10 scoperte scientifiche del 2020
Quelle che potreste esservi persi perché non riguardavano virus e vaccini, scelte dal National Geographic
Nel 2020 per via del coronavirus si è parlato tantissimo di ricerca scientifica, di riviste scientifiche e scienziati, in modo del tutto eccezionale rispetto al solito. Non tutte le scoperte di quest’anno però hanno ricevuto la stessa attenzione: in tutto il mondo c’era molta attesa e trepidazione per le notizie sui vaccini, mentre annunci relativi ad altri campi sono stati probabilmente trascurati.
Il National Geographic ne ha messi insieme dieci e li ha spiegati in breve, per chi se li era persi nel corso degli ultimi dodici mesi.
La materia più vecchia sulla Terra è più vecchia di tutto il Sistema solare
Nel settembre del 1969 un meteorite che abbiamo chiamato Murchison cadde in Australia. A gennaio sull’autorevole rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences è stata pubblicata un’analisi secondo cui un pezzo di quel meteorite è la materia più vecchia finora trovata sulla Terra: avrebbe un’età compresa tra i 4,6 e i 7 miliardi di anni, e sarebbe dunque più vecchia anche del Sole.
Abbiamo trovato due embrioni di tirannosauro
O meglio, abbiamo scoperto che alcuni resti ossei di dinosauri trovati nel 1983 in un sito archeologico del Montana, Stati Uniti, e nel 2018 in uno dell’Alberta, Canada, appartenevano a esemplari di tirannosauro non ancora usciti dall’uovo. I resti hanno un’età compresa tra i 71 e i 75 milioni di anni e ci hanno fatto scoprire che alla nascita i tirannosauri erano molto piccoli, più o meno delle dimensioni di un chihuahua, anche se avevano una coda sproporzionatamente lunga. Secondo gli scienziati finora non avevamo trovato resti di embrioni o di cuccioli molto giovani di tirannosauro proprio perché non ci aspettavamo che fossero così piccoli.
Marte ronza, e non sappiamo bene perché
Nel 2019 InSight, il lander della NASA dal 2018 su Marte, rilevò il primo terremoto marziano mai registrato. Successivamente registrò un lieve ma costante ronzio che sembra essere in qualche modo collegato ai terremoti ma di cui non si sa ancora l’origine. Ha una frequenza più alta dei naturali rumori di sottofondo che si sentono sulla Terra, alcuni dei quali sono provocati dagli oceani, altri dai venti. Non si può ancora escludere che sia il lander stesso a generare il rumore e per ora non ne sappiamo molto altro.
Betelgeuse era meno luminosa del solito per via di una nuvola di polvere
Tra l’ottobre del 2019 e lo scorso aprile Betelgeuse, una delle stelle più visibili dalla Terra, da cui dista circa 700 anni luce, era stata meno luminosa del solito. Era capitato più volte che avesse cali di luminosità, ma quello osservato in quel periodo era stato maggiore dei precedenti: astronomi e astrofisici si erano dunque domandati se fosse dovuto ai normali cicli vitali della stella o se fosse l’indizio di una nuova fase nella sua evoluzione, e di un’eventuale imminente esplosione. Uno studio pubblicato ad agosto sull’Astrophysical Journal ha spiegato che grazie alle osservazioni di Hubble – l’importante telescopio della NASA e dell’ESA in orbita intorno alla Terra – ora si pensa che il calo di luminosità sia stato causato da una “nuvola di polvere” creata dalla stessa Betelgeuse, e che raffreddandosi aveva come coperto la stella.
L’ultimo pasto di un nodosauride
Nel 2011, di nuovo in Alberta, in un giacimento di sabbie bituminose, furono trovati i resti molto ben conservati di un dinosauro di 110 milioni di di anni, o meglio di una sua parte. Il dinosauro in questione era un nodosauride, cioè un dinosauro “corazzato”: aveva, lungo tutto il corpo, spine ossee coperte da cheratina. La scoperta di quest’anno riguarda il fatto che all’interno dei resti è stato trovato e analizzato l’ultimo pasto dell’animale, fossilizzato. Il nodosauride era un erbivoro e nel suo stomaco sono stati trovati resti di felci di un tipo particolare, insieme a ramoscelli legnosi: per questo gli scienziati hanno ipotizzato che il dinosauro sia morto in estate.
What did #Borealopelta, the world’s best-preserved armoured dinosaur, eat for its last meal? Find out about exciting new research with Dr. Caleb Brown, lead author of the study and Curator of Dinosaur Systematics & Evolution at the Royal Tyrrell Museum. #RTMPResearch pic.twitter.com/LlqSDE7ag9
— Royal Tyrrell Museum of Palaeontology (@RoyalTyrrell) June 3, 2020
La seconda più grande epidemia di Ebola è finita
Questa non è propriamente una scoperta, ma un importante risultato dei progressi scientifici: il 25 giugno l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato la fine di un’epidemia di Ebola che ha infettato 3.480 persone, uccidendone quasi 2.300. Si era sviluppata nell’agosto del 2018 a partire dalla regione del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove era stato difficile intervenire per le autorità sanitarie a causa dell’instabilità politica locale. Le cose si sono risolte grazie a una campagna di vaccinazione: i vaccinati sono stati più di 300mila. A giugno nel paese c’erano stati altri casi, scollegati da quell’epidemia, ma poi a novembre il governo ha annunciato un periodo di 42 giorni senza alcun contagio registrato, un lasso di tempo che corrisponde al doppio del periodo di incubazione del virus. Era stata l’undicesima epidemia di Ebola nella storia del Congo.
Il più antico cranio di Homo erectus
Nel 2015 Jesse Martin e Angeline Leece, due studenti australiani impegnati nella ricerca di fossili nella miniera di Drimolen, vicino a Johannesburg, in Sudafrica, trovarono i resti di un cranio. Inizialmente pensarono fosse appartenuto a un babbuino: in realtà sono i più antichi resti di un cranio di Homo erectus, una specie umana vissuta tra 2 milioni e 108mila anni fa, la prima a diffondersi dall’Africa all’Asia. I resti in questione, descritti in un articolo pubblicato su Science, risalgono proprio a 2 milioni di anni fa. Il loro ritrovamento è importante perché questo genere di scoperte archeologiche aiuta gli scienziati a migliorare l’albero dell’evoluzione delle specie umane, dunque dei nostri antenati.
DNA di dinosauro?
Non pensate subito a Jurassic Park, perché de-estinguere una specie animale è ancora una prospettiva lontana dalla realtà, fantascientifica nel caso dei dinosauri. Ma studiando dei fossili ben conservati risalenti a 70 milioni di anni fa, un gruppo di scienziati è riuscito a individuare forme che potrebbero essere cromosomi e nuclei cellulari in alcuni resti di Hypacrosaurus stebingeri, una specie di dinosauri. Non è stato possibile estrarre DNA dal fossile, ma lo studio è comunque rilevante perché dimostra come anche certe strutture biologiche piccolissime possono conservarsi nel processo di fossilizzazione.
Forse siamo arrivati nelle Americhe prima di quanto pensassimo
La datazione di alcuni manufatti di pietra trovati in un sito archeologico in Messico – come punte di lancia e rocce scheggiate – suggerisce che già 30mila anni fa ci fossero degli umani nel continente americano: lo ha spiegato un articolo pubblicato su Nature quest’estate. Finora abbiamo avuto la certezza che la prima presenza umana nelle Americhe risalisse almeno a 13.500 anni fa. Le prove dello studio di Nature che suggeriscono diversamente comunque non sono ancora considerate definitive dalla comunità scientifica. Se fossero stati trovati resti umani nel sito archeologico in questione, databili a quell’epoca, ci sarebbero stati meno dubbi.
A remarkable paper in @nature by @CFArdelean and coworkers presents evidence of human occupation at Chiquihuite Cave in northern Mexico, "possibly as early as 33,000–31,000 years ago". First peoples 15,000 years older than thought? https://t.co/0KoZBqYumo pic.twitter.com/tj3jICJLgh
— John Hawks (@johnhawks) July 22, 2020
Una barriera corallina più alta dell’Empire State Building
Una spedizione dello Schmidt Ocean Institute, un ente di ricerca che si occupa di oceanografia, dedicata allo studio della Grande barriera corallina, a nord-est dell’Australia, ha trovato una formazione di corallo, simile a una torre, alta circa 500 metri. Di strutture simili se ne conoscevano solo altre sette.