La sentenza che peggiorerà i rapporti tra Corea del Sud e Giappone
Riguarda le "schiave del sesso" della Seconda guerra mondiale, un tema molto sentito su cui i due paesi discutono da anni
Venerdì un tribunale sudcoreano ha ordinato al Giappone di pagare una somma pari a 75mila euro a 12 donne coreane che durante la Seconda guerra mondiale furono costrette a fare le “schiave del sesso” per i soldati giapponesi. La sentenza, la prima di questo tipo in Corea del Sud, è stata molto commentata, perché negli ultimi anni il tema delle “schiave del sesso” – o delle donne di compagnia”, come le chiamano i conservatori giapponesi – è stato al centro di numerosi litigi tra Giappone e Corea del Sud, e ha contribuito a peggiorare significativamente i rapporti tra i due paesi.
La sentenza, comunque, è solo simbolica: il Giappone ha detto di non avere intenzione di risarcire le donne coinvolte nel processo, considerato che i tribunali sudcoreani non hanno alcuna giurisdizione in territorio giapponese.
Il procedimento legale era iniziato nel 2013, quando 12 donne avevano accusato il Giappone di averle costrette a fare le “schiave del sesso” nei bordelli gestiti dai soldati giapponesi prima e durante la Seconda guerra mondiale. Secondo gli storici, tra gli anni Trenta e il 1945, le “schiave del sesso” furono decine di migliaia, la maggior parte delle quali sudcoreane. Del tema si era iniziato a parlare sempre più estesamente nel 1991, quando una donna sudcoreana di nome Kim Hak-soon aveva raccontato pubblicamente, e per la prima volta, la sua esperienza nei bordelli giapponesi durante la guerra. Da allora sono state 240 le donne sudcoreane ad avere riferito di esperienze simili, ma solo 16 sono vive oggi.
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Negli ultimi anni il tema delle “schiave del sesso” è diventato grande motivo di litigio tra Corea del Sud e Giappone, soprattutto a causa della pressione dei conservatori giapponesi, tra cui l’ex primo ministro Shinzo Abe, per usare l’espressione “donne di compagnia” invece che “schiave del sesso”, con l’obiettivo di suggerire che non ci fu coercizione, e di migliorare l’immagine dei soldati giapponesi sia in Giappone che all’estero.
Nel 2015 i due governi trovarono un accordo che avrebbe dovuto chiudere la questione in via definitiva. Con l’accordo, il Giappone si assumeva la responsabilità di quello che era avvenuto nei bordelli, si scusava con le donne costrette a fare le “schiave del sesso” e prometteva l’istituzione di un fondo per le vittime di quasi 7 milioni di euro. Secondo Kazuhiko Togo, ex diplomatico giapponese oggi direttore dell’Istituto per gli studi internazionali dell’Università di Kyoto Sangyo, ai tempi dell’accordo 36 delle 48 donne sudcoreane ancora vive che erano state costrette a fare le “schiave del sesso” durante la guerra accettarono i soldi provenienti dal fondo. Molte, comunque, sostennero che l’intesa non fosse sufficiente, perché non riconosceva il Giappone “legalmente” responsabile di quanto successo e non offriva una compensazione diretta e ufficiale.
Negli ultimi due anni le tensioni avevano provocato ampie e notevoli conseguenze. Nel 2019, per esempio, il Giappone aveva limitato le esportazioni verso la Corea del Sud di materiali ad alta tecnologia usati per la produzione di componenti come microchip e schermi, una parte fondamentale del settore produttivo coreano. In risposta, molti sudcoreani avevano iniziato a boicottare i prodotti giapponesi, come per esempio la birra, mentre l’Associazione delle stazioni di benzina coreana aveva invitato tutti i gestori di pompe di benzina a rifiutarsi di servire clienti con macchine giapponesi. Poi, nei mesi successivi, la Corea del Sud aveva deciso di non rinnovare un importante accordo firmato con il Giappone sulla condivisione di informazioni di intelligence.
Già allora la crisi era stata molto raccontata, perché considerata rilevante per almeno due motivi: Giappone e Corea del Sud sono due paesi fondamentali non solo per la stabilità del commercio asiatico, ma anche per le politiche statunitensi finalizzate a contrastare l’aggressività della Corea del Nord e contenere la sempre maggiore influenza della Cina nella regione.
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Dopo la sentenza, come già avvenuto in passato, il Giappone ha accusato la Corea del Sud di violare i trattati esistenti. La storia comunque non sembra essere vicina a una fine. Mercoledì prossimo è attesa un’altra sentenza su un caso simile, nel quale 11 donne costrette a fare le “schiave del sesso” cercheranno di ottenere un risarcimento dal governo giapponese.