Il vaccino di Pfizer-BioNTech offre una forte protezione già dopo la prima dose
Che si rafforza ulteriormente con la seconda dose, senza particolari differenze in base al genere e all'età, dicono i nuovi documenti per l'approvazione negli Stati Uniti
La Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa che si occupa di farmaci negli Stati Uniti, ha pubblicato una serie di documenti nei quali viene segnalato come il vaccino di Pfizer-BioNTech fornisca una “marcata protezione” contro il coronavirus, a dieci giorni dalla somministrazione della prima delle due dosi previste per la vaccinazione. La documentazione è stata diffusa dalla FDA in vista dell’incontro di giovedì 10 dicembre del suo gruppo consultivo che si occupa di vaccini, e che dovrà fornire all’agenzia un proprio parere per l’eventuale autorizzazione di emergenza del vaccino.
I documenti disponibili comprendono un centinaio di pagine di dati e analisi forniti sia da Pfizer-BioNTech sia dai tecnici della FDA. Il vaccino è stato di recente autorizzato nel Regno Unito, dove martedì sono state avviate le prime vaccinazioni (seppure su un numero limitato di individui), e a novembre le due aziende avevano indicato un’efficacia del 95 per cento della loro soluzione al ricevimento della seconda dose del vaccino (a distanza di 3-4 settimane dalla prima), sulla base dei dati dell’ultimo test clinico (su 3) condotto su circa 44mila volontari. Le analisi diffuse prima della riunione del gruppo consultivo mostrano che il vaccino offre una protezione in tempi rapidi.
L’efficacia del vaccino dopo la prima dose è del 52 per cento circa, di poco superiore alla soglia minima del 50 per cento indicata da FDA per definire utili i vaccini sperimentali contro il coronavirus. Dopo la seconda dose, il livello di efficacia raggiunge il 95 per cento, un risultato molto al di sopra delle aspettative e che era già stato ampiamente commentato a fine novembre, quando lo avevano annunciato Pfizer-BioNTech.
Le nuove analisi sono basate sui dati raccolti nei test clinici condotti dalle due aziende, che nella loro fase finale hanno interessato circa 44mila volontari tra Stati Uniti, Brasile e Argentina. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: il primo ha ricevuto le due dosi del vaccino a distanza di qualche settimana una dall’altra, mentre il secondo ha ricevuto una sostanza che non fa nulla (placebo). La sperimentazione è stata avviata a luglio e i ricercatori hanno atteso che emergessero i primi casi di COVID-19 nei due gruppi, per verificare se ci fossero differenze tra i vaccinati e i volontari con placebo.
A dieci giorni dalla somministrazione della prima dose, l’incidenza di nuovi casi di COVID-19 nel gruppo dei vaccinati è diminuita sensibilmente, mentre è continuata a crescere tra i volontari che avevano ricevuto un placebo. La differenza è diventata ancora più evidente dopo la somministrazione della seconda dose.
I dati resi pubblici dalla FDA mostrano inoltre che il vaccino protegge allo stesso modo fasce diverse della popolazione, eventualità sulla quale erano stati sollevati dubbi nei mesi scorsi. Il livello di efficacia si è mantenuto alto a prescindere dal genere e dalla provenienza geografica dei volontari. Il vaccino si è inoltre rivelato efficace sia nei giovani sia negli anziani, categoria ritenuta più a rischio nel caso si sviluppino sintomi gravi dovuti alla COVID-19. Il vaccino offre inoltre protezione negli individui con altri problemi di salute, comprese le persone obese e ad alto rischio di sviluppare sintomi gravi, che in alcuni casi si possono rivelare letali.
La documentazione fornisce inoltre informazioni sulla sicurezza del vaccino, esplorata soprattutto nelle prime due fasi dei test clinici, e che ha poi ricevuto qualche attenzione in meno nei racconti sui media, concentrati per lo più sull’efficacia. Le analisi svolte dalla FDA non hanno portato a rilevare particolari problemi, confrontando il gruppo dei volontari vaccinati con quello che aveva ricevuto il placebo.
I documenti forniti all’agenzia da Pfizer-BioNTech indicano che diversi volontari hanno segnalato qualche segno di malessere temporaneo nelle ore dopo la somministrazione della seconda dose. Nella fascia tra i 16 e i 55 anni, più della metà ha indicato una sensazione di affaticamento e mal di testa; un terzo ha segnalato di avere i brividi e il 37 per cento di avere dolori muscolari. Tra gli over 55, circa la metà ha detto di avvertire un certo affaticamento, un terzo mal di testa e/o dolori muscolari e un quarto i brividi.
Gli effetti avversi sono stati temporanei e si sono risolti nella maggior parte dei casi a un giorno di distanza dal ricevimento della seconda dose. Altri vaccini impiegati da tempo contro diverse malattie causano effetti transitori di questo tipo, e non costituiscono quindi una preoccupazione per quanto riguarda il nuovo vaccino. Alcuni medici ritengono che alla somministrazione della seconda dose potrebbe essere associato un giorno di malattia per i lavoratori, in modo da ridurre i rischi e incentivare il completamento della vaccinazione.
La FDA, come la sua controparte europea (EMA), in questi mesi ha intensificato gli sforzi per analizzare quanti più dati possibili sui vaccini sperimentali contro il coronavirus, man mano che le aziende farmaceutiche e i centri di ricerca ne fornivano di nuovi. In questo modo è stato possibile ridurre i tempi tecnici, amministrativi e burocratici che spesso comportano un rallentamento nell’approvazione dei vaccini, e più in generale dei nuovi farmaci.
Il gruppo consultivo della FDA sta analizzando la documentazione e domani, giovedì 10 dicembre, voterà per decidere se raccomandare o meno l’autorizzazione di emergenza per il vaccino di Pfizer-BioNTech. Considerate le analisi e i risultati il voto si preannuncia favorevole, e dovrebbe spingere l’FDA a sciogliere le ultime riserve e ad autorizzare l’impiego del vaccino. I test clinici intanto continueranno a essere mantenuti, per raccogliere altri dati preziosi sia sulla sicurezza e l’efficacia, sia sulla capacità o meno del vaccino di offrire una copertura adeguata nel medio-lungo periodo. L’autorizzazione potrebbe essere concessa a giorni, seguita da una decisione analoga da parte della Commissione europea, sulla base delle analisi condotte dall’Agenzia europea per i medicinali.