Chi è Clemente Mastella
E perché si parla di lui in questi giorni: storia di un leader della prima Repubblica, per chi a quel tempo non c'era o non ricorda
Qualche anno fa, Clemente Mastella si era definito «un naufrago che ha sempre trovato l’isola». Ha 73 anni ed è un politico molto presente nella storia italiana degli ultimi decenni, simbolo di una diffusa attitudine alla duttilità politica e alla gestione di relazioni e clientele: è stato ministro sia nel primo governo Berlusconi, di centrodestra, che in quello di Romano Prodi, di centrosinistra. Mastella oggi non è un deputato, ma è sindaco di Benevento.
In questi giorni Mastella è stato indicato come uno dei protagonisti del tentativo di Giuseppe Conte di trovare abbastanza senatori per ottenere la maggioranza al Senato nel voto decisivo previsto per domani, evitando la crisi di governo. Lui, in un’intervista di oggi a Repubblica, si dice sicuro che Conte domani avrà la maggioranza, ha spiegato di ricevere molte telefonate, «anche di renziani inquieti», che gli chiedono «consigli, suggerimenti»: «Sono il medico a cui si domanda la cura…». I questi giorni, si è impegnato a fare da «regista» per una forza politica da costruire intorno ai cosiddetti “responsabili”, ed è stato accusato da Carlo Calenda di avergli offerto il sostegno del PD nella sua candidatura a sindaco di Roma in cambio dell’appoggio a Conte (ne è seguito un bisticcio).
Clemente Mastella è nato a San Giovanni di Ceppaloni, piccolo centro della provincia di Benevento di cui è stato due volte sindaco (dal 1986 al 1992 e dal 2003 al 2008). Si è laureato in Lettere e Filosofia, poi è diventato giornalista iniziando a lavorare nella sede della Rai di Napoli. Nel libro La casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, Mastella dichiara che a farlo entrare alla Rai fu il democristiano Ciriaco De Mita e che la redazione, contro la sua assunzione, proclamò tre giorni di sciopero: «Ai colleghi replicai soltanto: e voi invece siete entrati per concorso!».
Mastella si iscrisse fin da giovane alla Democrazia Cristiana divenendo dirigente nazionale dell’Azione Cattolica. E con la Democrazia Cristiana venne eletto alla Camera per la prima volta nel 1976: da lì in avanti è stato parlamentare per otto legislature, dal 1976 al 2006, poi senatore, dal 2006 al 2008, due volte ministro (in un governo di centrodestra e in un altro di centrosinistra), e anche parlamentare europeo, tra il 1999 e il 2004 e dal 2009 al 2014.
Negli anni Novanta, con lo scioglimento della DC alcuni esponenti moderati, tra cui Pier Ferdinando Casini e appunto Mastella, decisero di non aderire al neonato Partito Popolare, per timore che potesse entrare in una coalizione di centrosinistra, e fondarono quindi il Centro Cristiano Democratico (CCD), che alle elezioni del 1994 appoggiò il centrodestra. E dopo la vittoria del centrodestra, Mastella divenne ministro del Lavoro e della Previdenza sociale nel primo governo Berlusconi.
Nel 1998 il CCD si divise e Clemente Mastella andò a fondare i Cristiani Democratici per la Repubblica (CDR) che poi aderirono, insieme al partito di Rocco Buttiglione, all’Unione Democratica per la Repubblica (UDR), partito fondato dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Mastella divenne il leader dell’UDR che alle elezioni europee del 1999 cambiò il nome in UDEUR e che appoggiò in seguito il centrosinistra.
In quegli anni, Mastella tentò di partecipare al congresso del Partito Popolare Europeo a Berlino: cercò di entrare nella hall con la moglie e alcuni sostenitori dell’UDEUR, ma venne bloccato dalla polizia. Irritato per il trattamento riservato alla moglie, tirò fuori il suo tesserino da parlamentare europeo («I am a parliamentary europey!») e cercò di far capire alla polizia che la donna che avevano fermato era sua moglie, sbagliando anche un po’ («I am my wife!»). L’episodio e quel video – così come la foto di Mastella con un suo “amico americano” – vengono ciclicamente citati e ricordati, soprattutto in questi giorni. Per inciso, la moglie Sandra Lonardo, eletta in questa legislatura al Senato con Forza Italia e passata poi al Gruppo Misto, da giorni è indicata dai giornali tra i senatori “responsabili”.
Nei primi anni Duemila, l’UDEUR si occupò soprattutto di politica locale, ottenendo scarsi risultati alle europee del 2004. Ma sul territorio si rivelò molto forte. Alle amministrative del 2005 ottenne il 7,5 per cento e Sandra Lonardo, moglie di Mastella, venne eletta presidente dell’assemblea regionale campana. Nel 2006, l’UDEUR si alleò con l’Unione guidata da Romano Prodi, e un anno prima, Mastella si era addirittura candidato alle primarie per scegliere il capo della coalizione, arrivando terzo dopo Prodi e Fausto Bertinotti con meno del 5 per cento dei voti. «Il centro della politica non è un luogo astratto ma è un progetto per il futuro, un’idea, un percorso, un metodo, una storia, un’identità. La mia candidatura alle primarie del centrosinistra nasce con questa ostinata convinzione», disse in quell’occasione.
L’Unione vinse per pochissimi voti le elezioni e si trovò con una risicatissima maggioranza in Senato. L’UDEUR non passò la soglia di sbarramento alla Camera e riuscì a eleggere soltanto tre senatori, tra cui Mastella che riuscì ugualmente a ottenere uno dei ministeri più importanti, quello della Giustizia.
I rapporti con il resto della coalizione, però, peggiorarono rapidamente. Contrario al tentativo degli altri partiti di introdurre un sistema maggioritario, che avrebbe annullato il potere dell’UDEUR, Mastella si dimise. In quei giorni, la moglie Sandra Lonardo, presidente del Consiglio regionale campano, era stata messa agli arresti domiciliari. L’inchiesta, che coinvolgeva una trentina di persone, riguardava una nomina ad un ruolo dirigenziale nell’ospedale di Caserta e l’accusa era di concussione. Nella stessa inchiesta, si seppe poco dopo, era indagato lo stesso Mastella (nel 2017, sia Mastella che la moglie sono stati assolti).
Pochi giorni dopo le sue dimissioni da ministro della Giustizia, Mastella votò la sfiducia al governo che cadde anche grazie al voto dei suoi senatori. Il 24 gennaio del 2008, prendendo la parola per le dichiarazioni di voto del suo gruppo, Mastella iniziò con queste parole:
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli senatori, “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e chi non cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce”.
E continuò con una poesia in cui, a ogni verso successivo, si ripetevano le parole “Muore lentamente”: «Signor Presidente, questa poesia di Pablo Neruda denota il mio stato d’animo, certo, ma anche l’inconsistenza (…) di una maggioranza che non c’è più, una maggioranza che non c’è». La poesia, però, non era di Pablo Neruda ma della meno celebre giornalista e scrittrice brasiliana Martha Medeiros.
Dal 2007, Mastella era già indagato dalla procura di Catanzaro per l’inchiesta “Why not” condotta da Luigi De Magistris. La situazione era resa più complicata dal fatto che, in qualità di ministro della Giustizia, Mastella aveva disposto da poco il trasferimento di De Magistris da Catanzaro, per presunte irregolarità in altre indagini. Molti dissero che Mastella lo aveva fatto proprio per fermare l’inchiesta “Why Not”, ma ottenne la solidarietà di gran parte dei suoi colleghi parlamentari e ministri con la notevole eccezione di Antonio Di Pietro, che era allora ministro delle Infrastrutture nello stesso governo Prodi. La situazione nel governo – che da oltre un anno si trascinava senza una maggioranza in Senato e grazie al voto dei senatori a vita nei momenti più importanti – si fece molto pesante e la vicenda “Why Not” fu uno degli ultimi scontri prima delle dimissioni di Mastella da ministro della Giustizia (le indagini dell’inchiesta “Why Not” si chiusero alla fine del 2008, per Mastella e anche per Prodi, a sua volta inizialmente coinvolto, la procura generale chiese l’archiviazione: non c’erano elementi sufficienti nemmeno per arrivare ad aprire il processo).
Dalla caduta del governo Prodi, il partito di Mastella non riuscì più a recuperare la sua posizione di importanza nella politica italiana. Ottenne modesti risultati alle elezioni locali e nel 2013 (dopo aver cambiato diverse volte nome) si sciolse in Forza Italia.
Nel 2008, dopo la caduta di Prodi, Mastella decise di non candidarsi alle politiche, per la prima volta dopo più di trent’anni. Era scaduto anche il suo mandato di sindaco a Ceppaloni, e scelse di non ripresentarsi nemmeno alle elezioni comunali.
L’anno dopo tornò alla politica, e la sua successiva attività fu piuttosto intensa: si candidò alle europee e venne eletto con il Popolo della Libertà, si candidò, perdendo, a sindaco di Napoli, e poi nel 2016 si candidò e venne eletto sindaco di Benevento, sostenuto da Forza Italia, UDC e da diverse liste civiche. Il 2 febbraio del 2020 annunciò le dimissioni da sindaco, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato, per candidarsi alle regionali con il centrodestra, ma venti giorni dopo ritirò le dimissioni smentendo di volersi candidare.
Nel frattempo, la sua attività di fondazione di piccoli partiti non si è fermata, in vista delle elezioni comunali, delle regionali o delle politiche, a seconda dei casi: è tornato in Forza Italia, e poi l’anno scorso l’ha lasciata, per sostenere Vincenzo De Luca, del PD, alle elezioni regionali.