Sono 50 anni che c’è “Feliz Navidad”

Fu scritta nel 70 da José Feliciano e questo articolo che ne racconta la storia cita Bob Dylan, Andrés Segovia e i Ricchi e Poveri (e contiene solo tre versioni di "Feliz Navidad")

“Feliz Navidad”, scrisse qualche anno fa l’Atlantic, è una canzone «grande, luminosa, intensa e calda, tale da far sciogliere tutta la neve di “White Christmas”».

“Feliz Navidad”, potrebbero pensare molti a cui il suo martellante motivetto gira per la testa già da qualche secondo, è anche una canzone banale, ruffiana e ormai a molti insopportabile.

Comunque la si pensi, “Feliz Navidad” – incisa nel 1970 dal portoricano José Feliciano – è ormai una di quelle canzoni natalizie che conoscono tutti e che ogni fine anno si riaffacciano con immutata insistenza nelle radio, nelle televisioni e – per chi ci va – nei negozi. Nonostante sia composta da solo 19 parole (6 in spagnolo e 13 in inglese) ripetute più volte, e nonostante Feliciano abbia detto di averla registrata «in dieci minuti». Forse perché, come ha detto lui, «è la più semplice canzone mai scritta». Che in quanto a semplicità se la gioca forse solo con “Happy Birthday to You” nel campionato delle canzoni di sempre, e con nessun’altra in quello delle canzoni di Natale. La prima delle tre versioni di “Feliz Navidad”, intanto (con le parole, nel caso servissero):


La storia di come Feliciano incise “Feliz Navidad” non è granché, lo dice lui stesso. La storia di quello che ci sta attorno, prima e dopo, lo è un po’ di più.

Feliciano è nato il 10 settembre 1945 a Porto Rico, quarto di undici figli e cieco dalla nascita per via di un glaucoma congenito. Una famiglia povera, il cui padre, ha raccontato Feliciano, era solito rubare polli per sfamare i figli. Nel 1950 la famiglia si trasferì nella parte spagnola di Harlem, nel nord di New York e da subito Feliciano si appassionò molto alla musica, dedicandosi a diversi strumenti ma prediligendo la chitarra acustica e avendo come idolo il chitarrista spagnolo Andrés Segovia. Già da adolescente, dopo aver lasciato la scuola, si mise a suonare e cantare in alcuni locali del Greenwich Village ispirandosi – secondo alcune sue successive interviste – a Ray Charles e Sam Cooke. Feliciano raccontò anche di aver fatto un’imitazione di Bob Dylan senza sapere che Dylan fosse tra il pubblico.

– Leggi anche: Come Mariah Carey ha sbancato il Natale

Nei primi anni Sessanta, Feliciano fu notato e messo sotto contratto da un dirigente della casa discografica RCA, che gli fece incidere le prime canzoni e che nel 1964 lo fece partecipare al Newport Folk Festival, che proprio in quegli anni fu al centro di alcune apprezzate e discusse esibizioni di Dylan.

– Leggi anche: Il giorno che Bob Dylan suonò elettrico

Feliciano – che un giornalista del New York Times aveva definito «un mago con le sue dieci dita» – ebbe poi successo con un paio di canzoni in spagnolo: le inedite “Poquita Fe” e “Usted”, fatte mischiando jazz, R&B e suoni da bolero, e anche “Extraños en la Noche”, versione spagnola della “Strangers in the Night” di Frank Sinatra.


Nel 1968 Feliciano ebbe buon successo anche negli Stati Uniti, grazie alle sue versioni di “California Dreamin'” dei Mamas and the Papas (suonata con una chitarra da flamenco e con alcune parole improvvisate in spagnolo) e di “Light My Fire” dei Doors.


La “California Dreamin'” di Feliciano è stata scelta da Quentin Tarantino come colonna sonora di una scena del suo C’era una volta…a Hollywood.


Grazie a quelle sue versioni in cui mischiava influenze latine a cose più pop e rock, Feliciano vinse i suoi primi due Grammy, finì al primo posto nelle classifiche di diversi paesi e nell’ottobre 1968 fu invitato a suonare nello stadio di Detroit “The Star-Spangled Banner”, l’inno statunitense, durante gara 5 delle World Series di baseball, le finali.

Era il 1968, era un periodo di grandi proteste – contro la guerra del Vietnam ma non solo – e Feliciano suonò l’inno statunitense in modo assai diverso dal solito, fornendone una sua interpretazione molto personale: una cosa oggi molto diffusa ma che allora non era per nulla comune e quindi poco accettata.


«Ora la cantano tutti così» ha detto a NPR il musicista Bobby Sanabria, «con un po’ di soul, ma allora era una cosa molto coraggiosa da fare». A molti spettatori non piacque: nello stadio ci furono fischi e anche polemiche nei giorni successivi all’esibizione. Come dice Carlos Santana ricordando quell’evento in un documentario dedicato a Feliciano «le persone non erano ancora pronte».

Feliciano raccontò a NPR che dopo quell’esibizione le radio smisero di passare le sue canzoni e che lui dovette andare a suonare all’estero.

Dopo un paio d’anni, provò a tornare in voga con la cosa meno politica di tutte: un disco di Natale. Un disco di cover, quasi tutte strumentali: tra le altre, “Jingle Bells”, “White Christmas” e “Silent Night”.


Il suo produttore gli suggerì però di aggiungere anche una canzone inedita, che secondo lui erano ormai un po’ troppi anni che non uscivano nuove canzoni di Natale. Feliciano ha raccontato di aver ripensato quindi alla sua infanzia a Porto Rico e a un brano che mettesse insieme la gioia del Natale con la sua tristezza per essere lontano dalla sua famiglia, e di essersi impegnato per fare «una canzone che appartenesse al popolo». La canzone fu poi fatta in dieci minuti e registrata, in un pomeriggio di agosto, negli studi della RCA sul Sunset Boulevard di Los Angeles. «Se sai dove sta andando la tua canzone» ha spiegato di recente Feliciano al New Yorker «non serve stare lì tanto».

Feliciano incise la canzone insieme al batterista brasiliano Paulinho Magalhães e fu invece lui a suonare il basso e il cuatro, uno strumento a corde latinoamericano, particolarmente diffuso a Porto Rico. Forse memore di quanto successogli un paio di anni prima a Detroit, Feliciano decise che le parole che hanno insegnato al mondo a dire “Buon Natale e felice anno nuovo” in spagnolo – “Feliz Navidad / Próspero año y felicidad” – non fossero abbastanza, e temendo che le radio statunitensi non avrebbero trasmesso la canzone aggiunse un po’ di parole in inglese: “I wanna wish you a merry Christmas / From the bottom of my heart“.

Secondo video della canzone, questa volta dal vivo:


Qualche anno fa, intervistato da Billboard, Feliciano disse che “Feliz Navidad” diventava «ogni anno sempre più grande» e che con il suo disco di Natale lui voleva fare solo un disco di «canzoni strumentali senza quei cori soporiferi» e che mai si sarebbe aspettato di «creare un mostro». Ma disse anche che quel suo disco di Natale secondo lui era «il miglior disco di Natale di sempre» e che «se “Feliz Navidad” scalda i cuori, allora ha fatto quello per cui era stata pensata». Di recente ha detto anche che gli capita che la gente si lamenti con lui per la canzone, per il modo in cui entra e non esce più dalla testa.

Nel corso della sua carriera Feliciano ha fatto anche un intero disco di cover di Elvis Presley (The King, uscito nel 2012), ha vinto nove Grammy (su 19 nomination), ha fatto un cameo nel film Fargo (interpretando se stesso), ha risuonato nello stadio di Detroit l’inno fatto alla sua maniera (nel 2018, tra grandi applausi), si è esibito al Concerto di Natale del Vaticano e ha pure partecipato al Festival di Sanremo: nel 1971, quando la stessa canzone doveva essere cantata da due artisti diversi. Quell’anno, l’anno di 4 marzo 1943, vinse Il cuore è uno zingaro, che arrivò davanti a Che sarà, cantata dai Ricchi e Poveri e da José Feliciano.


Feliciano oggi ha 75 anni e 13mila follower su Instagram, e secondo il suo sito ufficiale è stato definito “il più grande chitarrista vivente” e “Il Picasso della chitarra”. Non ha mai rinnegato la sua canzone più famosa, e anzi continua a parlarne volentieri e a cantarla quando serve. Per questo Natale, il cinquantesimo dall’uscita di “Feliz Navidad”, ha messo in programma: un concerto in live-streaming, un libro per bambini, una linea di orsacchiotti e una nuova edizione della canzone, cantata tra gli altri con Lin-Manuel Miranda, Michael Bolton e Gloria Gaynor.

Negli anni, “Feliz Navidad” è stata cantata, tra i tanti, da Michael Bublé, Céline Dion, Al Bano e Romina Power, Laura Pausini, David Hasselhoff e dai Tre Tenori: Plácido Domingo, José Carreras e Luciano Pavarotti. La terza e ultima versione è la loro: