Chi poteva rinviare le tasse, e le ha pagate lo stesso
Sono i "contribuenti solidali" che non hanno usufruito del rinvio delle scadenze concesso dal governo: alcuni di loro raccontano perché
Il ministero dell’Economia ha deciso di premiare con la menzione di “contribuenti solidali” persone e aziende che hanno scelto di pagare le tasse nel periodo del lockdown anche se potevano rinviare la scadenza del pagamento di almeno quattro mesi.
A marzo e aprile, il governo ha approvato una serie di decreti legge per aiutare aziende e professionisti durante la prima chiusura totale che ha impedito a molte persone di lavorare. L’epidemia da coronavirus, infatti, ha bloccato interi settori dell’economia: soprattutto il turismo, che è ancora fermo, ma anche il commercio al dettaglio, la ristorazione, le attività culturali e quelle legate all’intrattenimento, i trasporti e la logistica.
Per chi ha subito una diminuzione del fatturato di almeno il 33% nei mesi di marzo e aprile, rispetto agli stessi mesi del 2019, sono stati sospesi i versamenti di tasse come l’IVA, le ritenute sui redditi di lavoro dipendente, le ritenute sulle addizionali comunali e regionali, i contributi previdenziali e assistenziali, i premi INAIL. Il pagamento di quanto doveva essere versato in quei mesi è stato rinviato e la scadenza prevista di maggio è stata spostata al 16 settembre. È stato possibile pagare in un’unica soluzione o in quattro rate dello stesso importo, oppure con un versamento del 50% entro il 16 settembre e la restante metà distribuita fino a 24 rate mensili a partire dal 16 gennaio 2021. Tantissime aziende italiane in difficoltà hanno usufruito di queste possibilità. Molte altre, invece, hanno pagato nei tempi previsti.
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Nel decreto Cura Italia, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 marzo, è stato previsto di menzionare i “contribuenti solidali” sul sito del ministero dell’Economia. L’elenco, in costante aggiornamento, è stato pubblicato a ottobre e al momento conta 293 tra persone e aziende, che hanno chiesto esplicitamente di essere menzionate (ci sono quindi persone e aziende che hanno pagato le tasse senza chiedere rinvii ma che non fanno parte dell’elenco, perché non hanno chiesto di essere incluse). «Davanti a questo nemico invisibile il paese si è presentato unito e solidale. Lo dimostra anche il fatto che, nonostante la sospensione dei termini di pagamento decisa dal governo, molti cittadini in questi mesi abbiano pagato le tasse regolarmente. A questi contribuenti va il nostro più sincero ringraziamento», ha detto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
In questa tabella si possono trovare i nomi dei contribuenti solidali che hanno chiesto di essere menzionati
Dietro ai nomi che compaiono sul sito del ministero ci sono storie molto diverse, ma tutte le persone intervistate dicono che la loro è stata una scelta doverosa in un momento di difficoltà per l’intero paese. Molti hanno scelto di pagare subito le tasse convinti che l’emergenza potesse finire in poco tempo, ma non è stato così. Adesso, dopo tanti mesi senza lavoro, non sono comunque pentiti.
Massimo Falbo è un operatore turistico che organizza viaggi nel settore business. L’agenzia si chiama “VoglioVolare”, si trova a Cosenza, in Calabria, e ha dieci dipendenti. Falbo spiega che fino a marzo il fatturato era in crescita, poi con l’epidemia è stato impossibile lavorare e per tutto il 2020 ha stimato un calo dell’80% rispetto allo scorso anno. «Siamo un’impresa piccola e lavoriamo in una terra complicata. Abbiamo sempre avuto a cuore l’etica e la solidarietà, la scelta di non rinviare le tasse è stata naturale», dice Falbo. «Per noi il mese di marzo è stato molto difficile, perché eravamo alle porte dell’avvio della cassa integrazione per i nostri dipendenti, ma volevamo comunque dare un segnale incoraggiante. Di sicuro non l’abbiamo fatto per la menzione sul sito del ministero».
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Al momento è difficile capire quando il turismo potrà ripartire. Non ci sono certezze, come non ce ne sono state negli ultimi mesi. «Da marzo viviamo di speranze e non riusciamo a pianificare nulla. Dubito che il prossimo marzo riusciremo a recuperare i viaggi che abbiamo spostato di un anno. Il problema sarà anche trovare le risorse per investire e ripartire», conclude Falbo.
Tra le aziende che hanno pagato le tasse potendole rinviare c’è anche chi aveva aperto l’attività da poche settimane. Per esempio la Evorive di Alpignano, in provincia di Torino. L’azienda produce componenti meccanici in carburo di tungsteno, un materiale alternativo all’acciaio. A gennaio 2020, la Evorive ha iniziato la commercializzazione di forbici professionali per i parrucchieri. La titolare, Juna Colombatto, dice che «quando hai pagato tutto, vivi meglio e dormi meglio. Siamo partiti a gennaio di quest’anno e abbiamo preferito pagare subito le tasse perché per noi il vantaggio sarebbe stato limitato, avendo due soli dipendenti». Colombatto è fiduciosa nonostante l’anno di crisi. «Partendo da zero possiamo solo crescere. Abbiamo tanti progetti, e continueremo a lavorare nei prossimi mesi sperando che l’epidemia finisca».
Il decreto Cura Italia ha previsto il rinvio delle scadenze fiscali anche per le associazioni che organizzano corsi. Tra queste c’è la scuola popolare di scacchi di Roma, che da marzo ha dovuto interrompere la didattica nelle scuole. «Siamo poveri, quindi è stato facile», spiega ridendo Ivano Pedrinzani, uno dei tre fondatori della scuola di scacchi. «Molte persone passano più tempo a studiare come non pagare le tasse, noi invece abbiamo rispettato le scadenze. Si trattava comunque di poche centinaia di euro. Quest’anno non abbiamo fatto pagare nemmeno la quota associativa ai nostri soci, che sono circa un centinaio». La crescita degli appassionati al gioco degli scacchi, dovuta anche al successo della serie di Netflix “La regina degli scacchi”, non è servita a molto. «Non abbiamo mai avuto un numero così alto di richieste di corsi», continua Pedrinzani. «Ci stiamo arrangiando con qualche lezione online, ma senza guadagnarci nulla perché proponiamo i corsi a prezzi irrisori. Speriamo di tornare presto nelle scuole».
Patrizia Zaccani invece gestisce una concessionaria di auto a Viterbo, insieme al padre. «Ci è sembrato normale pagare le tasse nei tempi giusti, senza sconti. Noi siamo stati chiusi durante il lockdown, ma poi lo Stato ci ha dato una grande mano introducendo incentivi per la rottamazione», spiega Zaccani. «È difficile dire cosa succederà nei prossimi mesi. Senza nuovi incentivi, però, il mercato è destinato a fermarsi».
Nonostante la chiusura di molti settori, alcune aziende sono riuscite comunque a lavorare, quindi lo sforzo di pagare le tasse nei tempi previsti è stato relativo. Luigi Cortellino ha 70 anni ed è il titolare di un’agenzia di assicurazioni a Trani, in Puglia. A marzo e aprile ha continuato a lavorare. Anzi, le assicurazioni hanno proposto nuovi prodotti come polizze legate all’epidemia. Cortellino spiega che quando il commercialista gli ha prospettato di posticipare i versamenti ha rifiutato «perché era giusto dare un piccolo aiuto all’Italia. Ho continuato a lavorare, quindi era giusto pagare e lo rifarei»
La prossima scadenza per le tasse è stata fissata lo scorso fine novembre con il decreto “Ristori quater”. Il decreto prevede che tutte le imprese con un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro e che abbiano registrato un calo del 33% del fatturato nei primi sei mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 possano prorogare la scadenza dei versamenti di Irpef, Ires e Irap, prevista originariamente a dicembre 2020, al 30 aprile 2021.