Come funziona il vaccino di Pfizer-BioNTech
Cosa contiene e come insegna al nostro sistema immunitario a riconoscere il coronavirus e ad affrontarlo, senza il rischio di ammalarsi
Dallo scorso 27 dicembre sono iniziate le prime somministrazioni del vaccino contro il coronavirus di Pfizer-BioNTech in Italia, e in buona parte del resto dell’Unione Europea. La quantità di dosi disponibili è ancora limitata, ma aumenterà sensibilmente nelle prime settimane di gennaio, con la possibilità di vaccinare in primo luogo il personale sanitario, quello sociosanitario e gli ospiti dei vari tipi di case di riposo e cura. Il vaccino ha richiesto meno di un anno per essere sviluppato e – insieme ai prossimi in fase di autorizzazione o nelle fasi finali di sperimentazione – potrebbe contribuire enormemente a tenere sotto controllo la pandemia.
Meno di un anno
A gennaio, la società tedesca di biotecnologie BioNTech analizzò le prime informazioni sul coronavirus (SARS-CoV-2) da poco scoperto in Cina, arrivando alla conclusione che avesse un’alta probabilità di diffondersi nel resto del mondo causando una pandemia. Si diede quindi da fare per sviluppare un vaccino di nuova generazione, basato sull’RNA messaggero (mRNA), la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni contenute nel DNA per produrre le proteine.
BioNTech è una società relativamente piccola, quindi nei primi mesi di quest’anno si mise alla ricerca di un’azienda con cui collaborare al progetto, trovando l’interessamento della multinazionale statunitense del farmaco Pfizer. A maggio, le due aziende avviarono i primi test clinici su due versioni del vaccino, rilevando che quella chiamata BNT162b2 comportasse minori reazioni avverse, diventando quindi il vaccino candidato.
Mentre iniziavano a essere formulate dai governi le prime prenotazioni con contratti miliardari, a luglio Pfizer e BioNTech avviarono i test clinici di fase 3, i più importanti per rilevare l’efficacia del vaccino, coinvolgendo 30mila volontari, e aumentando poi il numero di partecipanti nell’autunno fino a 40mila. Oltre a rivelarsi sicuro, il vaccino ha mostrato un’efficacia del 95 per cento, grazie alla somministrazione di due dosi a distanza di tre settimane. Il 2 dicembre il vaccino Pfizer-BioNTech è stato autorizzato nel Regno Unito, l’11 dicembre negli Stati Uniti e il 21 dicembre nell’Unione Europea.
Lo sviluppo del vaccino è stato finanziato da Pfizer e con investimenti pubblici, compresi 375 milioni di euro dal governo tedesco e 100 milioni di euro dall’Unione Europea.
Nome
Il vaccino di Pfizer-BioNTech è indicato dal codice BNT162b2, ha come nome non commerciale Tozinameran, legato al suo principio attivo, e come nome commerciale Comirnaty.
SARS-CoV-2
Per eludere le difese delle cellule del nostro organismo, il coronavirus SARS-CoV-2 utilizza alcune proteine presenti nelle punte che si trovano sul suo involucro esterno. Queste si legano alla membrana cellulare e riescono a superarne le difese, consentendo al virus di iniettare il proprio materiale genetico (RNA) e di indurre poi la cellula a produrre nuove copie del coronavirus, che a loro volta potranno legarsi ad altre cellule portando avanti l’infezione.
mRNA
Il vaccino utilizza una forma sintetica di mRNA, quindi realizzata in laboratorio, con istruzioni che le nostre cellule possono leggere per produrre particolari proteine. L’mRNA deperisce molto facilmente e sarebbe distrutto in tempi rapidi dalle difese del nostro organismo, poco dopo l’iniezione. Per questo motivo i ricercatori hanno trovato il modo di proteggere la molecola inserendola in minuscole bolle oleose (costituite da nanoparticelle lipidiche), che complicano la vita agli enzimi che si attivano per distruggere le sostanze estranee.
Freddo
Le molecole di mRNA sono comunque molto fragili anche all’esterno del nostro organismo. Per questo motivo il vaccino di Pfizer-BioNTech deve essere conservato a -70 °C e utilizzato entro poche ore dallo scongelamento. Pfizer ha realizzato diverse soluzioni per mantenere temperature così basse durante il trasporto delle dosi, mentre cliniche e ospedali si stanno attrezzando per avere congelatori potenti a sufficienza per mantenere stabili le dosi del vaccino.
Ingresso
Dopo che si riceve una dose, le particelle del vaccino entrano in contatto con le cellule e rilasciano l’mRNA. Al suo interno ci sono le istruzioni per costruire le proteine che si trovano sulle punte del coronavirus, senza che si producano le altre parti più pericolose del virus. Le cellule seguono le istruzioni e costruiscono queste proteine, al termine del processo l’mRNA viene distrutto senza che lasci tracce.
Alcune delle nuove proteine prodotte raggiungono la parte esterna della membrana cellulare formando punte simili a quelle del coronavirus, mentre altri loro frammenti vengono esposti dalle cellule sulla loro membrana.
Allarme
Al termine del proprio ciclo vitale, la cellula muore e rimangono i suoi frammenti, che vengono smaltiti da altre cellule specializzate nel fare pulizia. Durante questo processo, le proteine del coronavirus possono entrare in contatto con una cellula presentante l’antigene (APC), un tipo di cellula dei sistema immunitario in grado di mostrare sulla propria superficie particolari antigeni (corpi estranei) per evidenziarne la presenza.
Tra le prime ad accorgersene ci sono i linfociti T helper, cellule che fanno da vedetta e che quando notano qualcosa di strano allertano altre cellule del sistema immunitario per farle intervenire.
Anticorpi
Nel frattempo, altre cellule immunitarie, i linfociti B, che si trovano in circolazione nell’organismo, possono finire casualmente in contatto con cellule che hanno ricevuto l’mRNA e che seguendone le istruzioni hanno prodotto la proteina del coronavirus, esponendola sulla loro membrana cellulare. I linfociti B si legano a queste nuove proteine, ma non sanno bene che cosa fare. Le cose cambiano quando incontrano sulla loro strada un linfocita T helper, che sta dando l’allarme e li fa quindi attivare, spingendoli a moltiplicarsi e a produrre anticorpi per contrastare la proteina.
La conseguenza è la produzione di un’enorme quantità di anticorpi che rimangono in circolazione nel nostro organismo. Nel caso in cui si entri in contatto con il coronavirus vero e proprio, il sistema immunitario dispone in questo modo degli strumenti per riconoscere la proteina sulle sue pericolose punte. Gli anticorpi si legano proprio a queste per impedire che entrino in contatto con le membrane delle cellule, eludendone le difese.
Sterminio
I linfociti T helper danno l’allarme anche a un altro tipo di cellula del sistema immunitario, i linfociti T citotossici, attivandoli per fare in modo che distruggano qualsiasi cellula che mostri di avere la proteina del coronavirus sulla propria superficie, indice dell’essere stata infettata.
Sistema immunitario
La combinazione di linfociti T helper, linfociti B, linfociti T citotossici e di altri meccanismi di difesa può funzionare solamente se il sistema immunitario ha imparato a riconoscere la proteina del coronavirus. Il vaccino con mRNA serve proprio a questo: a istruire il nostro sistema immunitario, senza che debba imparare queste cose nel modo più difficile e pericoloso con il coronavirus vero e proprio.
Memoria
A oggi non sappiamo per quanto tempo il sistema immunitario mantenga una memoria di ciò che impara tramite questo sistema, semplicemente perché il vaccino è impiegato da troppo poco tempo. È stato comunque rilevato che una prima dose conferisce già una forte protezione, che si rafforza sensibilmente dopo la seconda a tre settimane di distanza.
Saranno necessari diversi mesi prima di comprendere quanto duri la copertura offerta dal vaccino. È probabile che nel corso del tempo la quantità di anticorpi e di linfociti che si sono specializzati diminuisca. Il sistema immunitario è comunque molto complesso e ha una grande varietà di cellule che concorrono a difenderci, quindi le informazioni per contrastare il coronavirus potrebbero rimanere nella sua memoria da qualche altra parte e per lungo tempo.
Somministrazione
Il vaccino di Pfizer-BioNTech viene somministrato attraverso un’iniezione nel braccio, poco sotto la spalla. Ogni fiala consente di effettuare 5 vaccinazioni, con una dose singola da 0,3 millilitri, che viene diluita con soluzione salina prima di essere iniettata. Con siringhe di precisione si possono ridurre gli sprechi e ottenere tra 6 e 7 vaccinazioni da una sola fiala.
Prima di essere impiegato, il vaccino deve essere lasciato scongelare dai -70 °C a una temperatura di pochi gradi, paragonabile a quella di un frigorifero. Dopo lo scongelamento il contenuto del flaconcino deve essere utilizzato entro poche ore, se preparato per la somministrazione.