Il primo posto in Europa per morti causate dalle droghe
È la Scozia, e di gran lunga: è un problema noto da anni e sta peggiorando, nonostante gli sforzi del governo
Nei giorni scorsi un rapporto del governo scozzese ha certificato che anche quest’anno la Scozia è rimasta il posto in Europa col più alto numero di morti causate dal consumo di droga. Il problema è noto ormai da diversi anni, ma nonostante gli sforzi del governo continua a peggiorare. Nel 2019, l’anno a cui si riferiscono i dati più recenti, in Scozia sono morte 1.264 persone per cause legate al consumo di droga, il sei per cento in più rispetto al 2018 e circa il doppio rispetto al dato registrato nel 2014, appena sei anni fa.
Nessun paese europeo fa registrare dati così negativi. In Slovacchia, un paese europeo che ha una popolazione simile, tre anni fa sono morte 17 persone per cause legate alla droga. Sebbene alcuni paesi sottostimino i dati totali, nel 2019 il tasso di mortalità scozzese è stato di 15 volte superiore alla media europea, scrive Politico.
I problemi della Scozia in questo settore arrivano da lontano. Negli anni Settanta e Ottanta ci fu un primo picco di consumo di droghe legato alla deindustrializzazione di alcune delle aree più povere della regione, e al progressivo impoverimento delle classi meno ricche (il PIL pro capite in Scozia è sempre stato più basso rispetto alla media britannica). Più di recente i dati sono tornati a crescere a partire dal 2013, secondo gli esperti per una serie di fattori diversi.
Prima di tutto c’entra la mancata depenalizzazione di alcuni reati minori legati al consumo di droga, cosa avvenuta in diversi paesi europei ormai da molti anni. L’approccio prevalente in vari pezzi della società britannica – fra cui nel Partito Conservatore, attualmente a capo del governo centrale che stabilisce l’approccio da tenere in tutto il Regno – è che la riduzione del consumo di droghe cosiddette pesanti sia una questione di sicurezza, più che sanitaria. I tribunali, quindi, preferiscono confinare i tossicodipendenti in carcere piuttosto che indirizzarli verso percorsi di recupero: cosa che succedeva regolarmente in tutta Europa fino a qualche tempo fa.
Oggi però l’approccio dei paesi più progrediti è cambiato, tanto che sia la polizia locale sia la task force scozzese per prevenire le morti legate alla droga spingono da tempo affinché il governo centrale mantenga il passo coi tempi. Steve Johnson, uno dei vice-comandanti della polizia scozzese, ha detto a BBC News che la classe politica dovrebbe avere «l’audacia e il coraggio» di depenalizzare alcuni reati legati al consumo di droga, mentre la responsabile della task force scozzese Catriona Matheson sostiene che mettere in prigione i consumatori di droga «contribuisce alla loro marginalizzazione, e a rendere molto più difficile la loro riabilitazione».
Il governo centrale non è d’accordo, e sostiene l’esistenza di «un forte legame fra consumo di droga e criminalità»: «per questa ragione respingiamo la tesi per cui ad occuparsi del consumo eccessivo di droga debba essere il dipartimento della Salute».
Anche il governo locale – guidato ormai dal 2007 dal Partito Nazionale Scozzese, di centrosinistra – ha le sue colpe, secondo alcuni. David Liddell, capo di una grossa fondazione che ha come obiettivo la riduzione delle morti legate alla droga, ha spiegato che nel 2015 il governo tagliò 15 milioni di sterline, cioè 16,6 milioni di euro, al progetto Alcohol and Drug Partnerships, che promuoveva la cooperazione fra le varie autorità locali e un approccio più sanitario che legalitario.
Non ha aiutato nemmeno il fatto che negli ultimi anni si siano diffuse droghe a base di oppiacei a basso costo: due terzi delle morti registrate nel 2019 sono state legate al cosiddetto “street Valium”, un cocktail di psicofarmaci a base di benzodiazepine che costa poco più di 50 centesimi a dose.
L’età media dei decessi per droga è inoltre notevolmente aumentata negli ultimi anni, passando dai 28 del 1999 ai 42 del 2019. Significa che il sistema non è riuscito ad aiutare moltissime persone ormai adulte che non si sono mai riprese da una prima fase di tossicodipendenza, e che se la sono portata dietro fino alla fine. Le morti di persone con età compresa fra i 15 e i 24 anni sono infatti una piccola parte del totale: nel 2019 sono state 76, appena il 6 per cento del totale.
Le soluzioni a cui sta pensando il governo scozzese prevedono soprattutto l’allestimento di strutture in cui i tossicodipendenti possano consumare droga sotto la supervisione di personale sanitario (attivate in via sperimentale a Glasgow), e programmi per fornire loro sostanze più sicure di quelle che possono procurarsi per strada: ma sarà difficile ottenere dei risultati concreti senza il consenso del governo centrale.