Il ritorno di Letizia Moratti
Breve storia di una delle figure più rilevanti nel centrodestra italiano, tornata in politica dopo quasi dieci anni di assenza
Ieri il governo regionale della Lombardia, guidato dal centrodestra, ha annunciato un piccolo rimpasto nella propria giunta: la novità più rilevante è stata l’ingresso di Letizia Moratti, che sostituirà Giulio Gallera come assessore al Welfare, oltre a diventare vicepresidente del governo regionale. Moratti è una delle leader politiche più note nel centrodestra, ma da circa dieci anni era praticamente sparita dalle scene politiche, dopo averle dominate fin dagli anni Novanta: si era riparlato di lei proprio in questi giorni a causa del suo ruolo nel sostenere la controversa comunità di San Patrignano, raccontata nella celebrata docuserie di Netflix Sanpa.
Dopo la sconfitta del maggio 2011 alle elezioni comunali di Milano, in cui aveva tentato la rielezione a sindaca della città, Letizia Moratti aveva di fatto abbandonato la politica: prima annunciò l’uscita dal suo partito, il Popolo della Libertà, e poi rinunciò alla carica di consigliera comunale, nel gennaio 2012. Secondo molti, nel suo ritorno in politica ha avuto un ruolo importante il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, a lei molto legato: e già oggi si parla apertamente del fatto che fra due anni sarà la candidata del centrodestra alla carica di presidente della Regione, quando scadrà il mandato dell’attuale presidente Attilio Fontana.
Moratti ha 71 anni ed è nata a Milano, dove ha vissuto e studiato fino all’università, laureandosi in Scienze Politiche all’università Statale. Il suo cognome da nubile è Brichetto Arnaboldi – una nota famiglia nobile della Lombardia – ma da molti anni porta il cognome del marito, uno dei più famosi in città. Gian Marco Moratti è stato imprenditore e presidente di un’importante società petrolifera italiana, la Saras. I due si sono sposati nel 1973 dopo che Gian Marco Moratti aveva ottenuto il divorzio dalla sua moglie precedente, la giornalista Lina Sotis. Gian Marco Moratti è poi morto nel 2018, a 81 anni.
Dopo una carriera da imprenditrice cominciata quando era molto giovane – fondò a 25 anni la Gpa, società di brokeraggio assicurativo – Letizia Moratti venne nominata presidente della Rai nel 1994, a seguito dell’elezione del primo governo Berlusconi, e fu la prima donna a ricoprire la carica, che mantenne fino al 1996.
Moratti ebbe poi il primo incarico politico nel 2001, quando divenne ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel secondo e nel terzo governo Berlusconi, complessivamente fino al 2006. Durante il suo mandato approvò, nel 2003, una riforma dell’Istruzione, che da lei prese il nome, molto discussa e osteggiata dall’opposizione, contro la quale furono organizzate diverse manifestazioni del mondo scolastico (professori, genitori e studenti) in tutta Italia. Tra le cose più tangibili che sono rimaste di quella riforma c’è l’abolizione dell’esame di quinta elementare.
Dopo il periodo al ministero Moratti si candidò a sindaca di Milano con la coalizione di centrodestra, e vinse le elezioni comunali con il 52 per cento dei voti, cinque punti in più del candidato della coalizione di centrosinistra Bruno Ferrante (ex prefetto di Milano che aveva vinto le primarie del ceontrosinistra contro Dario Fo). Moratti è tuttora l’unica donna a essere stata sindaca di Milano. Un anno dopo quelle elezioni, il Corriere della Sera scrisse che la campagna elettorale fra i due candidati sindaci era stata molto squilibrata, dato che Ferrante raccolse poco meno di 700mila euro e Moratti poté invece contare su un budget almeno 9 volte più grande.
Con Moratti sindaca Milano ottenne soprattutto nel 2008 l’assegnazione dell’Expo 2015, l’esposizione universale sull’alimentazione di cui fu commissario unico dal 2013 al 2015 Beppe Sala, attuale sindaco di Milano. Nell’ultima parte del suo mandato Moratti avviò inoltre alcune misure che sarebbero state completate dalle giunte dei suoi successori, come la riqualificazione dei quartieri di Porta Nuova e la costruzione di CityLife, ma anche la creazione di un servizio di bike-sharing e di Ecopass, una piccola tassa per chi sceglieva di entrare con l’automobile nel centro città.
Ma la gestione di Moratti è anche ricordata per le sue molte polemiche e controversie: annullò una mostra intitolata Arte e omosessualità, avviò un’intensa campagna di sgomberi di edifici occupati e campi rom – portata avanti soprattutto dal vicesindaco Riccardo De Corato, dichiaratamente post fascista – e più in generale faticò a sganciarsi dall’immagine di sindaca interessata quasi solo alla prosperità economica della città.
Nel 2011 Moratti si ricandidò per un secondo mandato. Il candidato del centrosinistra fu invece Giuliano Pisapia, fino a quel momento noto avvocato e attivista per i diritti umani, che aveva vinto a sorpresa le primarie di coalizione del centrosinistra superando il candidato del Partito Democratico, l’architetto Stefano Boeri.
Le previsioni davano Moratti come favorita, dato che Milano era governata dalla destra dal 1993 (primo anno in cui venne introdotta l’elezione diretta del sindaco). Pisapia da parte sua veniva dalla sinistra – era stato lui stesso membro di partiti come Democrazia Proletaria – ed era stato eletto alla Camera dei deputati due volte con Rifondazione Comunista, seppure come indipendente. Soprattutto, la credenza diffusa era che a Milano non potesse vincere una figura descritta come radicale.
La distanza politica fra i due candidati era vistosa e la campagna elettorale fu intensa. Anche questa volta, Moratti ebbe a disposizione molti più soldi, e alla fine spese quasi 10 milioni di euro, contro gli 1,7 di Pisapia.
Durante la campagna fu molto discussa una mossa di Moratti, in un dibattito televisivo a Sky Tg24 con Pisapia: negli ultimi 25 secondi del confronto la sindaca uscente accusò Pisapia di aver rubato un’auto nel 1978, lasciando credere che solo l’amnistia avesse salvato il suo rivale da una condanna da parte della Corte d’Assise. In realtà nel 1984 la Corte d’Assise disse che anche se non fosse intervenuta l’amnistia, Pisapia sarebbe stato assolto per insufficienza di prove, e nel 1986 fu assolto in Appello per non aver commesso il fatto. A Pisapia però non fu concessa una replica, perché il dibattito si chiuse in quel momento. Nei giorni successivi Moratti ricevette molte critiche per questa accusa infondata nei confronti del suo sfidante, e l’allora segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani disse: «Si è sparata sui piedi».
Al primo turno Pisapia prese a sorpresa il 48 per cento dei voti contro il 41,6 di Moratti, e successivamente vinse al ballottaggio con il 55 per cento dei voti. In pochi mesi Moratti lasciò il Popolo della Libertà – il partito guidato da Silvio Berlusconi, che nel 2013 si divise in Nuovo Centrodestra e Forza Italia – e diede le dimissioni da consigliera comunale, ritirandosi di fatto dalla politica fino a oggi.
Quando ancora ricopriva il suo incarico al Comune di Milano, nel 2007, Letizia Moratti fu indagata per presunto abuso d’ufficio a causa di alcune pratiche messe in atto durante il suo primo anno di mandato. L’inchiesta divenne nota su tutti i giornali col nome di «consulenze d’oro»: Moratti era accusata di aver indotto al pensionamento diversi dirigenti del Comune per far posto a nuove nomine e di aver poi affidato gli incarichi a molti consulenti esterni, una sessantina, di cui 11 erano considerati sospetti.
Nel 2009 ci fu da parte della Corte dei conti una prima condanna di risarcimento al Comune di Milano per oltre 350mila euro, perché gli incarichi esterni erano stati affidati illegittimamente a persone non laureate e perché l’ufficio stampa era stato sovradimensionato fino a raggiungere un numero di addetti non giustificabile.
L’inchiesta venne poi archiviata nel 2010, perché nonostante le modalità per rimuovere i dirigenti dagli incarichi fossero state secondo il giudice «censurabili», secondo i giudici non erano stati commessi reati. Rimanevano però gli illeciti amministrativi: dopo un ricorso della Procura regionale della Lombardia che riteneva troppo bassa la cifra calcolata nel 2009, la Corte dei conti centrale nel 2017 condannò Moratti e altri membri della sua giunta a risarcire il Comune di Milano per il danno economico creato con le assunzioni in eccesso. Letizia Moratti venne condannata a versare oltre 591mila euro per aver dato incarichi dirigenziali a persone non laureate, con una perdita per il Comune di circa 1 milione e 900mila euro, e per aver pagato troppo alcuni addetti stampa, per una perdita di circa 1 milione. Moratti fece ricorso alla Corte di Cassazione, che lo respinse alla fine del 2018, condannandola a pagare.
Lasciando l’incarico di consigliera nel 2012, Moratti scrisse una lettera per spiegare i motivi della sua decisione in cui diceva: «Ho intrapreso un’intensa attività nel sociale in una realtà che la mia famiglia segue ininterrottamente da oltre 30 anni». L’attività di cui parlava, e che le impediva di concentrarsi solo sulla politica, era quella alla comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, di cui si parla molto ultimamente per l’uscita di una docuserie su Netflix, Sanpa, che ne racconta la storia. Già dal 1979 Letizia Moratti e il marito, Gian Marco, ebbero un ruolo attivo nella comunità fondata da Vincenzo Muccioli, e negli anni hanno donato decine di milioni di euro per sostenerne le attività, diventandone i principali finanziatori (tanto che oggi Moratti si presenta anche come “cofondatrice” della comunità di San Patrignano).
La comunità è nota anche per i suoi metodi violenti e gli abusi nei confronti dei propri ospiti, che nella docuserie vengono ampiamenti raccontati. Moratti non ne esce benissimo, dato che alcune immagini di archivio la mostrano difendere l’operato della comunità e del suo controverso fondatore. In una recente intervista al Corriere ha anche spiegato che aveva concordato un’intervista agli autori della serie, che però ha dovuto cancellare per gli impegni istituzionali nelle poche date che le erano state proposte.
Negli anni in cui è stata lontana dalla politica, infatti, Letizia Moratti è stata impegnata in altri ambiti. Nel 2015 fondò E4Impact Foundation, un’associazione che ha l’obiettivo di formare una generazione di giovani imprenditori in Africa, affinché provino a creare lavoro nel loro paese d’origine.
Nel 2016 è stata nominata presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca e dal 2019 è diventata presidente del consiglio di amministrazione, carica che ha mantenuto fino a poche settimane fa. Dal 2018 fa parte del consiglio di amministrazione di Bracco spa, multinazionale italiana del settore chimico e farmaceutico, un ruolo che ora, da nuova assessora lombarda al Welfare, potrebbe anche lasciare per non incorrere in un conflitto di interessi: Bracco spa svolge infatti servizi per la salute attraverso il Centro Diagnostico Italiano, che in Lombardia ha 20 sedi.