Gli Australian Open sotto sorveglianza
Per il coronavirus i partecipanti al primo Slam dell'anno dovranno rimanere chiusi in hotel per due settimane, e alcuni si sono pentiti di esserci andati
Un anno fa gli Australian Open di Melbourne furono condizionati dai vasti incendi che a cavallo tra il 2019 e il 2020 bruciarono almeno 85.000 chilometri quadrati di foreste australiane. Per settimane fumo e cenere resero particolarmente faticoso lo svolgimento del torneo, il primo dei quattro Slam del tennis in ordine cronologico e solitamente anche quello dall’atmosfera meno austera e più informale. A un anno di distanza, gli Australian Open sono in procinto di iniziare ancora in modo molto particolare: stravolti dalle misure di prevenzione imposte dagli organizzatori per evitare contagi tra i partecipanti e con il rischio di un annullamento.
La federazione tennistica australiana, organizzatrice del torneo, ha predisposto una quindicina di voli charter esclusivamente per portare in Australia circa 1.200 tra giocatori e preparatori, ai quali spetta una quarantena di 14 giorni da trascorrere negli hotel a loro assegnati. La maggior parte dei voli — partite da Abu Dhabi, Doha e Los Angeles — è arrivata tra giovedì e sabato, con tamponi effettuati all’imbarco e all’atterraggio. Tutte le persone che avranno in qualche modo a che fare con il torneo, e che sono risultate o risulteranno negative ai tamponi effettuati al secondo giorno di permanenza, potranno ottenere il permesso di sospendere la quarantena cinque ore al giorno per gli allenamenti. I partecipanti arrivati in Australia con un volo in cui uno o più passeggeri sono risultati positivi al coronavirus non avranno invece la possibilità di allenarsi e dovranno rimanere sempre in stanza: finora sono state rilevate nove positività tra i passeggeri dei voli charter, le quali hanno costretto alla quarantena senza allenamenti 72 giocatori.
Tra questi c’è la kazaka Yulia Putintseva, che si è già detta pentita di aver scelto di giocare il torneo, viste le rigide misure preventive, e ha iniziato ad allenarsi nella sua camera d’albergo usando i materassi come sponde. Il serbo Novak Djokovic, in quarantena ad Adelaide — dove dovrebbe partecipare a una partita di esibizione prima di spostarsi a Melbourne — ha avanzato alcune richieste a nome dei partecipanti: la riduzione del periodo di isolamento, la possibilità di vedere almeno allenatori e preparatori, il trasferimento — se possibile — in case private con campi da tennis, miglior cibo e migliori attrezzature da inviare alle camere degli atleti, finora sprovviste. Le autorità dello stato di Victoria, sotto la cui giurisdizione si svolge il torneo, le hanno già negate.
Grand slam preparation 😅 pic.twitter.com/ALvc4EugN6
— Yulia Putintseva (@PutintsevaYulia) January 17, 2021
Le misure di prevenzione, che limitano anche le persone al seguito dei tennisti, avevano spinto Roger Federer a rimandare il suo ritorno in campo, dato che lo svizzero è solito muoversi con la famiglia e un ampio entourage. La scorsa settimana alle assenze si era aggiunta quella dello scozzese Andy Murray, risultato positivo durante gli allenamenti a Londra. Allo statunitense Tennys Sandgren, invece, è stato permesso di partire verso l’Australia nonostante in precedenza fosse risultato positivo a un tampone: è stato ritenuto non contagioso perché già risultato positivo lo scorso novembre.
Intanto a Melbourne, dove il torneo dovrebbe svolgersi tra l’8 e il 22 febbraio, gli organizzatori hanno diviso il Melbourne Park in tre diverse zone — un po’ come fatto negli stadi di calcio in questi mesi — per limitare i contatti e migliorare la tracciabilità degli eventuali casi. Gli spettatori avranno a disposizione tre diverse tipologie di biglietti che daranno accesso a posti limitati e isolati fra di loro. Il numero esatto di posti disponibili verrà stabilito la prima settimana di febbraio in linea con le nuove misure stabilite dal governo dello stato di Victoria.