Un fondo di investimento contro la fabbrica delle “Spiagge bianche”
Lo stabilimento chimico di Solvay, a Rosignano, è famoso perché i residui chimici scaricati in mare hanno reso la spiaggia bianca e l'acqua azzurro chiaro: un fondo londinese lo attacca per ragioni ambientaliste
Un fondo di investimento di Londra creato e gestito da italiani, il Bluebell Capital Partners, ha cominciato una campagna a metà tra ambientalismo e finanza contro lo stabilimento di Solvay a Rosignano, in Toscana, dove l’azienda belga produce materiali chimici e farmaceutici come la soda o il bicarbonato. Lo stabilimento Solvay a Rosignano è molto famoso perché i residui di produzione che l’azienda scarica in mare hanno dato alla spiaggia di Rosignano, circa cinque chilometri di costa a ridosso dell’impianto, caratteristiche peculiari: una sabbia fine e bianca e un mare azzurro chiaro da spiaggia caraibica.
Le «Spiagge bianche» di Rosignano sono fin dagli anni Sessanta un’attrazione turistica (Solvay opera nella zona dal 1912), ma negli ultimi decenni sono diventate oggetto di campagne ambientaliste secondo cui i residui sarebbero pericolosi per l’ambiente e per le persone, cosa che l’azienda nega. Quello di Rosignano è l’unico impianto di questo tipo in Europa in cui gli scarti di produzione sono gettati direttamente in mare senza nessun trattamento. Il fondo Bluebell, che è nato nel 2019, ha deciso di interessarsi a Solvay nell’ambito della sua campagna ambientalista annuale (questa è la prima), chiamata «One Share ESG Campaign». ESG è una sigla molto diffusa in ambito finanziario che sta per Environmental, Social and Corporate Governance: indica l’impegno di un’azienda nell’adottare buone pratiche ambientali e sociali ed è usata per determinare fattori di crescita e di rischio di una società.
Bluebell è un fondo cosiddetto «attivista», e per quest’iniziativa impiega per una causa ambientalista le stesse tecniche usate di solito per massimizzare il ritorno finanziario, facendo leva sui suoi diritti di azionista per spingere un’azienda quotata ad attuare certe policy. Secondo Bluebell, quella contro Solvay è una campagna annuale separata dal resto dell’attività finanziaria, e fatta pro bono. L’obiettivo di Bluebell è spingere l’azienda a bonificare il sito di Rosignano, installare soluzioni per evitare lo scarico di sostanze tossiche in mare e legare i compensi dei manager più importanti alle performance ambientali.
Un risultato involontario dell’iniziativa è quello di mostrare alcuni aspetti controversi delle certificazioni ESG in ambito finanziario: Solvay, un’azienda che negli anni ha scaricato centinaia di migliaia di tonnellate di residui chimici nel mare di Rosignano, secondo alcune compagnie internazionali che si occupano di certificazione ESG ha il massimo del rating ambientale, e il suo titolo è considerato sui mercati come un investimento sostenibile.
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Cos’è un fondo attivista
Un fondo attivista è una società che opera in ambito finanziario e che usa la propria quota azionaria per influenzare il comportamento di un’azienda. Di solito, un fondo attivista agisce per massimizzare il profitto: si concentra su un’azienda e ne studia i punti deboli; poi compra quote azionarie di quell’azienda, in modo da ottenere influenza al suo interno, e in maniera pubblica e spesso plateale spinge per ottenere cambiamenti radicali.
Le iniziative dei fondi attivisti sono a volte celebri e drammatiche. Una della più recenti a livello internazionale ha riguardato Twitter e il fondo attivista americano Elliott Management, che all’inizio di quest’anno ha comprato un miliardo di dollari in azioni dell’azienda e ha cominciato a premere molto per la rimozione di Jack Dorsey, il ceo di Twitter. Dorsey alla fine è riuscito a mantenere il suo posto, ma dopo una lunga contrattazione e dopo aver fatto molte concessioni a Elliott. L’idea di Elliott, in quel caso, era che con un nuovo ceo Twitter avrebbe ottenuto risultati migliori, e questo avrebbe massimizzato il profitto tanto di Elliott quanto degli altri azionisti. A volte le azioni dei fondi attivisti sono accolte come un correttivo necessario che rende più efficienti i mercati. In altri casi questi fondi sono accusati di eccessiva rapacità.
Bluebell è un fondo giovane e molto più piccolo, ha circa 60 milioni di euro di asset, ma negli ultimi tempi è diventato abbastanza influente, soprattutto nell’ambito del capitalismo italiano, e ha avviato iniziative che hanno riguardato grandi aziende come Mediobanca e Leonardo, e anche compagnie internazionali come Hugo Boss e Lufthansa. Per esempio, Bluebell ha contribuito alle dimissioni del ceo di Hugo Boss, Mark Langer, nel marzo di quest’anno. I fondatori di Bluebell sono Francesco Trapani, ex ceo di Bulgari, e due ex banchieri che hanno lavorato in note banche di investimento, Giuseppe Bivona e Marco Taricco.
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Solvay a Rosignano
Solvay è stata fondata nel 1863 dai fratelli Alfred ed Ernest Solvay, che scoprirono un metodo innovativo per produrre il carbonato di sodio che ancora oggi porta il loro nome. Il carbonato di sodio è un elemento fondamentale in molti processi chimici e industriali, per esempio per la produzione del bicarbonato di sodio e del vetro. L’impianto di Rosignano fu costruito nel 1912, e la cittadina gli è praticamente nata intorno: fino agli anni Sessanta, Solvay ha costruito o finanziato case, servizi e infrastrutture per gli operai del suo impianto, che negli anni Quaranta erano circa 3.300, più le famiglie. L’impianto ha continuato a dare lavoro a moltissime persone fino a poco tempo fa: nel 2004 i dipendenti erano ancora 1.800, ma oggi, dopo diversi cicli di licenziamenti, sono 465. La frazione di Rosignano dove si trova l’impianto si chiama ancora oggi Rosignano Solvay.
Per la produzione di carbonato di sodio, l’impianto utilizza le risorse del territorio circostante: calcare dalle cave vicino a Livorno, sale dalle miniere di Volterra e di altre località toscane, acqua dal fiume Cecina. Soprattutto, il procedimento di produzione del carbonato di sodio genera residui chimici sotto forma di solidi sospesi, che nell’impianto di Rosignano sono scaricati direttamente in mare. In questi residui, composti soprattutto da calcare, c’è una notevole quantità di metalli pesanti, come mercurio, arsenico, cadmio e cromo. La gran parte di questi metalli è presente naturalmente nel calcare, anche se dagli anni Quaranta fino al 2007 il mercurio era usato anche in un processo elettrolitico per la produzione della soda, attualmente dismesso, che ne aumentava la quantità negli scarichi. Secondo l’ufficio dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT), dal 1912 l’impianto di Solvay ha scaricato in mare 13 milioni di tonnellate di residuo chimico.
Ora, secondo Solvay, il residuo chimico è composto in gran parte da «calcare naturale» e non altera le proprietà dell’acqua, perché i metalli pesanti presenti «sono “bloccati” allo stato solido nel calcare stesso e non possono, in ogni caso, essere assorbiti dagli organismi viventi, compresi i pesci e gli umani». Solvay nota anche come, con l’eccezione dei cento metri a monte e a valle dello scarico (come avviene con tutti gli scarichi industriali), ARPAT classifichi le acque delle Spiagge bianche come balneabili. I controlli però si basano esclusivamente su indicatori microbiologici.
In un comunicato, l’azienda ricorda inoltre che il suo impianto opera «nel pieno rispetto di tutte le leggi e i regolamenti esistenti» e che i residui sarebbero «non tossici e non pericolosi». Altre ricerche condotte sempre da ARPAT, però, mostrano come nelle acque vicine allo scarico di Solvay i livelli di metalli pesanti siano quasi tutti sopra i limiti considerati pericolosi dalla legge, e come alcune specie di flora marina tipiche di quel tratto di costa toscana siano praticamente sparite dall’area.
Ci sono anche studi, non ancora conclusivi, sull’effetto degli scarichi sulle persone. Uno pubblicato nel 2017 sull’International Journal of Occupational Medicine and Environmental Health mostra come nell’area di Rosignano la mortalità provocata da diverse malattie, dall’Alzheimer a malattie cardiovascolari, sia significativamente più alta che nelle zone circostanti. Lo studio suggerisce che la ragione sia l’inquinamento provocato dai residui chimici, ma aggiunge che non è possibile provare un «nesso causale» definitivo. I ricercatori, però, notano che altre condizioni di natura socio-economica che potrebbero spiegare questa mortalità non sono presenti in maniera sproporzionata nell’area, anche se servono altri studi per chiarire la questione.
In generale, le autorità nazionali e locali hanno approvato l’operato di Solvay, che non viola nessuna legge, anche se l’azienda in passato ha avuto diversi problemi legati alle questioni ambientali. Nel 2003 firmò un accordo con il governo e con le autorità locali che prevedeva una riduzione degli scarichi a mare da 200 mila tonnellate l’anno a 60 mila. Solvay però non ha mai rispettato l’accordo, e nel 2015 l’ha rinegoziato, aumentando ulteriormente la quantità di residui chimici che le è consentito scaricare: 250 mila tonnellate l’anno. Nel 2013 Solvay fu indagata dalla procura di Livorno per reati ambientali, legati anche al mancato rispetto dei limiti concordati con il governo: finì con un patteggiamento. Nel dicembre del 2019, infine, tre dirigenti italiani di Solvay furono condannati dalla Corte di Cassazione per «disastro ambientale colposo» in relazione però a un altro impianto, in Piemonte, che produce sostanze differenti.
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Cosa vuole Bluebell da Solvay
Bluebell ha cominciato a lavorare sull’iniziativa legata a Solvay «quasi un anno fa», dice Giuseppe Bivona, uno dei fondatori del fondo d’investimento. Secondo il fondo, l’iniziativa nei confronti di Solvay viene fatta pro bono e per ragioni ambientaliste, al contrario di tutte le altre cause attiviste di Bluebell che invece mirano a massimizzare il ritorno finanziario e non hanno l’ambiente tra le loro priorità (è facile immaginare che Bluebell ottenga un ritorno d’immagine con questa iniziativa).
Qualche mese fa, il fondo ha comprato un’azione di Solvay (per questo l’iniziativa si chiama «One Share ESG Campaign») per ottenere i diritti da azionista, e ha contattato Solvay con la documentazione sui problemi ambientali dell’impianto di Rosignano e con le tre richieste già segnalate: bonifica dell’area di Rosignano, installazione di tecnologie per evitare gli scarichi chimici e cambiamento della formula di compensazione dei manager. Inoltre, Bluebell ha scritto anche al ministero dell’Ambiente e alla Commissione Europea. Entrambi hanno risposto interessandosi al caso.
Negli scorsi mesi ci sono stati alcuni contatti tra Bluebell e Solvay, poi il fondo ha deciso di rendere la sua azione pubblica: a fine dicembre il Financial Times ha pubblicato un lungo e documentato articolo sul caso, seguito poi da altre testate.
Una delle questioni più notevoli segnalate da Bluebell è che varie tecniche per ridurre lo scarico dei residui chimici in mare non soltanto esistono e sono accessibili, ma sono già usate da Solvay in tutti gli altri impianti simili in giro per l’Europa. Nella maggior parte degli impianti per la produzione di carbonato di sodio gestiti da Solvay in Europa, come quelli di Dombasle (Francia), Bernburg (Germania) e Devnya (Bulgaria), l’azienda non scarica i residui chimici in mare o in altri corsi d’acqua, ma in grandi vasche di sedimentazione costruite appositamente per consentire al calcare e ai metalli pesanti di depositarsi sul fondo. Nell’impianto di Torrelavega, in Spagna, i residui sono dispersi in mare, ma in modo che vadano a depositarsi in fondali profondi, e non lungo la costa.
I problemi con le certificazioni ESG
Un tema citato nella documentazione presentata da Bluebell, ma approfondito soprattutto dal Financial Times, riguarda il fatto che Solvay ha ricevuto giudizi ottimi o buoni da agenzie specializzate nella certificazione dei risultati ambientali e sociali delle aziende. Queste agenzie negli ultimi anni sono diventate molto importanti perché è molto cresciuta tra gli investitori una certa sensibilità ambientalista: la richiesta di investimenti «sostenibili» ed «etici» è aumentata eccezionalmente e i fondi finanziari più importanti del mondo si sono praticamente tutti impegnati a includere i criteri ESG nelle scelte d’investimento.
Parallelamente all’importanza del rating ESG, è aumentata l’importanza delle società che forniscono servizi di certificazione, che hanno fatto molti investimenti nel settore e hanno un grosso giro di affari. Una delle più importanti tra queste agenzie, MSCI, nel 2019 ha dato un rating AAA a Solvay, il massimo. Altre società hanno dato voti inferiori, ma comunque medio-buoni. Nella valutazione di MSCI, Solvay è sotto alla media del mercato nella gestione delle emissioni tossiche, ma sopra in tutto il resto, come per esempio le emissioni di CO2, e per questo ha ottenuto il punteggio massimo. Bivona, tuttavia, nota che quando si parla di ambiente un’azienda è meritevole «tanto quanto lo sono le sue peggiori pratiche, non le migliori».
Grazie ai suoi buoni rating ESG, ha scritto il Financial Times, le azioni di Solvay sono detenute da centinaia di fondi che, almeno in teoria, dovrebbero concentrarsi su investimenti sostenibili e responsabili nei confronti dell’ambiente.