Domande e risposte sulla crisi di governo
Quello che potreste non aver capito e quello che forse non ha capito nessuno sullo scontro tra Conte e Renzi, spiegato
A che punto siamo arrivati?
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, aiutato dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico, i principali azionisti del governo, sta cercando di convincere almeno una decina di senatori che attualmente sono all’opposizione a entrare nella maggioranza. In questo modo, Conte vuole sostituire i voti al Senato che fino all’altro giorno erano di Italia Viva, e tenere in piedi il governo senza Matteo Renzi. Alla Camera ha comunque la maggioranza.
Come ci siamo arrivati?
Mercoledì Renzi aveva ritirato la delegazione di Italia Viva dal governo: era composta dalle ministre Elena Bonetti (Famiglia e Pari opportunità) e Teresa Bellanova (Politiche agricole), oltre che dal sottosegretario Ivan Scalfarotto. Questo ha aperto una crisi politica, perché Renzi aveva detto in sintesi che Italia Viva non avrebbe più sostenuto questo governo, a meno di grossi cambiamenti (un nuovo presidente del Consiglio, o almeno nuove condizioni e patti per governare).
Perché Renzi vuole far cadere il governo?
È la domanda delle domande. È stato spesso complicato interpretare le strategie di Renzi, e questa volta lo è anche più del solito. Ci sono delle ragioni esplicite e dichiarate: Italia Viva ha detto di essere molto insoddisfatta di Conte e del suo governo, della gestione della pandemia, del piano per gestire i fondi europei del Recovery Fund, dell’indisponibilità ad accedere alla linea di credito del MES, della delega ai servizi segreti mantenuta da Conte. La versione di Renzi, in breve, è: Conte sta gestendo male la pandemia, e serve sostituirlo per fare un governo che la gestisca meglio.
E poi c’è tutta una serie di altre ragioni più implicite, alcune tutto sommato evidenti e altre più nascoste e soggette a interpretazioni. Ci sono le ormai note insofferenze di Renzi verso Conte, e l’altrettanto nota tendenza di Renzi a organizzare trame che facciano nascere o finire governi, da quello di Enrico Letta nel 2014 a quello attuale, che contribuì in modo determinante a creare nell’estate del 2019. Italia Viva nei sondaggi ha un consenso marginale, tra il 3 e il 4 per cento, e in molti hanno interpretato questa operazione come un tentativo di Renzi di guadagnare più importanza nel governo. Rimangono comunque molte cose non troppo chiare, ed è sembrato che anche i cronisti e gli analisti più navigati questa volta fossero in difficoltà a spiegare la strategia di Renzi. Non si è capito in particolare quanto si aspettasse l’evoluzione attuale della crisi, e quanto credesse alla possibilità di una maggioranza senza Italia Viva.
Quali sono i prossimi passaggi?
Tra oggi e il weekend andrà avanti la ricerca dei senatori da parte di Conte e delle forze di governo. Lunedì Conte andrà alla Camera e riferirà della crisi in corso: sembra certo che lo farà con una modalità al cui termine è previsto un voto dell’aula. Potrebbe anche non essere formalmente un voto di fiducia, ma vorrà dire che si arriverà comunque a contare i numeri del governo in Parlamento. Alla Camera non ci dovrebbero essere problemi, perché c’è la maggioranza anche senza i 30 deputati di Italia Viva.
Il problema è il Senato, dove il discorso di Conte è previsto per martedì mattina. Al termine ci sarà un voto: se il governo otterrà la maggioranza, probabilmente la crisi rientrerà. Se andrà in minoranza, Conte dovrà dimettersi aprendo formalmente la crisi di governo. Il giorno chiave quindi è martedì.
Com’è la situazione al Senato?
La maggioranza è di 161 voti, ma per stare tranquillo Conte dovrebbe avere qualche voto in più. Prima dell’uscita di Italia Viva, che ha 18 senatori, il governo contava su una maggioranza compresa tra i 165 e i 170 voti: la situazione è un po’ fluida, perché ci sono i senatori a vita, che spesso non sono presenti, e poi quelli del Gruppo Misto, alcuni dei quali a volte votano già con il governo. Senza Italia Viva, comunque, si stima che i senatori che sostengono il governo siano 151: e quindi a Conte ne servono almeno una decina, ma anche qualcuno in più.
Dove pensa di trovarli Conte?
I giornali sono pieni di ipotesi e retroscena sui nomi che Conte, il PD e il M5S starebbero cercando di convincere a passare nella maggioranza, prima chiamandoli “responsabili”, adesso “costruttori”, con riferimento al discorso di Capodanno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mattarella che, peraltro, non sembra proprio entusiasta dell’operazione, e insiste perché la nuova maggioranza sia il meno precaria possibile e la crisi si risolva velocemente.
La maggior parte dei senatori in ballo per entrare nella maggioranza fa parte del Gruppo Misto, quello in cui finiscono i senatori usciti da altri partiti, quelli di partiti che non hanno almeno 10 senatori, o che si sono riuniti in liste che non si erano presentate alle ultime elezioni. Ma secondo i retroscena, c’è la possibilità che rimanga con il governo anche qualche senatore di Italia Viva, che attualmente al Senato è sotto il simbolo del Partito Socialista Italiano (perché appunto non si era presentata alle elezioni). Si parla anche, sempre come ipotesi, di alcuni senatori eletti originariamente con Forza Italia, UDC, MAIE (gli italiani all’estero).
Ne troverà abbastanza?
Da questa risposta dipenderà come andrà a finire. Conte e il PD sembrano abbastanza ottimisti, e sembra che vogliano riunire questi senatori che definiscono “costruttori” in un gruppo autonomo, in modo da dargli identità politica e non lasciarli nel Gruppo Misto. Un partito che aveva eletto senatori alle politiche del 2018 dovrebbe però concedergli il simbolo: si è parlato dell’UDC, ma sembra che non sarà così; poi si è parlato del PSI, che però potrebbe non voler mollare Renzi; e si sta parlando del MAIE. Il nome che gira per questo nuovo gruppo è “ConTe”.
Chi sta con chi?
Il M5S ovviamente sta con Conte, anche se in molti hanno osservato che il partito non ha avuto una reazione molto compatta e decisa, e che anzi nelle prime fasi della crisi era sembrato tutto sommato disposto a cambiare presidente del Consiglio, se fosse stata l’unica opzione per rimanere al governo. Anche il PD sembrava inizialmente di questo avviso, ma a partire da giovedì si è schierato in modo sempre più netto con Conte e contro Renzi, e adesso sta dicendo che Italia Viva è inaffidabile e non si può più pensare di governarci insieme.
È ancora possibile che Renzi e Conte facciano pace?
Su questo punto sembra tutto piuttosto aleatorio. Martedì, lo scontro tra Conte e Renzi sembrava inevitabile; mercoledì, Conte aveva usato toni concilianti e proposto una risoluzione pacifica della crisi, prima che Renzi tirasse dritto; giovedì, i leader di Italia Viva hanno detto che tutto sommato potrebbero ancora rimanere nella maggioranza, se venissero garantite certe condizioni, ma è stato il PD a sembrare irremovibile sull’opposizione al ritorno di Renzi. Insomma: sembra al momento poco probabile, ma non si sa mai.
E la destra?
Di fatto non può fare molto altro che guardare. Fratelli d’Italia ha un consenso nei sondaggi molto superiore a quello ottenuto alle ultime politiche, e quindi spinge per il voto anticipato. Anche la Lega chiede le elezioni. Forza Italia no, perché probabilmente ne uscirebbe male. Ma più che mettere fretta e pressioni al governo, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non possono fare granché.
Che altro c’è in ballo?
Non bisogna scordarsi di alcune cose importanti. E cioè che anche se il piano di spesa è già stato approvato dall’attuale governo, nei prossimi mesi chi governerà influenzerà come saranno spesi gli oltre 200 miliardi del Recovery Fund fino al 2027. Poi nel gennaio del 2022 il Parlamento eleggerà il presidente della Repubblica: e questo condiziona pesantemente le volontà riguardo al voto anticipato. Attualmente a eleggerlo potrebbero essere il PD e il M5S: se si andasse a votare, la scelta passerebbe probabilmente al centrodestra. Non a caso, scrivono i giornali, tra i più grandi sostenitori di Conte nel PD c’è Dario Franceschini, ministro della Cultura e indicato da tempo come un possibile candidato a sostituire Mattarella.
Non è finita: con il referendum sul numero dei parlamentari, si è deciso che alle prossime elezioni i deputati eletti passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Significa che una buona parte degli attuali parlamentari non ci saranno, nella prossima legislatura: e questo fa sì che non siano in molti a essere contenti della prospettiva di elezioni anticipate, giusto Fratelli d’Italia e la Lega. Anche il PD in realtà non sembra troppo preoccupato da un eventuale voto. Secondo gli analisti, chi davvero vorrebbe evitarlo sono specialmente il M5S e Forza Italia.
Cosa succede se Conte non trova la maggioranza?
Se sarà sfiduciato dal Senato, dovrà andare al Quirinale a dimettersi. A quel punto con ogni probabilità Mattarella cercherebbe un’altra persona per formare un nuovo governo, in grado di ottenere una maggioranza il più ampia possibile, magari coinvolgendo anche un pezzo di centrodestra, oltre a PD, M5S e centro. Ci sono molte possibilità: potrebbe essere un governo politico, tecnico o istituzionale, ma è ancora presto per fare nomi o ipotesi. Se non dovesse riuscirci, dovrebbe sciogliere le camere e convocare le elezioni anticipate, probabilmente per giugno.
Sì, ma cos’è più probabile?
A leggere e sentire in giro, non c’è praticamente ancora nessuno che si sbilanci su cosa succederà martedì al Senato. Al momento non c’è uno scenario molto più probabile di un altro, tra Conte che trova una nuova maggioranza e Conte che viene sfiduciato per qualche voto. L’unico scenario giudicato dagli esperti per il momento difficile sono le elezioni anticipate: l’opinione generale è che probabilmente in un modo o nell’altro si troverà un governo che questo Parlamento sia disposto ad appoggiare.