La Bulgaria è nel pieno della prima ondata
Dopo essere uscita quasi indenne dall'epidemia in primavera, ora sta avendo più morti per abitante di quasi tutti gli altri paesi al mondo
Nelle ultime due settimane la Bulgaria è stata uno dei paesi con il più alto numero di morti legati alla COVID-19 al mondo in rapporto alla popolazione, seconda in Europa soltanto alla Slovenia, e il ritardo con cui è stata gestita la seconda ondata dell’epidemia lascia ipotizzare che la situazione già grave potrebbe ancora peggiorare. In media, negli ultimi 14 giorni in Bulgaria sono morte 27,7 persone ogni 100mila abitanti per il coronavirus: poco meno della Slovenia, con 28,6, ma molte di più di quelle di altri paesi tra i più colpiti, come Italia, Belgio e Stati Uniti.
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Dall’inizio dell’epidemia al 7 dicembre, in Bulgaria sono morte 5.010 persone per cause riconducibili alla COVID-19 e le persone contagiate sono state oltre 164mila. Ma questi numeri non sono cresciuti stabilmente: il grosso è successo nelle ultime settimane. Già da metà novembre si era vista una crescita preoccupante dei contagi, con una percentuale di tamponi positivi giornaliera sempre tra il 30 e il 44 per cento (in Italia non siamo mai saliti oltre il 20), ma il governo ha imposto nuove misure restrittive solo il 27 novembre, con la chiusura di scuole, università, bar e ristoranti fino al 21 dicembre. Prima di vedere eventuali effetti di queste recenti decisioni ci vorrà quindi del tempo, durante il quale i numeri potrebbero anche peggiorare.
Si parla di effetti eventuali perché nel paese in questo momento non c’è un vero lockdown: con le misure sono stati chiusi i negozi nei centri commerciali (tranne farmacie, banche e supermercati) ma i grandi negozi fuori dai centri commerciali sono rimasti aperti. Nel paese hanno cominciato a girare foto delle folle che si formavano nei luoghi ancora aperti, e l’ispettore capo della Sanità Angel Kunchev ha minacciato di chiudere tutti i negozi.
Il governo, riporta Politico, ha spiegato l’alto tasso di mortalità con la povertà diffusa nel paese (la Bulgaria è spesso citata come il membro più povero dell’Unione Europea) e alle sue conseguenze sulla salute degli abitanti. Ma ha negato che le misure restrittive siano state prese troppo tardi, dicendo di averlo fatto quando i contagi hanno raggiunto i 600 ogni 100 mila abitanti, in linea con quello che avevano fatto altri paesi.
Il problema, rispetto ad altri paesi, sono le gravi carenze del sistema sanitario bulgaro, del tutto impreparato ad affrontare un evento come la pandemia per mezzi a disposizione (ospedali e posti letto) e numero di medici e infermieri. Molti di quelli giovani, appena usciti dalle università, cercano lavoro negli altri paesi dell’Unione in cui possono guadagnare di più. La Bulgaria è tra i paesi con il più basso numero di infermieri in Europa, 435 ogni 100 mila persone (l’Italia ne ha 574, l’Irlanda è quello che ne ha di più, 1.288). La scarsità di mezzi negli ospedali e l’alta età media del personale ha portato anche molti medici ad ammalarsi di COVID-19: 6 mila da inizio pandemia, di cui 2 mila attualmente positivi.
Una chiara manifestazione del sovraccarico del sistema sanitario in Bulgaria è avvenuta il mese scorso, quando due uomini sono morti a Plovdiv, la seconda città del paese, nell’attesa di essere ammessi in ospedale, dopo essere stati trasferiti da un’altra struttura piena. Ha fatto discutere perché dei due uomini era stato girato un video da un telefono, mentre aspettavano per le scale dell’ospedale, uno accanto all’altro con le bombole d’ossigeno.
Per capire come si sia arrivati a questo punto, e perché la preparazione alla seconda ondata fosse così in ritardo, bisogna tornare indietro almeno alla primavera. Come spiega il Courrier des Balkans, la Bulgaria non ha conosciuto realmente il coronavirus fino all’autunno. Il 13 marzo nel paese era già stato deciso un lockdown (con sanzioni severe) in reazione alla situazione negli altri stati, ma senza che ci fossero ancora molti contagi. Ha funzionato, perché a maggio in Bulgaria c’erano stati in tutto circa 1.500 contagi (oggi, come detto, sono 164 mila). Usciti dal lockdown senza troppa paura del virus, i bulgari si sono concentrati su altro.
In estate era scoppiata una grande protesta contro il governo del primo ministro Bojko Borissov dopo un video di denuncia di un membro dell’opposizione, Hristo Ivanov, europeista e anticorruzione. Contro il primo ministro si era schierato anche il presidente del paese Rumen Radev, anche lui di un partito di opposizione, riaccendendo un vecchio scontro tra i due che continua ancora adesso. A marzo dell’anno prossimo ci saranno le elezioni parlamentari.
Ruzha Smilova, docente di Scienze Politiche all’università di Sofia, ha detto a Politico che «Borissov aveva paura di introdurre restrizioni più dure che potessero danneggiare le sue possibilità di vittoria alle elezioni in primavera», contribuendo al ritardo delle ultime misure. Inoltre secondo i sondaggi la Bulgaria è uno dei paesi con la più alta percentuale di persone scettiche sulla pericolosità del virus, forse anche in conseguenza della leggerezza della prima ondata. Secondo un sondaggio di novembre, il 17 per cento dei bulgari crede che il coronavirus non esista.
Il ministro della Salute Kostadin Angelov ha detto che sarà necessaria una grande campagna di informazione per convincere le persone a vaccinarsi e che il vaccino sarà gratuito per tutti, con la priorità delle prime dosi ai medici, di cui saranno preparate le liste già entro giovedì 10 dicembre. Dall’Unione Europea la Bulgaria dovrebbe ricevere 12-13 milioni di dosi di vaccino.
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