I dubbi sul vaccino cinese in Brasile
CoronaVac ha un'efficacia del 78 per cento, dicono i ricercatori brasiliani, ma le informazioni sono ancora scarse
Con oltre 8 milioni di casi positivi rilevati, il Brasile è il terzo paese con il maggior numero di contagi da coronavirus dopo gli Stati Uniti e l’India, e il secondo per numero di morti certificate da COVID-19 in termini assoluti (oltre 200mila) dopo gli Stati Uniti. Il paese ha avuto grandi difficoltà ad arginare la diffusione della pandemia – anche a causa del suo presidente Jair Bolsonaro che ne ha sminuito a lungo la portata – e non ha ancora autorizzato vaccini per provare a migliorare la situazione. Le cose dovrebbero cambiare nei prossimi giorni, con l’autorizzazione del vaccino prodotto dall’azienda farmaceutica cinese Sinovac, ma ci sono ancora dubbi sulla sua efficacia e l’affidabilità dei test svolti finora.
Nel corso di una conferenza stampa organizzata lo scorso 7 gennaio a San Paolo, un gruppo di ricercatori brasiliani ha diffuso nuove informazioni, annunciando che il vaccino di Sinovac ha un’efficacia del 78 per cento nel prevenire i casi moderati di COVID-19, la malattia causata dal coronavirus. I ricercatori hanno inoltre spiegato che il vaccino ha un’alta efficacia nel ridurre il rischio di sviluppare sintomi più gravi, ma non hanno fornito molti altri dati. La sperimentazione è stata svolta su circa 12mila operatori sanitari e le sue conclusioni saranno pubblicate nei prossimi giorni, probabilmente insieme all’autorizzazione di emergenza per l’impiego del vaccino.
La sperimentazione è stata coordinata dall’Istituto Butantan, centro di ricerca pubblico specializzato in immunologia e vaccini, ma è comunque dipesa fortemente da Sinovac, che ha tenuto sotto controllo la diffusione dei dati sul proprio vaccino, chiamato CoronaVac.
A differenza dei vaccini finora autorizzati negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, basati sull’RNA messaggero e con soluzioni finora mai adottate su larga scala, il vaccino di Sinovac impiega metodi più tradizionali. In breve, CoronaVac impiega l’intero coronavirus, che viene inattivato in modo che non possa fare danni, suscitando comunque una risposta da parte del sistema immunitario che impara a riconoscerlo in modo da contrastare un’eventuale infezione con la versione attiva del virus. È un approccio “classico”, impiegato da decenni per altri vaccini, ma che non sempre garantisce buoni livelli di efficacia.
I risultati comunicati in Brasile indicano, per esempio, un’efficacia del 78 per cento: molto alta, ma comunque distante dal 94-95 per cento circa ottenuto dal vaccino di Pfizer-BioNTech e da quello di Moderna. Prendendo per buoni i dati comunicati finora, CoronaVac supera comunque ampiamente il 50 per cento di efficacia fissato dalle principali autorità di controllo, in vari paesi, come limite minimo per autorizzare l’impiego di emergenza di un vaccino.
Come segnala il sito di Science, rimangono però molti dubbi sulla soluzione sperimentata in Brasile. Durante la presentazione dei risultati a San Paolo, per esempio, non è stato citato il numero esatto di casi di COVID-19 rilevati tra i partecipanti alla sperimentazione clinica. Dopo alcune insistenze da parte dei giornalisti, i responsabili hanno detto di avere rilevato 218 casi moderati: 160 circa sono stati rilevati nel gruppo che aveva ricevuto una sostanza che non fa nulla (placebo) e meno di 60 nel gruppo che aveva invece ricevuto il vaccino. Se però si fanno i conti utilizzando questi numeri, si ottiene un’efficacia del 63 per cento e non del 78 per cento.
Non è insolito che nelle prime fasi di sperimentazione i dati forniti siano pochi e spesso carenti: è avvenuto anche con Pfizer-BioNTech e Moderna, che però hanno mantenuto una maggiore trasparenza nella comunicazione delle informazioni, e dei protocolli seguiti per le sperimentazioni. Alcuni ricercatori coinvolti nei test clinici di CoronaVac, nei vari centri dove sono state organizzate le vaccinazioni nei mesi scorsi, hanno confermato di non avere ancora ricevuto tutti i dati sulla sperimentazione.
Il vaccino di Sinovac è in fase di sperimentazione in altri paesi, compresa la Turchia, dove a fine anno è stata annunciata un’efficacia di CoronaVac del 91,25 per cento (in Cina ne è stato autorizzato l’utilizzo in alcune province, per categorie particolarmente a rischio, in attesa della conclusione dei test clinici). Il dato, molto più alto di quello finora disponibile in Brasile, deriva dai test clinici in cui sono emersi 26 casi di COVID-19 tra 570 volontari che avevano ricevuto il placebo e 3 casi della malattia tra 752 che avevano invece ricevuto il vaccino vero e proprio. I test sono ancora preliminari e basati su un numero limitato di individui, ma i responsabili della sperimentazione in Turchia hanno comunque detto di non avere concordato con Sinovac alcuna limitazione nella comunicazione dei dati.
In Brasile gli accordi sembrano essere diversi. Nel corso di una conferenza stampa poco prima di Natale, i ricercatori avevano detto di essere vincolati dal contratto con Sinovac a comunicare solamente che CoronaVac avesse un’efficacia superiore al 50 per cento, ma senza diffondere la percentuale esatta. Questo dato è stato fornito alla fine della scorsa settimana, ma a parte qualche accenno ai volontari che si sono poi ammalati, i responsabili della sperimentazione non hanno fornito molti altri dettagli.
La mancanza di dati completi ha fatto sollevare qualche perplessità non solo sul vaccino, ma anche sulle modalità della sperimentazione in un paese dove la pandemia è stata spesso oggetto di strumentalizzazioni politiche. Nell’ambito della propria propaganda nazionalista e populista, il presidente Bolsonaro indica spesso nella Cina la causa di numerosi problemi nazionali e globali, circostanza che non ha risparmiato il vaccino cinese. La sperimentazione ha del resto interessato lo stato di San Paolo, il cui governatore João Doria è un rivale politico di Bolsonaro.
Doria ha concordato con Sinovac una fornitura di circa 46 milioni di dosi di CoronaVac, che deve essere somministrato con due iniezioni per persona a distanza di qualche settimana. L’Istituto Butantan ha inoltre avviato la produzione del vaccino su licenza e confida di arrivare a produrre fino a un milione di dosi al giorno. Bolsonaro nel frattempo continua a sminuire gli effetti della pandemia, nonostante abbia causato oltre 200mila morti nel paese, e a sostenere che non siano necessari vaccini e mascherine, nonostante tutte le più importanti autorità sanitarie al mondo, a cominciare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dicano esattamente il contrario sulla base delle numerose ricerche scientifiche condotte in questo primo anno di pandemia.