Come saranno i prossimi Oscar
Mancano circa quattro mesi e certe cose ancora non si sanno, ma ci sono già abbastanza informazioni per provare a pensarci un po'
La cerimonia degli Oscar del 2020 è stata il 9 febbraio, quando ancora negli Stati Uniti il coronavirus sembrava una cosa relativamente lontana e potenzialmente piccola. La cerimonia del 2021 è stata posticipata a causa della pandemia e si terrà il 25 aprile: ne conosciamo le regole e possiamo ipotizzare alcuni dei film protagonisti; ma non sappiamo come e con quali precauzioni sarà organizzata e, soprattutto, quanto la pandemia ne influenzerà gli esiti. Di certo, qualcosa cambierà: «preparatevi ai più strani Oscar di sempre» ha scritto Vulture.
Date e regole
In condizioni normali, gli Oscar del 2021 sarebbero stati il 28 febbraio e nei cinema statunitensi sarebbero già usciti molti film che tra meno di un mese sarebbero finiti nelle nomination. Ma a giugno, come detto, si decise che gli Oscar sarebbero stati spostati di un paio di mesi, nella speranza che per allora fosse possibile usare come sempre negli ultimi anni il Dolby Theatre di Los Angeles, che può contenere oltre tremila persone. A dire il vero, non è la prima volta che gli Oscar vengono posticipati: successe nel 1938 per via delle intense piogge a Los Angeles, nel 1968 in conseguenza dell’assassinio di Martin Luther King e nel 1981 dopo un tentato assassinio dell’allora presidente (ed ex attore) Ronald Reagan. Ma non c’era di mezzo una pandemia.
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Dato che a giugno era già chiaro che il 2020 sarebbe stato un anno assai peculiare per le uscite cinematografiche, fu poi deciso di considerare “film del 2020” anche quelli usciti fino al 28 febbraio 2021. Anche questo ha un precedente: la candidatura di film usciti in due diversi anni solari si verificò già nel 1934, perché l’Academy aveva necessità di sistemare alcuni problemi di calendario.
Per questa edizione si è soprattutto deciso di rendere molto più larghe le maglie da cui passare per candidare un film ai premi principali. In breve, fino a un anno fa serviva avere un certo numero di giorni di programmazione in qualche cinema dalle parti di Los Angeles; quest’anno basterà invece dimostrare che si sarebbe voluto far uscire quel film (ma non si è potuto) o che lo si è fatto uscire in qualche cinema (anche drive-in, anche per poco) in una delle principali aree metropolitane degli Stati Uniti.
Sempre a proposito di regole, non saranno tenuti troppo in conto i requisiti di inclusione dei film decisi a settembre, che entreranno in vigore davvero solo dal 2024 (e che anche in quel caso cambieranno a ben vedere poche cose in termini pratici).
Candidature, premi e conduzione
Tra le cose certe c’è che l’annuncio delle candidature sarà fatto il 15 marzo e che anche gli altri premi che precedono gli Oscar sono stati spostati (nel caso dei Golden Globe al 28 febbraio). Sappiamo inoltre che dagli Oscar del 2021 i premi per il “miglior sonoro” e per il “miglior montaggio sonoro” (spesso assegnati allo stesso film) saranno finalmente accorpati in un unico premio, cosa che porterà le categorie premiate da 24 a 23, accorcerà un poco la cerimonia e renderà felice chiunque puntualmente si confondeva tra “sound mixing” e “sound editing”.
Non ci sono ancora informazioni, invece, su chi condurrà la cerimonia e su come sarà fatta: c’è chi ipotizza premiazioni in presenza (quindi con diverse decine di persone – alcune delle quali non certo giovanissime – nello stesso posto) e chi parla invece di premiazioni a distanza. Da qualche giorno sappiamo però che tra i produttori della cerimonia (quindi tra le persone che si occuperanno di pensarne e prepararne tempi, spazi e dinamiche) ci sarà il regista Steven Soderbergh.
È possibile – secondo molti pure auspicabile – che dopo anni di lunghe e sempre meno seguite cerimonie, l’Academy possa provare a sfruttare a suo vantaggio l’insolito contesto per fare qualcosa di nuovo e possibilmente diverso da un susseguirsi di nomi, consegne di statuette e più o meno lunghe o originali perifrasi per dire “grazie”, “sono felice di aver vinto” e poi anche “è stato un anno di grandi film”.
Appunto, e i film?
Già due anni fa Netflix era andata molto vicina all’Oscar con il suo Roma (uscito anche nei cinema, ma pensato per arrivare quasi subito online) e già nel 2019 negli Stati Uniti erano stati venduti meno biglietti di cinema per persona rispetto ai precedenti 92 anni, ma nulla rende l’idea di quanto strano e diverso sia stato il 2020 più del fatto che il film più visto al mondo nel 2020 sia stato (grazie ai suoi incassi in Cina) il dramma storico cinese Ba bai.
Molti film che erano stati previsti per il 2020 usciranno dopo gli Oscar del 2021 e quindi, nel caso, concorreranno per gli Oscar del 2022 (probabilmente molto affollati e contesi, viste le tante uscite che si stanno accumulando per i prossimi mesi). Diversi altri, però, sono comunque usciti o usciranno: a volte quasi solo in streaming, come succederà per il film Disney Soul, altre in forma mista (sia in streaming che nei cinema) come è nei piani per Wonder Woman 1984.
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Se è di certo difficile dire cosa ne sarà dei cinema dopo questa rivoluzione – c’è chi sostiene che tornare alle vecchie abitudini e modalità sarà come «cercare di rimettere il dentifricio nel tubetto» – non ci sono dubbi che a marzo, quando saranno annunciate le nomination, non mancheranno di certo i film, nemmeno i film di un certo valore e con una buona fama. Secondo i più importanti siti statunitensi del settore, tra gli attuali favoriti per il miglior film ci sono al momento, tra gli altri: Mank, Il processo ai Chicago 7 e Ma Rainey’s Black Bottom (tutti e tre di Netflix), Nomadland (vincitore del Leone d’oro a Venezia), Notizie dal mondo (un western con Tom Hanks), The Father (con un apprezzatissimo Anthony Hopkins) o One Night in Miami… (il primo diretto da Regina King).
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In molti casi si tratta di nomi che già si facevano diversi mesi fa, seppur con tutti i “se” e gli asterischi del caso. A prescindere dai gusti, insomma, anche in un anno senza pandemia nessuno si sarebbe scandalizzato troppo per una vittoria di uno dei film del paragrafo precedente; comunque non più di quanto qualcuno fece dopo la vittoria, due anni fa, di Green Book.
Oppure, come successo un anno fa con Parasite, finirà che a vincere sarà un film che solo qualche mese prima conoscevano in pochi: quest’anno, secondo molti, potrebbe succedere con Minari, sulla storia di una famiglia coreano-americana in Arkansas.
È vero, ci sono un po’ di film che sarebbero potuti essere della partita a questi Oscar e che invece lo saranno eventualmente ai prossimi: per esempio Dune, West Side Story, In the Heights o Nightmare Alley, posticipati per via della pandemia. Ma è altrettanto vero che il mazzo da cui i votanti per l’Oscar (diverse migliaia di “addetti ai lavori” del cinema) potranno pescare i loro film sarà comunque ampio e di valore.
I film, quindi, non mancheranno. Il problema, però, è che senza tutti i festival, gli eventi, i riti e i dati dai botteghini che precedono gli Oscar, sarà difficile farsi un’idea di chi potrebbe essere favorito. E, cosa ancora più importante, sarà complicato per chi ha prodotto un film e vuole provare a farlo vincere, capire come muoversi. Non si potranno organizzare cene, gala e grandi proiezioni, non si potrà dare modo a registi e attori di fare lunghi incontri in cui presentare i propri film e far parlare registi come Guillermo del Toro o Bong Joon-ho della loro passione per il cinema. Non si potrà capire quanto e come si emozionano certi spettatori vedendo un film drammatico in una sala piena o quanto tempo decidono di applaudirlo. Possono sembrare cose da poco, ma la campagna promozionale per vincere un Oscar è fatta anche di queste cose. Se come sembra dovessero mancare, ci si dovrà ingegnare facendo altro, soprattutto online.
Per di più, gli Oscar del 2021 – che arriveranno circa un centinaio di giorni dopo l’insediamento di Joe Biden e mentre è probabile che saranno a pieno regime le campagne di vaccinazione contro il coronavirus – saranno i primi dopo quattro anni di presidenza di Donald Trump, i primi a dover davvero pensare alla pandemia e anche i primi dopo le grandi proteste statunitensi contro le violenze della polizia sui neri.
C’è chi si aspetta una particolare attenzione a film che trattano tematiche sociali e magari a film diretti da qualcuno che non sia un regista bianco e statunitense (in questo caso i nomi da segnarsi sono quelli di Chloé Zhao e Regina King). C’è chi pensa addirittura che, visto l’anno particolare, potrebbe essere premiato un documentario, magari su qualche drammatica vicenda degli ultimi mesi e anni, e chi invece ritiene che – magari spinti dall’ottimismo per un nuovo presidente e una possibile uscita dalla pandemia – i votanti potrebbero premiare qualche film allegro, quasi spensierato.
In termini un po’ più pratici, invece, anche quest’anno si dice che potrebbe essere l’anno buono per il primo Oscar per il miglior film a un film di Netflix, in un anno in cui l’azienda potrebbe superare un record della MGM, che resiste da 85 anni, sul numero di film della stessa casa di produzione candidati come miglior film. Tra i tanti, comunque, il migliore indiziato sembra essere Mank: un film tecnicamente curato, in bianco e nero, diretto da un regista apprezzato, con un protagonista assai stimato e con una trama che parla del cinema che fu: una cosa che in genere piace molto a chi lavora nel cinema e vota per assegnare gli Oscar. E un film che parla di Quarto Potere: uno dei più grandi film di sempre, che però non vinse l’Oscar per il miglior film.
Ma è molto presto per fare previsioni, e troppe cose possono cambiare. E poi: un conto è parlare di film in generale; un altro è vedere tutte le nomination e provare a capire a quel punto quale film potrebbe vincere quali premi e quale, invece, potrebbe puntare al più importante. E poi, almeno in teoria, è pur sempre una complicata e personalissima questione di somma tra i gusti e le opinioni di qualche migliaio di votanti.