Tutti i numeri sull’albero di Natale
Quanti anni servono per fare un abete? E quanto costa quest'anno? E quanti se ne venderanno in Italia e all'estero?
Nelle ultime settimane sia in Nord America che in alcuni paesi europei le vendite di abeti destinati a realizzare gli alberi di Natale sono in aumento. Secondo diverse associazioni di vivaisti, la richiesta è in crescita anche per via delle restrizioni imposte dal coronavirus: si passa molto più tempo a casa e questo ha ravvivato lo spirito natalizio e spinto più persone all’acquisto di un albero da addobbare. Non è andata così però in Italia, dove nel 2020 le vendite di abeti veri non sono andate molto bene. Vediamo i numeri più importanti di questo mercato.
Due notizie sugli “alberi di Natale”, prima di iniziare
Le piante più diffuse per realizzare gli “alberi di Natale” sono l’abete normandiano e l’abete rosso, molto comune sulle Alpi, ma ce ne sono diverse altre specie. In media un abete impiega dagli 8 ai 10 anni per crescere fino a 180 centimetri circa e nella maggior parte dei casi quelli venduti per Natale sono coltivati appositamente per questo scopo nei vivai di alcune zone specifiche, in Italia come all’estero. Secondo un’indagine di Coldiretti, nel 2019 l’88 per cento degli italiani aveva in casa un albero di Natale: più della metà delle persone in Italia utilizza un albero sintetico, in generale di plastica, che è più facile da gestire ma non necessariamente è più sostenibile rispetto a un abete vero.
Canada: dove le vendite aumentano da anni
Secondo Shirley Brennan, direttrice esecutiva dell’associazione di produttori Canadian Christmas Tree Association, quest’anno le vendite di abeti veri sono cresciute del 25 per cento. Il primo sabato di dicembre in Ontario si celebra il “Christmas Tree Day”, e solitamente durante lo stesso weekend ci si dedica a cercare e addobbare l’albero in tutto il Canada: quest’anno sono state segnalate lunghe code, soprattutto nei vivai dove si può andare a scegliere e tagliare direttamente il proprio abete; secondo diversi coltivatori, inoltre, molti clienti non avevano mai comprato un albero vero prima di quest’anno.
Brennan ha spiegato che alcuni vivaisti canadesi hanno avuto grosse difficoltà a gestire gli ordini extra dagli Stati Uniti, mentre molti hanno segnalato che le vendite avevano cominciato già ad aumentare verso la metà di novembre, tre settimane prima rispetto al solito. In qualche caso a inizio dicembre gli abeti erano già andati esauriti. A questo proposito, il New York Times ha osservato in maniera ironica che il “sold out” degli alberi è un simbolo della seconda ondata della pandemia da coronavirus, un po’ come durante la prima ondata lo erano stati gli scaffali di carta igienica vuoti nei supermercati.
La crescita della richiesta, però, non è un fenomeno nuovo per il Canada: nel 2019 le vendite di abeti natalizi avevano fatto incassare 138 milioni di dollari canadesi (circa 90 milioni di euro): più del doppio di quelli che erano stati incassati nel 2014. In Canada l’aumento delle vendite di alberi di Natale è in costante crescita anche perché circa la metà degli abeti cresciuti nel paese viene esportata negli Stati Uniti, dove invece negli ultimi anni la produzione è calata.
Stati Uniti: i problemi della produzione autoctona
Ogni anno i vivai del North Carolina – nella parte orientale degli Stati Uniti – producono più di 4 milioni di abeti. Assieme a Oregon, Pennsylvania e Michigan, il North Carolina è lo stato dove viene coltivata la maggior parte dei circa 25 milioni di abeti che sono venduti in media ogni anno nel paese. Dei circa 96 milioni di alberi di Natale che si trovano nelle case degli americani, soltanto meno di un quinto è però composto da alberi veri: secondo i dati della American Christmas Tree Association, negli ultimi anni le vendite degli alberi veri sono rimaste pressoché costanti, mentre sono aumentate quelle degli alberi di plastica.
In parte questo ha a che vedere con i problemi riscontrati nella crescita degli abeti, che può essere compromessa da gelate primaverili o da periodi con poche piogge, ma The Hustle ha spiegato che c’entra anche un discorso economico più ampio. Negli anni Novanta gli agricoltori avevano piantato troppi abeti, con il risultato che nei primi anni Duemila i prezzi erano stati così bassi da far fallire diverse aziende di coltivatori; durante la recessione del 2008, invece, ne vennero piantati troppo pochi: per questa ragione dal 2016 i prezzi degli alberi autoctoni sono diventati più alti – da 40 dollari a circa 75, circa 33-60 euro – e così hanno iniziato ad aumentare le importazioni.
A ogni modo, secondo i responsabili delle divisioni statali della Christmas Tree Association, quest’anno le famiglie americane stanno cercando di sfruttare al meglio il periodo natalizio nonostante le restrizioni, e questo vuol dire anche dedicarsi alla decorazione degli alberi di Natale. La direttrice dell’Associazione nel Michigan, Amy Start, ha detto al New York Times che nel suo stato le vendite sono aumentate del 50 per cento. Per George Nesh, un vivaista del Vermont che ogni anno vende più di 15mila abeti nell’area di Upper Manhattan – la zona residenziale di New York a nord di Central Park –, quest’anno le richieste sono state «folli»: a inizio dicembre la sua azienda aveva venduto quasi il doppio degli abeti rispetto allo stesso periodo del 2019, e Nesh prevede che il 2020 «sarà stato l’anno migliore di sempre» per i suoi affari.
– Leggi anche: È meglio comprare un albero di Natale vero o uno finto?
Come sta andando in Europa
La Danimarca è uno dei principali paesi produttori di alberi di Natale in Europa e ogni anno esporta circa 10 dei 12 milioni di abeti che produce. Nel 2020 però i coltivatori danesi hanno osservato diverse difficoltà: intanto, per via delle restrizioni sugli spostamenti a causa della pandemia non sono potuti arrivare molti lavoratori provenienti dall’Europa dell’Est, che ogni anno erano una buona parte della manodopera. Inoltre, i vari divieti e i controlli sugli spostamenti hanno causato ritardi nel trasporto verso altri paesi, rallentando la catena di distribuzione.
Il direttore della Danish Christmas Tree Association, Claus Jerram Christensen, ha spiegato che all’inizio della stagione gli ordini erano stati lenti e incostanti; a poco a poco poi si sono ripresi, e si stima che per quest’anno le vendite saranno di poco maggiori rispetto a quelle degli altri anni.
Stando a quanto hanno raccontato diversi vivaisti e venditori specializzati, in Francia e in Germania le vendite sono andate bene nonostante i lockdown. In Germania, in particolare, ogni anno vengono venduti quasi 30 milioni di alberi di Natale, circa 18 milioni dei quali sono cresciuti nel paese. La situazione è stata molto positiva anche in tutto il Regno Unito, dove l’ultimo weekend di novembre è stato il più intenso di sempre, ha spiegato la portavoce della British Christmas Tree Growers Association, Heather Parry.
Gli alberi di Natale in Italia
Coldiretti ha stimato che ogni anno in Italia nel periodo natalizio vengano venduti in media 13,5 milioni di alberi veri e di stelle di Natale, di cui circa 3,6 milioni di abeti. Per il florovivaismo italiano, che ogni anno fattura oltre 2,5 miliardi di euro, il periodo natalizio ha una grande importanza: quest’anno in particolare, visto che secondo quanto ha ricostruito l’Associazione Florovivaisti Italiani durante il lockdown sono stati persi 1,7 miliardi di fatturato.
In Italia nel 90 per cento dei casi gli abeti derivano da coltivazioni vivaistiche specializzate, mentre il restante 10 per cento è ricavato dai cimali, ovvero le punte degli alberi tagliate durante le normali potature, che sono necessarie per lo sviluppo e la sopravvivenza del bosco. La maggior parte degli abeti viene coltivata in Veneto e in Toscana, in particolare nelle province di Arezzo e Pistoia.
Fino a una quindicina di anni fa era molto comune vendere alberi alti più di un metro e mezzo e anche più di due metri, ma Coldiretti ha spiegato che la maggior parte degli abeti acquistati oggi dagli italiani sono più piccoli in media di 50 centimetri e in molti casi non arrivano neanche al metro. Questo dipende sia dagli spazi domestici in cui gli alberi vengono posizionati, che sono tendenzialmente più piccoli, sia dal loro costo, che varia in base alla qualità e aumenta a seconda delle dimensioni, della presenza delle radici e dell’eventuale vaso. Gli abeti più piccoli possono costare dai 10 ai 60 euro, mentre gli abeti più grossi o quelli di varietà particolari possono costare anche attorno ai 200 euro.
– Leggi anche: Che Natale sarà in Europa
Come sono andate le vendite quest’anno
A metà novembre Coldiretti aveva segnalato che la chiusura di diversi spazi legati alla vendita di piante e fiori in alcune zone per via di una errata interpretazione delle norme stava mettendo in ulteriore difficoltà il settore, peraltro nel periodo in cui solitamente cominciano a concentrarsi le vendite di abeti e addobbi natalizi. L’entrata in vigore del nuovo DPCM il 4 dicembre scorso ha poi chiarito che la vendita di piante e fiori è consentita sia nei centri commerciali che nei mercati, in tutta Italia, ma salvo qualche eccezione le vendite non sono aumentate in maniera significativa.
Il presidente di Confagricoltura Toscana, Marco Neri, ha fatto un appello affinché i cittadini comprino abeti veri, perché il mercato interno «è rimasto l’unico sbocco». Neri ha spiegato che «il 70 per cento della produzione di piante e fiori della Toscana è diretto all’estero, ma ora le esportazioni sono quasi azzerate per le difficoltà dei contatti e dei trasporti». La situazione non è buona neanche in Veneto. Massimo Fontana, presidente dei florovivaisti di Confagricoltura Verona, ha spiegato che quest’anno l’organizzazione ha registrato un calo di vendite di alberi veri del 60-70 per cento. Questo, secondo Fontana, in parte è motivato dalla «spinta dell’emergenza Covid, che porta la gente a uscire meno di casa» e in parte dipende dal fatto che 6-7 famiglie su 10 scelgono di comprare alberi finti.
Quanto è sostenibile un albero di Natale?
Alfio Marchini, vivaista della provincia di Pistoia, ha osservato che negli ultimi vent’anni in Italia si è diffusa l’errata convinzione che la coltivazione di alberi veri possa comportare la distruzione di ettari di foreste e questo ha influito sulle scelte di moltissime famiglie. In realtà il taglio o lo sradicamento degli abeti non incide sulla salute delle foreste perché sono coltivati appositamente per essere venduti. Inoltre gli abeti vengono coltivati in particolare in zone montane e collinari, dove contribuiscono a migliorare l’assetto idrogeologico delle colline e allo stesso tempo aiutano a combattere il pericolo di frane e incendi. Quasi sempre, tra l’altro, quando il vivaio vende un albero ne ripianta altri: spesso quattro o cinque, per essere sicuri che almeno uno cresca solido e bello.
– Leggi anche: Le foto di New York sotto la neve, finalmente
Ci sono poi gli alberi di Natale di plastica. Più dell’80 per cento di quelli venduti in Europa arriva dalla Cina e negli Stati Uniti questa percentuale supera il 95 per cento.
L’associazione dei Florovivaisti Italiani ha spiegato che la produzione di un albero di Natale di plastica medio, del peso di circa 10 chilogrammi, richiede l’utilizzo di circa 20 chilogrammi di petrolio e genera emissioni per 23 chilogrammi di anidride carbonica; alle emissioni legate alla produzione vanno sommate quelle generate durante il trasporto. Secondo uno studio del 2009 realizzato dalla società di consulenza Ellipsos (citato dal New York Times qui), per essere ecologicamente più conveniente di un vero abete, un albero finto dovrebbe essere usato almeno per 20 anni. Al contrario gli alberi veri, soprattutto se sono cresciuti poco lontano da casa, assorbono anidride carbonica, invece che emetterla.
Come aveva spiegato Sebastiano Guarisco, titolare dei vivai Le Georgiche di Brescia, se gli abeti veri hanno le radici si possono rinvasare in primavera – ogni anno in un vaso un po’ più grande e – possono vivere ed essere riutilizzati per anni. Se al termine delle festività non è possibile mantenere l’abete o non lo si vuole ripiantare, comunque, ci si può rivolgere al rivenditore o al proprio Comune: esistono vivai e centri di raccolta preposti che provvedono a ripiantare gli abeti oppure a destinarli al compostaggio. Un albero sintetico, invece, impiegherebbe 200 anni per degradarsi nell’ambiente.