Il misterioso furto di libri non pubblicati
È una truffa che da più di due anni sta coinvolgendo l'editoria internazionale, apparentemente senza nessun profitto
Da qualche anno una truffa insidia il mondo dell’editoria internazionale: editor, direttori, scrittori, agenti e scout letterari (quelli che presentano nuovi scrittori ai mercati stranieri) ricevono email da qualcuno che si finge dell’ambiente e che chiede l’invio di un manoscritto, cioè il testo di un libro non ancora pubblicato. Le richieste sono molto credibili: arrivano da indirizzi email quasi identici a quelli autentici e denotano una conoscenza precisa dei meccanismi editoriali, dei rapporti personali di chi lavora nel settore e persino di particolari noti solo alle persone coinvolte, come i nomi dei protagonisti dei romanzi o i termini di consegna del testo.
Nessuno ha idea di chi ci sia dietro né perché lo faccia, visto che dei manoscritti rubati non si è più saputo nulla e non ci sono prove di alcun profitto economico; si sa soltanto che l’artefice è esperto e decisamente ben informato, tanto che negli anni è riuscito a ingannare molti. Ne ha scritto qualche giorno fa il New York Times, ma la storia era stata raccontata per la prima volta nell’ottobre del 2018 dalla rivista britannica Bookseller: all’epoca si sapeva che girava da qualche anno, che era probabilmente iniziata in Asia e in Europa e che era da poco arrivata in Regno Unito e negli Stati Uniti. Da allora non si è scoperto molto di più e, nonostante una maggiore attenzione verso le email sospette, i furti sono continuati.
Nel 2018 una delle prime vittime della truffa fu l’agenzia londinese di scouting Eccles Fisher: email fasulle attribuite alla sua proprietaria, Catherine Eccles, erano inviate alle agenzie letterarie con la richiesta di manoscritti da visionare, password o dati personali degli autori. Le mail riportavano la firma di Eccles e provenivano da un indirizzo molto simile al suo ma, stando all’agenzia, nessuno ci cascò. Due anni dopo Fisher ha detto al New York Times che «sanno chi sono i nostri clienti, sanno come rapportarsi con loro, quando un testo è trattato da un agente e quando da un altro. Sono molto molto bravi».
Quando la storia venne fuori, le più importanti case editrici statunitensi inviarono delle email per mettere in guardia i loro dipendenti. Penguin Random House disse per esempio che «di recente abbiamo notato sempre più tentativi di rubare i nostri manoscritti. È accaduto più volte in più zone del mondo. Questi individui hanno una conoscenza sofisticata del nostro lavoro» e invitò tutti a essere «estremamente prudenti» nel dare informazioni riservate come «manoscritti, nomi utenti, password, numeri di sicurezza, numeri di carte di credito e di account bancari». Anche la Pan Macmillan, una delle più grandi case editrici britanniche, ammise di essere stata presa di mira e inviò un messaggio simile ai suoi dipendenti: nel suo caso si trattava soprattutto di contratti, meno di manoscritti.
La truffa, nel frattempo, aveva già interessato l’agenzia letteraria Greyhawk a Taipei, Taiwan, e la Kalem di Istanbul, in Turchia, ed era apparsa anche in Svezia, in Israele e in Italia. Il sito di Rivista Studio ha parlato con alcuni esponenti del mondo editoriale italiano, che hanno confermato di essere al corrente della truffa e, in alcuni casi, di esserne stati presi di mira. Eva Ferri, presidente delle case editrici E/O (che pubblica i libri di Elena Ferrante) e di Europa Editions UK, ha raccontato di averne sentito parlare per la prima volta proprio nel 2018 e di aver ricevuto email che le chiedevano di condividere il manoscritto del nuovo libro della Ferrante: «noi avevamo questa policy strettissima di non condividere con nessuno il manoscritto fino alla data di uscita, quindi non c’è stata comunque alcuna fuga di materiale».
La truffa non resta confinata a un mercato nazionale. Per esempio nel 2018 Grey Tan dell’agenzia letteraria Greyhawk di Taipei raccontò al sito Publisher Weekly di aver ricevuto false richieste da editori greci e israeliani e da scout britannici: «era inquietante perché aveva un’approfondita conoscenza interna. Mi chiesero persino una raccolta di racconti e il romanzo di uno scrittore cinese poco conosciuto che rappresentavo. E neppure io sapevo che stava per uscire un suo romanzo!». Zin Lewis, che si occupava dell’acquisizione di manoscritti stranieri alla Kinneret Zmora Dvir Publishing House, in Israele, riuscì invece a rintracciare dov’era stato registrato il sito che inviava email false a suo nome e con la sua firma: era una clinica per uomini gay di Londra, che utilizzava anche un indirizzo email falso associato a una libreria a Melbourne, in Australia; contattata dal Publisher Weekly la proprietaria della libreria disse che era la prima volta che sentiva parlare della truffa. Lewis intanto era convinto che qualcuno in Australia rubasse i manoscritti e li convertisse in ebook per venderli online.
Uno degli aspetti più destabilizzanti della truffa è che non riguarda soltanto le opere di autori noti. Negli ultimi tempi ne sono stati presi di mira di importanti, come Margaret Atwood e Ian McEwan, e anche personaggi famosi che hanno scritto un libro, come Ethan Hawke. In molti casi però si è trattato di scrittori esordienti il cui lavoro non poteva fruttare molto, se condiviso su internet, perché nessuno li conosceva.
L’altro particolare interessante è che i manoscritti rubati non sono affiorati su internet, condivisi illegalmente o venduti: semplicemente non se n’è saputo più nulla: nessuno li ha pubblicati online in qualche sito pirata, ha cercato di venderli ai fan o di ricattare gli autori, promettendo di non diffonderli in cambio di soldi.
Una delle teorie più condivise è che si tratti di qualcuno che lavora nel mondo dello scouting e che non solo cerca libri da tradurre per un paese straniero ma anche da trasformare in film e serie tv, proponendoli quindi prima dei rivali a produttori televisivi e cinematografici. «Sembra quello che faccio io: prendere tutto», ha detto al New York Times la scout letteraria Kelly Farber. Negli anni ci sono stati più casi di sceneggiature attese, rubate e diffuse online a pagamento; per esempio nel 2013 qualcuno rubò quella del film The Hateful Eight di Quentin Tarantino, che a quel punto decise di non realizzare più il film. Poi nell’aprile del 2014 organizzò una lettura pubblica della sceneggiatura, a Los Angeles; qualche tempo dopo cambiò idea, riscrisse parte della sceneggiatura e girò infine il film.
Eva Ferri ha condiviso con Rivista Studio un’altra teoria piuttosto accreditata: che i manoscritti vengano distribuiti online, magari tradotti in un mercato straniero, con un nome diverso e qualche riferimento nel testo modificato. Questo potrebbe anche spiegare l’interesse per gli autori esordienti.
Nell’attesa che si scoprano ragioni e responsabili, la truffa ha reso vulnerabile l’industria editoriale e soprattutto gli scrittori, che temono di vedersi sottratte, e magari diffuse, opere incomplete e imperfette, non vagliate dall’opera paziente dell’editor: con refusi, personaggi incoerenti e finali non convincenti.