L’OMS ha indicato ai suoi dipendenti come rispondere sul piano pandemico italiano
Un documento interno mostra che i dipendenti hanno ricevuto istruzioni con le risposte già pronte, un po' evasive
L’OMS ha inviato ai suoi dipendenti una mail che contiene una serie di domande e risposte sul caso del documento «Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell’Italia al Covid», pubblicato sul sito dell’OMS lo scorso 13 maggio e rimosso dopo 24 ore. Il documento raccontava di come l’Italia fosse sprovvista di un piano pandemico aggiornato, e la sua rimozione ha generato discussioni e polemiche. La mail si intitola “Q&A reattive in caso di domande da parte dei media” ed è stata pubblicata dal sito Health Policy Watch.
L’intera storia è complessa e delicata: se ne sta occupando anche la procura di Bergamo, che ha avviato un’indagine per capire quali fossero le direttive comunicate ai medici tra fine febbraio e inizio marzo. Gli inquirenti vogliono capire se l’Italia avesse un piano pandemico nazionale, un documento importante perché indica la strategia sanitaria da adottare nell’eventualità di una pandemia. Da quanto è emerso finora, sembrerebbe che il piano pandemico dell’Italia fosse risalente al 2006, e riproposto identico in tutti gli aggiornamenti successivi, fino all’ultima pubblicazione del 2017: lo diceva anche il documento dell’OMS pubblicato e poi rimosso dopo 24 ore.
Del caso si è occupata anche la trasmissione Report. Secondo Report, la rimozione dal sito dell’OMS sarebbe stata causata dalle pressioni esercitate dalla persona che avrebbe dovuto aggiornare il piano pandemico, cioè Ranieri Guerra, nel 2017 direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute e oggi assistente del direttore generale dell’OMS. Francesco Zambon, coordinatore nella sede veneziana dell’OMS e autore del documento, ha detto di aver «ricevuto pressioni e minacce di licenziamento affinché modificassi il rapporto e scrivessi che il Piano pandemico risale al 2016 e non al 2006, come invece è».
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Le linee guida interne dell’OMS dicono ai dipendenti come rispondere a domande che riguardano tutta questa vicenda, e sono state classificate come un rapporto “interno, da non condividere”. Ma Health Policy Watch è riuscito a ottenerle da una sua fonte e le ha pubblicate.
Alla domanda «L’Italia ha chiesto di ritirare il report?», la risposta che l’OMS suggerisce di dare è: «No. La decisione di rimuovere il documento dal sito è stata presa dall’ufficio europeo dell’OMS ed è dovuta a imprecisioni fattuali». Un’altra domanda importante è «L’OMS sta coprendo l’Italia?». La risposta suggerita ai dipendenti: «No, l’OMS si impegna in comunicazioni franche e schiette con i governi in continuazione. L’organizzazione intraprende tutte le attività in modo imparziale e senza timore di punizioni o di aspettative di favori».
A eventuali domande sulla testimonianza di Francesco Zambon, l’OMS suggerisce di dire: «Se il dottor Zambon testimonia a titolo personale, non può parlare di questioni relative all’OMS, del suo lavoro o dei suoi rapporti con l’OMS e con altri funzionari dell’OMS, né divulgare o fare riferimento a documenti o informazioni di proprietà dell’OMS, compresa la corrispondenza o gli scambi a voce. Per preservare la sua obiettività e indipendenza, l’organizzazione non si occupa di questioni politiche, amministrative o legali a livello nazionale».
Non è insolito o di per sé sospetto che un’organizzazione indichi ai suoi dipendenti come comportarsi con i giornalisti, ma Health Policy Watch scrive che, più che una guida interna aziendale, il documento con le domande e le risposte da dare ai giornalisti costruisce una narrazione aziendale per sostenere la posizione di Ranieri Guerra: e non cita prove o argomenti a favore della sua tesi, né commenta nel merito la versione di Zambon. Alle domande poste martedì da Health Policy Watch sulla volontà di Zambon di testimoniare, un portavoce dell’Ufficio Europeo dell’OMS ha risposto utilizzando esattamente le risposte delle linee guida, quasi parola per parola.
Mercoledì 16 dicembre Ranieri Guerra ha dato un’intervista all’AGI in cui sostiene che il documento «venne ritirato per decisione dell’ufficio di Copenaghen» e che lui propose «di salvarlo proponendo che due colleghi dell’Istituto superiore di sanità si affiancassero ai colleghi di Venezia per correggere le imperfezioni e ripubblicare il Rapporto così migliorato nel giro di un paio di giorni».
Guerra si difende anche dall’accusa di aver minacciato Francesco Zambon per cambiare la data del piano pandemico aggiornandola al 2016, come sostenuto da Report attraverso la diffusione di questa email.
«Mi sembra che Report abbia reso pubblica una sola mail, e anche non completamente», ha detto Guerra. «La serie di mail precedenti e successive danno una luce diversa e più completa sulla situazione, anche se la mia riservatezza mi ha impedito finora di renderle pubbliche. Infatti, io leggo per la prima volta il testo del Rapporto proposto per la pubblicazione quando già è stato depositato dai colleghi di Venezia, e ne propongo alcune correzioni, chiedendo di spostare la data di pubblicazione di due giorni. So che anche altre due colleghe dell’ufficio di Copenaghen, da cui Venezia dipende, hanno fatto lo stesso. Molte delle correzioni proposte vengono infatti accolte dai colleghi e sono presenti nel testo del Rapporto pubblicato: la mail che Report pubblica si riferisce al periodo antecedente la pubblicazione e alla versione mai circolata. Non ho mai avuto nulla da ridire sul testo pubblicato, pur ritenendolo ancora migliorabile, date le inesattezze e le inconsistenze che continuava ad avere».