i due hanno trovato il tempo per dedicarcisi e avviare l’attività: «durante i nostri catering spesso le persone ci chiedevano come fare a degustare i nostri cocktail di nuovo e non avendo un bar non sapevamo mai cosa rispondere».
«L’Italia era rimasta indietro rispetto ad altri paesi, ma già prima del lockdown il mercato dei cocktail pronti aveva cominciato a crescere. Con il lockdown le vendite si sono impennate e le aziende che vendono questi prodotti sono aumentate: di conseguenza anche il livello medio ora è molto più alto» ha detto Giovanna Rumor. «Secondo noi questi prodotti continueranno a vendere perché tra le persone si è diffusa l’abitudine di avere la stessa qualità che si trova al bar anche a casa, in ufficio o durante un pic nic al parco. In questo senso il tema della qualità è assolutamente centrale».
Pensando ai cocktail da asporto, infatti, a qualcuno potrebbero venire in mente prodotti come il Bacardi Breezer o altre bevande dai gusti dolci e poco raffinati, diffuse soprattutto tra gli adolescenti alle prime esperienze con gli alcolici. Ma tra chi ha cominciato a produrre cocktail ready to drink ci sono spesso anche ristoranti o aziende di alto profilo. A ottobre, per esempio, il ristorante di Emporio Armani a Milano ha presentato i suoi cocktail monodose promuovendoli con playlist musicali a tema e a novembre la distilleria Peter in Florence, che dal 2017 produce gin sui colli fiorentini, ha aggiunto al suo catalogo tre cocktail in bottiglia: Martini, Martinez e Negroni. Da giugno inoltre si possono comprare online il Mi.To e il Negroni in bottiglia di vetro monodose di Carpano, l’azienda secolare torinese che inventò il vermouth.
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L’idea di Drink | It nacque nel 2015, quando i due proprietari di un bar nel quartiere Monti di Roma cominciarono a produrre cocktail in bottiglia per i clienti più affezionati, che al momento della chiusura li pregavano per avere un ultimo drink. Per andare incontro a questa richiesta, nel 2017 i due soci aprirono un piccolo laboratorio e cominciarono a vendere una collezione di Gin Martini, Negroni e Amaro Perfetto in piccole bottiglie. A questi cocktail ne hanno man mano aggiunti altri, arrivando a esportarli anche in Germania, Danimarca, Svizzera e Israele.
Il più venduto da Drink | It è il Negroni, che viene fatto con 5 gin, 3 bitter e 6 vermouth e viene lasciato a riposare per almeno 3 mesi in contenitori d’acciaio in modo che i sapori si amalgamino. «Il risultato è un’armonia di sapori che non è possibile trovare in nessun cocktail fatto al bar sul momento» ha spiegato Emanuele Broccatelli, fondatore di Drink | It insieme a Valeria Bassetti. «La nostra società era già in crescita: secondo noi il lockdown ha semplicemente dato una spinta a una tendenza che sarebbe comunque esplosa. Ha sdoganato nella mente delle persone l’idea che si possa bere bene anche a casa».
Anche NIO Cocktail è nato prima del lockdown, tre anni fa, e racconta che da allora ha dovuto «cambiare tre stabilimenti per reggere i ritmi di crescita». I suoi cocktail sono miscelati dal bartender Patrick Pistolesi, il cui bar a Roma, Drink Kong, a novembre è rientrato nella classifica dei 50 migliori cocktail bar del mondo. «Non facciamo long drink (come per esempio il Gin Tonic), ma soprattutto cocktail di tradizione americana, da bere nel bicchiere basso, con un unico cubo di ghiaccio e porzioni da 100 ml e non di più», hanno raccontato: «Ovviamente non tutto il pubblico è amante di questi dettagli: il nostro obiettivo è offrire cocktail di alta qualità e fare cultura del bere bene. Sicuramente ogni paese ha un suo approccio al cibo e al bere: in Italia siamo molto esigenti e per questo è importante dimostrare che i cocktail pronti da bere non sono necessariamente sinonimo di bassa qualità».
L’attenzione alla qualità passa anche dalla cura del design delle confezioni. A differenza degli Stati Uniti, in Italia è difficile che i cocktail vengano venduti in lattina. Le due soluzioni più diffuse per la conservazione delle miscele sono le bustine di plastica contenute in confezioni di cartone e le bottigliette di vetro, che spesso sono quelle più costose. Quelle di Drink | It per esempio sono molto riconoscibili perché ricordano le boccette di sciroppo per la tosse di una volta. Eleven Cocktails ha raccontato che la scelta di usare la bottiglia di vetro ha due ragioni «la prima è che i cocktail che vendiamo hanno ricette di nicchia, ideate da noi, e volevamo che anche la presentazione rendesse l’idea di quanto sono preziose: per questo ci siamo ispirati al mondo della profumeria. L’altro motivo è che volevamo mantenere la gestualità della versata tipica di alcuni cocktail che si consumano al bancone».
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Rispetto a quello che succederà dopo, quando i bar riapriranno e i consumi di alcolici in casa probabilmente diminuiranno, non c’è particolare preoccupazione. The Perfect Cocktail ha detto che «per il futuro ci aspettiamo di riprendere con la distribuzione negli hotel e di incrementare la nostra presenza nei ristoranti, in modo che si diffonda l’abitudine di ordinare a domicilio non solo da mangiare, ma anche da bere. Ad esempio, a Milano il servizio è già disponibile ordinando da GUD con la app di consegne Glovo».
Eleven Cocktails lavora molto con aziende e negozi, che utilizzano i drink monodose in bottiglia per fare branding, cioè per dare visibilità al proprio marchio in particolari occasioni di apertura al pubblico o per fare regali aziendali: alcuni chiedono di avere una ricetta personalizzata, altri acquistano cocktail già in catalogo ma si fanno personalizzare l’etichetta. Oltre a lavorare con le aziende, prima del lockdown a Drink | It capitava spesso di ricevere richieste da privati che volevano regali originali per matrimoni o altri eventi.
NIO Cocktails lavora già con diversi rivenditori tra cui in particolare i cosiddetti “concept store”, negozi con aree espositive incentrate sul design degli interni: «la casa è sempre più un luogo di aggregazione, ci si passa sempre più tempo e questa tendenza era già ben chiara prima che iniziasse il lockdown». NIO Cocktails vendeva anche a hotel, ristoranti e compagnie aeree. «Per esempio i nostri cocktail tornano utili se una compagnia aerea vuole offrire da bere ma non vuole portare a bordo bottiglie e altre cose che ingombrano, oppure per gli hotel che vogliono offrire cocktail di livello a tutte le ore, anche quando il bartender non c’è».