In Portogallo si teme una nuova grave crisi
L'epidemia sta compromettendo i risultati economici ottenuti dal celebrato governo di António Costa, facendo riaffiorare i ricordi della crisi terribile di dieci anni fa
Le conseguenze dell’epidemia da coronavirus stanno facendo temere al Portogallo l’inizio di una nuova e grave crisi, simile a quella che dieci anni fa colpì il paese e che lo costrinse a un lungo periodo di austerità economica.
Diversi indicatori economici, tra cui il tasso di disoccupazione, sono peggiorati molto negli ultimi mesi, e il governo guidato dal primo ministro António Costa ha iniziato a traballare a causa delle divisioni tra partiti di sinistra sul bilancio e sulla spesa sociale. Per il momento non sembra che il Portogallo si trovi in una situazione molto peggiore rispetto ad altri paesi europei, sofferenti a causa delle chiusure imposte negli ultimi mesi: ma come ha scritto il Financial Times, «l’impatto economico della pandemia ha risvegliato ricordi dolorosi della crisi del debito, proprio quando questi ricordi cominciavano a svanire».
Prima dell’inizio della pandemia, infatti, il Portogallo stava bene.
Il suo governo, guidato da Costa, un socialista, era stato considerato per anni un «modello»: era riuscito a rispettare le misure di austerità richieste dai creditori dopo il salvataggio reso necessario dalla crisi economica del 2008, a ridurre notevolmente il tasso di disoccupazione e il deficit, e allo stesso tempo ad adottare politiche progressiste, grazie alla collaborazione tra Socialisti e altre forze di sinistra, anche radicali. Prima che l’epidemia colpisse l’Europa, il Portogallo era cresciuto per il 25esimo trimestre consecutivo, la disoccupazione era al livello più basso dal 2004 e il bilancio statale era in attivo per la prima volta in 45 anni.
Buona parte di questi successi era stata attribuita al governo Costa e all’economista Mário Centeno, socialista, ministro delle Finanze tra il 2015 e il 2020 e presidente dell’Eurogruppo tra il 2018 e il 2020. Costa era diventato primo ministro nel 2015, grazie a un’alleanza senza precedenti con due partiti di estrema sinistra, il Bloco de Esquerda e il Partito Comunista. I Socialisti avevano vinto le successive elezioni nell’ottobre 2019, senza però ottenere la maggioranza assoluta dei seggi: i negoziati per ripetere un’alleanza formale con gli altri partiti di sinistra erano falliti, ma quelli per un appoggio più informale erano andati a buon fine.
Durante la prima ondata della pandemia, iniziata in quasi tutta Europa a marzo, il governo portoghese si era distinto per una gestione rapida ed efficiente dell’emergenza. I suoi meriti sembravano ancora maggiori considerando che la vicina Spagna stava facendo registrare numeri tra i peggiori d’Europa.
Le cose però sono cambiate con la seconda ondata, a partire da ottobre-novembre, quando in Portogallo i dati riferiti ai nuovi contagi e ai morti per COVID-19 sono cominciati a salire rapidamente, così come le preoccupazioni legate alla tenuta del sistema sanitario nazionale: il paese ha infatti uno dei numeri più bassi in Europa di posti letto in terapia intensiva rispetto alla popolazione, ed è ben sotto la media europea riguardo al numero di infermieri per abitante (e come si è visto anche in Italia, la mancanza di infermieri è stata uno dei principali problemi nell’affrontare la pandemia).
Il Financial Times ha scritto che lo «shock immediato sull’economia [causato dalla pandemia] è stato ben più grande di quello provocato dalle crisi che avevano colpito il paese tra il 2009 e il 2014».
Secondo le stime della banca centrale portoghese, in tutto il 2020 l’economia del Portogallo si sarebbe contratta dell’8,1 per cento, mentre nel 2021 la disoccupazione potrebbe arrivare a sfiorare il 9 per cento. Tra il 2020 e il 2021, dicono alcuni economisti, potrebbero scomparire più dei due terzi dei 360mila posti di lavoro creati in Portogallo negli ultimi quattro anni, e non ci si aspetta che l’economia tornerà ai livelli pre-pandemici prima del 2023. Uno dei settori più colpiti sarà quello del turismo, su cui si basa un pezzo dell’economia nazionale e che fu fondamentale nella rinascita del Portogallo dopo la crisi finanziaria del 2008.
La Commissione europea ha detto che nel 2020 il debito pubblico portoghese ha raggiunto il 135 per cento del PIL, rispetto al 117 per cento del 2019. «Non abbiamo lo spazio di manovra di cui abbiamo bisogno [in termini di possibile aumento del debito pubblico] e questo crea una sensazione di ansia che colpisce la coscienza collettiva», ha detto Ricardo Baptista Leite, portavoce sui temi di salute del Partito Social Democratico portoghese, il principale partito di opposizione, di centrodestra. Il Portogallo riceverà 13 miliardi di euro di sovvenzioni entro il 2026 dal Fondo per la ripresa dell’Unione Europea (pari al 6 per cento del suo PIL).
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Altre preoccupazioni sono legate alla solidità del governo portoghese, che nelle ultime settimane sembra essersi deteriorata.
Le tensioni tra partiti di sinistra sono emerse alla fine di novembre, quando per la prima volta il Bloco de Esquerda, partito radicale che appoggiava Costa, ha votato contro la legge finanziaria proposta dal governo. Costa è riuscito comunque a evitare la sconfitta, garantendosi l’astensione del Partito Comunista in cambio di un pacchetto di misure sociali. Una vera sconfitta è stata però subita dal governo in un altro voto, quando sia il Bloco de Esquerda che il Partito Comunista si sono uniti ai partiti di opposizione di destra mettendo un veto a un intervento pubblico pari a 474 milioni di euro destinato a Novo Banco, banca nata nel 2014 dal collasso del Banco Espírito Santo e detenuta al 75 per cento dalla società statunitense Lone Star e al 25 per cento da un Fondo nazionale. Il governo portoghese ha dovuto rassicurare gli investitori internazionali che gli impegni presi su Novo Banco verranno rispettati, e ha avviato azioni legali nel tentativo di ribaltare il veto.
A causa degli ultimi voti, Costa sembra essere piuttosto in difficoltà, anche perché guida un governo di minoranza che si basa su equilibri molto precari. La crisi provocata dalla pandemia, sia economica che sanitaria, potrebbe contribuire a indebolire ulteriormente il governo, rendendo difficile la fine naturale della legislatura. Negli ultimi giorni, comunque, Costa ha detto di rifiutare qualsiasi scenario di crisi politica.