La Norvegia potrà continuare a trivellare il Mare Artico
Lo ha deciso la Corte Suprema in uno dei casi giudiziari più importanti nella storia del paese, al termine di un ricorso durato anni
Il 22 dicembre la Corte Suprema norvegese ha respinto un ricorso presentato da gruppi ambientalisti sulla possibilità garantita ad alcune aziende dal governo norvegese di cercare giacimenti di petrolio e gas naturale nel Mare Artico. Il caso era da mesi uno dei più seguiti in Norvegia e dagli ambientalisti di tutto il mondo: una decisione opposta a quella presa dalla Corte avrebbe infatti frenato le estrazioni di gas e petrolio in uno dei principali produttori europei di queste due risorse.
Frode Pleym, il capo della divisione norvegese di Greenpeace, ha definito la sentenza «assurda e spaventosa», mentre il governo di centrodestra e le principali compagnie petrolifere norvegesi l’hanno accolta molto positivamente.
La Norvegia è il principale produttore di gas e petrolio dell’Europa occidentale e gran parte della sua ricchezza gira attorno a questo settore. Per dare l’idea, il 20-25 per cento del gas utilizzato in Europa viene prodotto dalla Norvegia, che è il terzo paese al mondo per l’esportazione di gas naturale dopo Russia e Qatar. I proventi ricavati dalla produzione e dall’esportazione di petrolio sono invece accumulati nel fondo sovrano norvegese, che è il fondo d’investimento sovrano più grande al mondo e vale più di mille miliardi di dollari (circa 850 miliardi di euro).
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Le attività connesse all’estrazione e all’utilizzo degli idrocarburi, però, contribuiscono in maniera importante alla produzione di emissioni inquinanti e pertanto ad aggravare la situazione del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici.
Uno dei paradossi di questa storia è che la Norvegia è tra i paesi del mondo più attenti alla sostenibilità ambientale. Entro il 2025 il governo prevede che nel paese saranno vendute solo auto elettriche – pesantemente sussidiate da anni – e al momento gli obiettivi di riduzioni nette sono più ambiziosi di quelli adottati dall’Unione Europea. La Norvegia inoltre è stato uno dei primi paesi a firmare gli Accordi di Parigi sul clima, assieme proprio alla Francia. Nel 2014 il governo aveva anche emendato la Costituzione inserendo un articolo, il 122esimo, che tutela il diritto di vivere in un ambiente sano e prevede la salvaguardia della natura.
Eppure lo stato continua a investire moltissimo nell’estrazione ed esportazione di gas naturale e petrolio. Il caso esaminato dalla Corte era iniziato nel 2013, quando il governo norvegese aveva dato il via libera per la costruzione di impianti per la trivellazione in diverse aree del mare di Barents – la parte di Mare Artico che si trova a nord della Norvegia e della Russia – e nel 2016 aveva assegnato ad alcune compagnie la licenza per l’esplorazione della zona. Gli ambientalisti avevano contestato la decisione e provato a fare ricorso nei vari tribunali del paese sulla base del nuovo articolo della Costituzione, finché il caso era arrivato davanti alla Corte Suprema.
I giudici della Corte hanno di fatto accettato la tesi del governo secondo cui l’estrazione di petrolio e gas naturale non annulla gli sforzi compiuti dal paese per tagliare le emissioni nette sulla terraferma. Nella sentenza si legge anche che la Norvegia non ha alcuna responsabilità per le emissioni inquinanti causate dal petrolio e dal gas che vengono esportati e quindi utilizzato all’estero (una stima citata dal New York Times ritiene che il petrolio esportato dalla Norvegia nel 2020 causerà il decuplo delle emissioni di anidride carbonica prodotte all’interno del paese).
Jorn Oyrehagen Sunde, che insegna diritto internazionale all’università di Oslo, ha spiegato al New York Times che a causa della sentenza in futuro sarà più difficile per i gruppi ambientalisti fare riferimento all’articolo 122 della Costituzione, perché la Corte ne ha di fatto delimitato parecchio il perimetro di azione. Gli ambientalisti norvegesi hanno spiegato che intendono portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma non è chiaro se la Corte accetterà il caso: e comunque, prima che arrivi un eventuale giudizio, potrebbero passare diversi anni.