La storia che sta dietro a questo abbraccio
Riguarda il complesso ricongiungimento tra una donna e suo figlio, separati per mesi dopo essere partiti dalla Costa d'Avorio
Mercoledì il Comune di Reggio Emilia ha pubblicato una foto che documenta l’abbraccio del giorno prima tra una donna migrante e suo figlio alla sede del Polo del Servizio sociale comunale, dopo almeno otto mesi dal loro ultimo incontro. La donna e il bambino, che ha cinque anni, sono originari della Costa d’Avorio ed erano stati separati in Tunisia, dove entrambi si sarebbero dovuti imbarcare per raggiungere l’Italia via mare. La madre però non era riuscita a salire sull’imbarcazione e quindi aveva affidato il bambino a una ragazza conosciuta durante il viaggio, che in questi mesi si è presa cura di lui in Italia e ha aiutato gli operatori sociali a ricostruire la vicenda, affinché i due potessero ritrovarsi.
Nel giugno scorso la ragazza si era presentata col bambino al pronto soccorso dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Né lei né il piccolo, che non stava bene, avevano con sé i documenti. Inizialmente la ragazza aveva detto agli operatori sanitari di essere sua madre, poi di essere sua zia; alla fine aveva confessato che il bambino fosse il figlio di un’altra migrante che aveva conosciuto durante il viaggio dalla Costa d’Avorio verso l’Italia: la madre avrebbe voluto raggiungere la Francia, dove vive il padre del bambino, ma al momento dell’imbarco non era riuscita a raggiungere il figlio, che era già salito a bordo. Aveva quindi affidato alla ragazza il bambino, con la promessa che in qualche modo si sarebbero rivisti, non appena fosse riuscita ad arrivare in Italia anche lei.
La giovane aveva quindi accantonato i propri piani per badare al bambino fino a quando non avesse incontrato di nuovo la madre.
La ragazza e il bambino erano arrivati in Sicilia in primavera – non è chiaro esattamente quando – e poi avevano raggiunto Reggio Emilia senza una meta precisa e senza avere notizie della madre. Dopo che si erano presentati all’ospedale furono coinvolti i Servizi sociali e il Tribunale per i minorenni di Bologna, che avviò accertamenti e nominò un tutore per verificare che il bambino non fosse in stato di abbandono né rapito, oppure vittima di traffico di esseri umani. La ragazza e il bambino vennero sistemati in una struttura educativa a Reggio Emilia; tramite i Servizi sociali ad agosto riuscirono a mettersi in contatto con la madre, che nel frattempo era arrivata in Italia ed era ospitata in un centro di accoglienza ad Agrigento.
– Leggi anche: Come sta andando il sistema di accoglienza dei migranti in Italia
Nei mesi seguenti ci furono diverse telefonate e videochiamate tra la ragazza, il bambino e la madre. In questi incontri erano presenti sia il tutore, sia gli operatori dei Servizi sociali e talvolta degli avvocati: non solo per tutelare il bambino e valutare se il ricongiungimento fosse opportuno e possibile, ma anche perché nessuna delle due donne parlava italiano. Il Comune di Reggio Emilia ha scritto che la madre «coinvolgeva nelle videochiamate con il piccolo anche la famiglia d’origine in Costa d’Avorio»: oltre ad avere un rapporto affettuoso con la madre, «si poteva notare che i due erano immersi in una fitta rete di relazioni», coi nonni, gli zii e i cugini con cui il piccolo rideva e scherzava.
Una volta accertata la volontà di entrambi di incontrarsi, la prefettura e la Cooperativa sociale L’Ovile hanno aiutato nell’iter burocratico per chiedere il trasferimento della donna a Reggio Emilia: così, due giorni fa, madre e figlio hanno potuto riabbracciarsi.
La foto è stata scattata nel primo momento in cui i due si sono rivisti, dopo circa otto mesi di separazione. Il messaggio del Comune dice che «la scena ha creato un’emozione indescrivibile» tra tutte le persone che si trovavano nel Polo sociale in quel momento: la donna ha urlato dalla gioia e ha stretto a lungo il bambino; lui invece nei primi momenti non ha parlato, «voleva solo essere abbracciato dalla sua mamma».
Adesso il Tribunale per i minorenni dovrà decidere se i due potranno vivere insieme nel centro di accoglienza dove viene ospitata la madre. La giovane donna che aveva accompagnato il piccolo durante il viaggio dalla Tunisia all’Italia, invece, è stata accolta in un centro per richiedenti asilo.