Brexit ha un’ennesima nuova scadenza
Ursula von der Leyen e Boris Johnson cercheranno un compromesso sul nuovo accordo commerciale entro domenica 13
Mercoledì sera la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il primo ministro britannico Boris Johnson si sono incontrati a Bruxelles per cercare di risolvere lo stallo nei negoziati sul nuovo accordo commerciale fra Regno Unito e Unione Europea che dovrebbe entrare in vigore a partire dall’1 gennaio 2021, quando il Regno Unito uscirà definitivamente dall’Unione.
Le trattative sono più o meno ferme ormai da mesi, e l’incontro di mercoledì serviva per capire se ci fossero i margini per proseguirle. Al termine dell’incontro, durato circa tre ore, i due leader hanno fatto sapere che daranno tempo ai propri negoziatori fino a domenica 13 dicembre per cercare di trovare un accordo. «Alla fine del weekend prenderemo una decisione», ha detto von der Leyen.
Dalle informazioni che emergono, la discussione non è stata molto produttiva. In un comunicato stampa il governo britannico ha fatto sapere che la conversazione è stata «franca» – un’espressione diplomatica per dire che è stata agitata – e che alla fine rimangono «rilevanti differenze di vedute fra le due parti». «È difficile immaginare cosa potrebbe cambiare da qui a domenica per modificare l’equazione», ha detto una fonte diplomatica europea al Financial Times.
Un ulteriore segnale che l’incontro sia servito a poco è il fatto che von der Leyen e Johnson non abbiamo diffuso un comunicato congiunto, come invece hanno fatto diverse altre volte in casi del genere e anche quattro giorni fa, al termine della telefonata in cui fu deciso di tenere l’incontro di ieri. Nel suo comunicato, il governo britannico sembra presagire il fallimento dei prossimi negoziati: «il primo ministro è determinato a sperimentare ogni soluzione per trovare un accordo giusto, ma ogni compromesso deve rispettare l’indipendenza e la sovranità britannica».
I punti su cui rimane la distanza sono tre, gli stessi da mesi: il cosiddetto level playing field, cioè gli standard che il Regno Unito non potrà abbassare nella speranza di attirare investimenti stranieri e fare concorrenza sleale all’Unione Europea, il meccanismo di risoluzione delle controversie e l’accesso alle acque britanniche dei pescatori europei. Sembra che il più difficile da risolvere sia il primo: i negoziatori europei hanno chiesto al Regno Unito di introdurre una clausola che obblighi il paese a mantenere aggiornati i propri standard ambientali e lavorativi, ma i negoziatori britannici accusano l’Unione Europea di voler mantenere il Regno Unito completamente allineato agli standard europei.
Un eventuale accordo sembra sempre più lontano anche per via di altri fattori. Soprattutto il tempo: qualsiasi accordo dev’essere esaminato dallo staff legale delle due parti e approvato formalmente dal Parlamento Europeo in seduta plenaria. Secondo alcuni esperti dovrebbe inoltre passare da tutti i parlamenti nazionali, come già accaduto in passato per altri accordi commerciali di grandi dimensioni, come per esempio il CETA pattuito col Canada. Ieri il primo ministro della Vallonia, una delle entità in cui è suddiviso il Belgio, durante la plenaria del Comitato delle Regioni ha già minacciato di chiedere al suo parlamento di respingere l’accordo se «supererà la linea rossa stabilita dal mio governo».
Non è chiaro se la scadenza di domenica sarà davvero l’ultima: nei giorni scorsi diversi altri diplomatici hanno detto che prima di abbandonare le trattativa bisognerebbe aspettare fino all’ultimo minuto disponibile, cioè di fatto fino al 31 dicembre. Anche i leader più inclini a trovare un accordo, però, sembrano sempre meno disposti a trovare un compromesso a ogni costo. «Se dal Regno Unito chiedono condizioni che non possiamo accettare, andremo per la nostra strada», ha detto ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Nel frattempo la Commissione Europea dovrebbe pubblicare già oggi – probabilmente prima dell’inizio del Consiglio Europeo fissato per le 13, scrive Politico – i piani aggiornati per gestire un eventuale no deal.