Il Giappone ha di nuovo problemi con il coronavirus
La terza ondata è molto più grave delle prime due, e il primo ministro Suga deve fare i conti con un calo di popolarità
Il 17 dicembre in Giappone sono stati superati i 3mila contagi giornalieri da coronavirus, il numero più alto nel paese dall’inizio della pandemia e molto superiore ai picchi registrati in primavera e in estate. Nelle ultime settimane la situazione è peggiorata rapidamente: il primo di novembre si registravano poco più di 600 casi, venti giorni dopo erano già stati superati i 2.500.
La capitale Tokyo è particolarmente in difficoltà e la governatrice Yuriko Koike ha aumentato lo stato di allerta al livello massimo. Il 17 dicembre in città ci sono stati più di 800 contagi – non erano mai stati così tanti – e adesso gli ospedali sono sotto pressione. «Il sistema sanitario di Tokyo si sta avvicinando al limite», ha detto Koike. A Tokyo, che ha più di 9 milioni di abitanti, ci sono 3mila letti disponibili per pazienti con COVID-19 e 1.960 sono attualmente occupati, in terapia intensiva ce ne sono 200 e ne sono occupati 69.
Questa risalita dei contagi sta facendo parlare anche per il Giappone, come per molti altri paesi, di “terza ondata”, dopo la prima avuta in primavera e dopo un secondo picco nella curva dei contagi tra luglio e agosto, ma questa volta i casi registrati sono molto superiori. Il grafico dei contagi in Giappone da gennaio mostra bene la scansione temporale delle tre ondate e la differenza nelle loro dimensioni.
Il Giappone, come molti altri in Asia, era stato uno dei primi paesi a registrare contagi da coronavirus e per questo aveva preso provvedimenti già a gennaio, fin da subito con controlli alle frontiere, distanziamento fisico e tracciamento dei contatti. Si cercava di isolare molte persone e di fare pochi tamponi, solo nei casi di sintomi evidenti o di soggetti a rischio, per evitare di intasare gli ospedali. A maggio, l’allora presidente Shinzo Abe aveva definito «un successo» il modello giapponese contro il coronavirus, che aveva consentito di non imporre misure restrittive severe come quelle di molti altri paesi nel mondo. Mantenere quest’immagine di buona gestione del virus agli occhi di tutto il mondo era importante per il Giappone anche per dimostrare che il paese è ancora pronto a ospitare i Giochi olimpici, posticipati all’estate del 2021.
Nel frattempo in Giappone è cambiato il primo ministro, a settembre Shinzo Abe si è dimesso per motivi di salute e al suo posto è stato nominato Yoshihide Suga, dopo aver vinto le primarie dei Liberal Democratici, il partito che guida il governo di centrodestra.
Suga si era presentato in continuità con il governo di Abe, che aveva un grande consenso in vista delle elezioni parlamentari nell’autunno del prossimo anno. Ora però sta perdendo popolarità: sia all’interno del suo partito, che valuterà la possibilità di eleggere un altro candidato presidente, sia tra la popolazione. Secondo un sondaggio della televisione nazionale NHK pubblicato il 14 dicembre, il suo consenso sarebbe al 42 per cento, 14 punti in meno di un mese fa. I motivi sono legati soprattutto alla sua gestione della pandemia e alla recente risalita dei contagi, che molti attribuiscono almeno in parte a “Go To Travel”, un’iniziativa lanciata dal governo per incentivare il turismo interno al Giappone e far riprendere l’economia in crisi.
“Go To Travel” era stata approvata a luglio, quando ancora il primo ministro era Abe e i contagi sembravano sotto controllo, e l’idea era di sopperire alla mancanza di turismo dall’estero pagando ai giapponesi la metà del costo delle loro vacanze se avessero scelto di farle in Giappone, attraverso voucher e sconti per negozi e ristoranti fino a un massimo di 20mila yen al giorno, circa 158 euro. L’operazione ha funzionato e molte persone sono effettivamente partite con “Go To Travel”, ma questo potrebbe aver portato anche a una maggiore circolazione del virus. Il 14 dicembre Suga ha annunciato che il programma sarà sospeso dal 28 dicembre all’11 gennaio.
Inoltre lunedì 14 dicembre, con i contagi in salita e le restrizioni in aumento, Suga si è dovuto scusare per aver partecipato a una cena con altre 6 persone, tutte oltre i 70 anni (compreso lo stesso Suga, che ne ha 72), in un ristorante di Tokyo. Anche se non ci sono restrizioni specifiche in merito, il governo aveva detto alla popolazione che cenare con più di 4 persone è una situazione a forte rischio di diffusione del virus. Suga si è giustificato dicendo che la distanza tra le persone al tavolo era sufficiente, ma poi ha aggiunto di avere da riflettere «sul fatto di aver dato un cattivo esempio».