Come sta andando con i nuovi contagi di coronavirus in Cina
Il paese ha registrato il primo morto da maggio e rileva un centinaio di casi al giorno: pochi, rispetto a molti paesi, ma 22 milioni di persone sono già state messe in lockdown
Il 14 gennaio in Cina è stato registrato il primo morto da COVID-19 da maggio del 2020 e nella settimana precedente la media dei nuovi casi positivi al coronavirus era stata di 146 persone al giorno. Sono i numeri più alti da diverso tempo, e anche se non farebbero allarmare molti dei paesi che stanno cercando di limitare la pandemia (in Italia, per esempio, il 14 gennaio sono stati rilevati più di 17mila contagi), in Cina stanno creando una certa preoccupazione.
I nuovi casi positivi sono dovuti quasi interamente a focolai scoperti in due province: lo Heilongjiang, nel nord-est del paese, e lo Hebei, intorno a Pechino. In risposta alla risalita dei contagi, in queste due zone 22 milioni di persone sono state sottoposte a un lockdown (che è stato esteso anche ad alcuni quartieri di Pechino). Un anno fa, quando i primi casi di coronavirus furono scoperti a Wuhan, c’erano 11 milioni di individui in lockdown.
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Lo Hebei – che ha fatto registrare più contagi rispetto allo Heilongjiang – preoccupa maggiormente, proprio per la sua posizione che circonda la capitale, e il segretario del Partito comunista provinciale, Wang Dongfeng, ha detto che questo lockdown deve servire a creare «un fossato» che protegga Pechino. Il governo dello Hebei ha detto che la provincia è entrata in «modalità di guerra», definizione già usata mesi fa in alcune aree e che indica sostanzialmente una mobilitazione generale della provincia e una risposta immediata in termini di test, di tracciamento dei contatti e di quarantena.
Nella città di Shijiazhuang, capitale dello Hebei, dall’8 gennaio sono stati fatti tamponi praticamente a tutti gli oltre 10 milioni di abitanti e 354 sono stati trovati positivi. Il 12 gennaio è iniziato il secondo ciclo di test sulle stesse persone. Fuori dalla città, mercoledì 13 gennaio, 3mila lavoratori hanno iniziato a costruire un grande centro per la quarantena, che secondo i media locali avrà 3mila stanze.
Gallery: Shijiazhuang is racing against time to build a makeshift quarantine center to tackle its Covid-19 outbreak. Starting Wednesday, more than 3,000 workers have been sent to work on the center, which will provide 3,000 rooms. https://t.co/O4OV60n9Dg pic.twitter.com/smX2cnsugg
— Caixin Global (@caixin) January 15, 2021
Secondo il Global Times, un tabloid in inglese prodotto dal quotidiano ufficiale del Partito comunista, questa nuova ondata di contagi, per quanto limitata, ha reso evidente uno dei maggiori problemi cinesi nella gestione dell’epidemia: il controllo delle zone rurali e periferiche.
Wu Hao, un esperto della Commissione nazionale salute per la prevenzione delle malattie, ha detto al Global Times che i focolai dello Hebei e dello Heilongjiang sono iniziati proprio nelle campagne, nonostante si pensasse che quelle zone fossero troppo vaste e poco densamente abitate per poter diffondere il virus. Secondo le indagini epidemiologiche, il 13 gennaio nell’area della capitale dello Hebei, Shijiazhuang, sono stati trovati 75 contagiati, ma solo 4 vivevano in città.
Dall’11 gennaio le autorità di Shijiazhuang hanno iniziato a trasportare via autobus circa 20mila persone dai villaggi ai centri per la quarantena.
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La preoccupazione deriva anche dal periodo in cui si è verificato il nuovo aumento dei contagi. Il capodanno cinese sarà il 12 febbraio e tra qualche settimana milioni di persone si sposteranno per i festeggiamenti, soprattutto lavoratori delle città e che torneranno nel proprio villaggio d’origine per trascorrere le feste con le famiglie. Per questo i governi locali e le aziende delle zone in lockdown stanno chiedendo ai lavoratori di non partire per il capodanno, offrendo degli incentivi: aumenti di stipendio, premi, accordi per usare le ferie in un altro periodo, ma anche intrattenimento nel periodo festivo e cene di capodanno gratuite. Un anno fa il capodanno fu individuato come uno dei principali canali di diffusione del virus nel paese.
Al momento in Cina è stato autorizzato un vaccino, quello dell’azienda farmaceutica statale Sinopharm, che aveva cominciato a essere somministrato a luglio, ma solo ad alcune fasce specifiche della popolazione, per esempio funzionari governativi. Ora l’uso, definito di emergenza, è stato esteso, ma non ancora a tutti: possono ricevere le dosi solo alcune categorie a rischio, come medici, infermieri, insegnanti, poliziotti e solo tra i 18 e i 59 anni. L’obiettivo è di vaccinare 50 milioni di persone prima dell’11 febbraio, che è appunto l’inizio del periodo di festività del capodanno cinese.