Perché si discute del “Superbonus 110%”
Una proroga oltre il 2021 non sembra essere in discussione, ma su modalità e tempi dei finanziamenti non c'è un accordo condiviso
Il Decreto Rilancio dello scorso luglio aveva introdotto il cosiddetto “Superbonus 110%”, un’agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione che migliorano l’efficienza energetica degli immobili. La scadenza era prevista inizialmente per il 31 dicembre 2021. Circa settanta parlamentari di maggioranza, e qualcuno dell’opposizione, ha proposto di prorogarlo fino al 2024, e il parlamento ha votato una risoluzione per impegnare il governo a trovare una soluzione. Sulle modalità per finanziare la proroga e sui tempi della stessa, non c’è però un accordo condiviso e la cosa sta creando problemi all’interno della maggioranza. Domenica 13 dicembre, il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi ha dichiarato che la proroga della misura fino al 2023 è irrinunciabile, e altri esponenti del suo partito hanno spiegato di essere pronti a mettere a rischio il prossimo voto sul Recovery Fund.
Di cosa stiamo parlando
Il “Superbonus” è contenuto nel cosiddetto “decreto rilancio“, un decreto convertito in legge dal Parlamento lo scorso luglio: è una misura pensata per stimolare l’economia durante l’epidemia da coronavirus, incentivando le ristrutturazioni per migliorare l’isolamento termico delle case, per renderle più resistenti ai terremoti o per installare strutture come pannelli fotovoltaici e colonnine per ricaricare i veicoli elettrici.
Il “Superbonus” consente di detrarre dall’IRPEF – l’imposta sul reddito delle persone fisiche – il 110 per cento delle spese sostenute per specifici interventi di miglioramento degli edifici. E quindi, di fatto, di rientrare interamente della spesa nel giro di cinque anni, ottenendo anche un’ulteriore detrazione del 10 per cento. La detrazione fiscale è divisa in cinque quote annuali e a seconda dell’intervento sono stati fissati dei limiti alle spese detraibili.
Per il “Superbonus” non è necessario essere proprietari dell’immobile: vale anche per chi è in affitto con regolare contratto, per chi gode del comodato d’uso e per gli usufruttuari, se c’è l’autorizzazione del proprietario. Gli interventi possono essere realizzati anche sulle parti comuni degli edifici, mentre sono esclusi gli immobili che rientrano in alcune categorie catastali (abitazioni signorili, ville, castelli). Non ci sono invece distinzioni tra prime e seconde case.
Una delle novità principali del Superbonus, oltre alla percentuale della spesa detraibile, è la possibilità di ottenere non solo una detrazione fiscale – che si applica sull’IRPEF – ma anche eventualmente uno sconto in fattura direttamente da chi realizza l’intervento, che ottiene in cambio il pari importo in credito d’imposta: cioè uno “sconto” che può essere usato per ridurre altri debiti fiscali, oppure che può essere ceduto a terzi (che a loro volta possono usarlo per ridurre o compensare dei contributi). In alternativa, chi richiede il Superbonus può chiedere per sé il credito d’imposta, per poi cederlo per esempio a una banca in cambio di un finanziamento.
Tutto questo ha però un limite di tempo: vale per le spese sostenute tra il primo luglio 2020 e il 31 dicembre 2021.
La proroga
Ufficialmente l’agevolazione del “Superbonus” è partita il primo luglio 2020 ma di fatto i tempi non sono stati quelli previsti, a causa dei ritardi per avere a disposizione tutta la normativa necessaria per avviare gli interventi e a causa dei tempi dilatati per la concessione dei permessi edilizi da parte della pubblica amministrazione. Il ritorno di massa allo smart working rischia di «bloccare definitivamente centinaia di cantieri sia pubblici che privati, come quelli per gli interventi di efficientamento energetico e messa in sicurezza con il superbonus 110% che stanno partendo», aveva detto a fine ottobre il presidente dell’ANCE, associazione dei costruttori edili, Gabriele Buia.
In generale, diverse categorie hanno chiesto e continuano a chiedere al governo di prorogare il “Superbonus”: oltre all’ANCE, ci sono il Consiglio nazionale degli architetti, Confedilizia (l’associazione dei proprietari di casa), Confartigianato, l’associazione bancaria italiana (ABI) e l’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA): è necessario, dicono, dare continuità alla misura oltre il 2021 per consentire una programmazione degli interventi, per non bloccare gli investimenti che si stanno preparando, per permettere la realizzazione degli interventi più grandi e per garantire davvero l’effetto espansivo auspicato del “Superbonus”.
A fine settembre, il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli aveva annunciato in un’intervista a La Stampa che il Superbonus al 110 per cento sulle ristrutturazioni edilizie sarebbe diventato una misura strutturale. Dopodiché lo stesso Patuanelli e altri esponenti del ministero dell’Economia e delle Finanze, tra cui il vicesegretario Antonio Misiani, avevano ridimensionato le ipotesi cominciando a insistere su una proroga.
Il partito che maggiormente ha insistito sulla proroga della misura è il Movimento 5 Stelle: «Si tratta di un investimento importante sul futuro del paese su cui ci siamo sempre battuti: con questo provvedimento andiamo a migliorare la qualità della vita di milioni di italiani facendoli risparmiare con tanti lavori a costo zero e con bollette che si riducono fino al 60-70%; rendiamo più efficiente e sicuro il patrimonio edilizio e più belle le città; rilanciamo l’edilizia e l’indotto facendo aumentare i posti di lavoro nel settore; riduciamo le emissioni inquinanti contribuendo a raggiungere gli obiettivi previsti dagli accordi di Parigi sul clima». Il M5S ha dunque chiesto di stabilizzare il “Superbonus 110%” almeno fino al 2023: Vito Crimi ha dichiarato ieri che per loro è una questione irrinunciabile e alcuni altri esponenti hanno fatto sapere di non essere disposti a cedere a soluzioni al ribasso come una eventuale proroga di sei mesi o un anno e che la questione è per loro dirimente, tanto da mettere a rischio il voto del partito sul Recovery Fund.
Il PD è a sua volta favorevole a una proroga, ma fino al 2022. Martina Nardi (PD), presidente della commissione Attività produttive alla Camera dei Deputati, ha spiegato che «la proroga del superbonus è un obiettivo di tutta la maggioranza», e che si può «raggiungere subito, e concretamente» fino al 2022.
Oltre la durata della proroga, l’altra questione non risolta sul “Superbonus” ha a che fare con le modalità delle risorse con cui finanziarlo: saranno usate le risorse in bilancio, quelle del Recovery Fund o entrambe? Per ora, la proroga non fa parte delle agevolazioni per la casa prorogate dalla Legge di Bilancio 2021. La misura è già finanziata fino a fine anno e ogni anno in più di proroga costerebbe fra i 7,5 e i 9,5 miliardi di euro. La soluzione sarebbe finanziarla, come ha proposto a fine novembre il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, attraverso il Recovery Fund, il principale strumento comunitario per bilanciare la crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus. A sua volta, a metà novembre, in audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri aveva detto che la proroga del Superbonus al 110% sarebbe stata «sicuramente uno dei capitoli del Recovery Plan dell’Italia». Il capogruppo del Movimento 5 stelle alla Camera, Davide Crippa ha detto: «Che sia con la legge di Bilancio o con il Recovery Plan, dobbiamo dare tempi certi al paese sulla proroga».