Dove non nasce nessuno
Sono 328 i comuni italiani in cui nel 2019 non si sono registrate nascite: la mappa da Morterone (Lecco) a Sperlinga (Enna)
di Isaia Invernizzi
Nel 2019 in 328 comuni italiani non è nato nessuno. Negli ultimi anni il calo delle nascite e i trasferimenti verso le città o all’estero hanno causato un aumento dello spopolamento dei piccoli comuni. Se questa tendenza verrà confermata nei prossimi anni, molti luoghi che finora sono stati abitati rischiano di non esserlo più. Il problema è complesso, perché lo spopolamento dipende da tante cose come la qualità dei servizi, le opportunità di lavoro e le aspettative delle nuove generazioni. La mancanza di nuovi nati è uno dei segnali più evidenti dell’incertezza che il futuro riserverà a questi paesi.
I luoghi dove non nasce nessuno sono quasi tutti borghi abitati da poche decine o al massimo qualche centinaio di persone: piccoli comuni, che però costituiscono l’unica rete sociale in vaste aree d’Italia lontane dalle città, e nel corso degli anni hanno permesso di salvare territori altrimenti totalmente abbandonati.
I dati che mostrano quante persone sono nate in Italia nel 2019 sono stati pubblicati dall’ISTAT: in tutta Italia ci sono state 420.084 nascite, quasi 20mila in meno rispetto al 2018 e oltre 156mila in meno rispetto al 2008. Anche lo scorso anno, come per i sei precedenti, c’è stato un superamento del record di diminuzione della natalità. La tendenza è confermata anche nel 2020, anche se i dati sono provvisori: nel periodo gennaio-agosto 2020, le nascite sono già state oltre 6.400 in meno rispetto allo stesso periodo del 2019.
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Secondo l’ISTAT ci si può attendere una riduzione ulteriore delle nascite almeno di 10mila unità a fine dicembre. Per valutare i primi effetti della pandemia sulle nascite, invece, serviranno i dati di novembre, dicembre e gennaio, che verranno pubblicati tra marzo e aprile 2021.
I paesi dove nel 2019 non è nato nessuno sono in tutte le regioni italiane, ad eccezione di Toscana e Puglia dove in tutti i comuni c’è stato almeno un nuovo nato. In Sicilia un solo comune non ha registrato nuove nascite nel 2019: Sperlinga, 705 abitanti, in provincia di Enna.
Nella mappa si trovano tutti i comuni dove nel 2019 non è nato nessuno. Ci sono casi molto diversi tra loro. Per esempio, è comprensibile che l’anno scorso non siano nati bambini a Morterone, in provincia di Lecco, il più piccolo comune d’Italia con i suoi 30 abitanti anche se a luglio del 2020, dopo otto anni, finalmente è nato Denis. Ma ci sono anche comuni che superano i mille abitanti: Corte de’ Frati in provincia di Cremona, Orta San Giulio sul lago d’Orta in provincia di Novara, Pallagorio in provincia di Crotone, e Spigno Monferrato in provincia di Alessandria.
Solo con la pubblicazione dei dati relativi al 2020 si potrà capire se l’elenco di questi comuni è aumentato oppure no. Uno dei paesi che uscirà dalla mappa è Vallo di Nera, 356 abitanti, in provincia di Perugia, quindi in Umbria. Lo scorso luglio a Vallo di Nera è nata Gaia, e tutto il paese ha accolto la notizia con gioia. La sindaca Agnese Benedetti spiega che le occasioni di festeggiare nuove nascite sono sempre più rare. «Qui non ci sono molti giovani: molti se ne vanno perché vogliono trovare nuove opportunità nei centri più grandi e devo dire che il terremoto del 2016 ha fatto crescere l’emigrazione».
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I problemi di Vallo di Nera sono quelli di tanti altri piccoli comuni: il territorio è grande, diviso in tante frazioni, e negli ultimi anni sono diminuiti i servizi, hanno chiuso molti piccoli negozi, la provincia spende meno soldi nella manutenzione delle strade. «Ogni anno dobbiamo contare i bambini per evitare le pluriclassi, cioè le classi con alunni di diverse fasce d’età», spiega la sindaca. «Purtroppo spesso si ragiona solo con i numeri e non valutando le reali opportunità per i territori. Ma non mancano segnali incoraggianti. Quest’estate sono arrivati moltissimi turisti che hanno apprezzato il nostro paese. Parlando di servizi, invece, lo scorso anno Poste italiane ha installato un Postamat, Enel ha messo una colonnina per la ricarica dell’auto elettrica. Potrebbero sembrare cose stupide, ma per molte persone sono importanti».
Secondo la sindaca manca attenzione alla medicina territoriale, cioè ci sono sempre meno medici di famiglia, e andrebbe snellita la burocrazia per le attività imprenditoriali. «I negozi, anche quelli piccolissimi, devono rispettare qualsiasi tipo di norma, come se fossimo in una grande città. Ma da noi se chiude anche solo un negozio, si rischia di non avere più negozi».
Anche a Duno, 123 abitanti in Valcuvia, provincia di Varese, non ci sono stati nuovi nati nel 2019 e nemmeno nel 2020. Ma il sindaco Marco Dolce dice che nell’ultimo anno si sono trasferite alcune giovani coppie e che l’epidemia da coronavirus potrebbe spingere più persone a tornare nei piccoli comuni. «Siamo una piccola comunità in una valle molto bella, dove si può vivere lontano dal caos», spiega. «Alcune giovani famiglie hanno deciso di trasferirsi perché vogliono vivere la montagna non solo per una gita domenicale, ma nella vita di tutti i giorni». A Duno, come a Vallo di Nera, non è facile garantire i servizi essenziali: lo scuolabus, la manutenzione delle strade, le opere di prevenzione per evitare frane e alluvioni.
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Una delle regioni che più di altre rischia di spopolarsi è il Molise. In Molise non ci sono grandi città e quindi molti giovani si trasferiscono fuori regione oppure all’estero: la regione è vicina alla soglia dei 300mila abitanti, un decimo della sola provincia di Milano. Enzo Scialò, presidente delle ACLI del Molise, ha detto che «molti paesi del Molise rischiano di scomparire e i recenti dati dell’ISTAT purtroppo lo confermano». Anche Scialò pensa che il coronavirus possa far riscoprire i paesi più piccoli. «È stato con la pandemia da Covid che abbiamo assistito a una riscoperta delle aree interne anche in Molise. Durante l’estate del Covid si è capito come e quanto i piccoli centri vengano apprezzati tanto da richiamare turisti non solo dal resto del Paese ma da tutto il mondo».
Nel corso degli ultimi anni sono stati fatti molti appelli, locali e nazionali, per rilanciare i borghi italiani e salvarli così dallo spopolamento. L’ultimo progetto è stato presentato lo scorso novembre dall’associazione Italia Nostra. Il titolo del piano è articolato, come le proposte al suo interno: “Piano Nazionale per il Restauro, messa in Sicurezza, Ripopolamento e Riuso del Patrimonio storico architettonico e urbanistico dei centri storici dei piccoli paesi e dei Borghi con priorità per le aree interne e marginali a maggior rischio sismico”, chiamato più semplicemente “Piano Borghi”. Alcuni degli obiettivi del piano sono molto pratici, come gli incentivi alla riqualificazione del patrimonio edilizio, altri sono più complessi come il «reinsediamento nei borghi, attraverso il mantenimento dei servizi di base e la loro riattivazione dove non più presenti». Secondo Italia Nostra, con un rilancio delle aree interne dell’Italia si potrà «ridistribuire» la popolazione nei piccoli comuni, «che possono offrire condizioni di vita più salutari e a misura d’uomo».