C’è una novità nell’e-commerce del lusso
Una piattaforma che sta provando a dominare il settore, espandendosi in Cina e cercando di battere la concorrenza di Amazon
Contrariamente ad altri settori – l’alberghiero con Booking o il mercato della musica con Spotify – quello dell’abbigliamento di lusso non ha una piattaforma dominante nelle vendite online: il panorama è frammentato tra molti rivenditori su internet, chiamati e-tailer, e finora nessuno è riuscito a imporsi. Le cose però potrebbero cambiare in seguito alla crisi causata dal coronavirus, che ha accelerato la crescita delle vendite online in un mondo che finora si era dimostrato sempre restio e che ha fatto emergere un possibile vincitore.
Comprare in una boutique fisica, nel quartiere rinomato di una città, tra le premure dei commessi, è sempre stato un pezzo del piacere degli acquisti di lusso; per lo stesso motivo, oltre che per le difficoltà tecniche e logistiche, le aziende di moda hanno tardato ad avviare il proprio e-commerce e hanno sempre evitato di rivendere su Amazon per non annacquare il marchio e per non favorire il proliferare di prodotti contraffatti. La chiusura dei negozi monomarca e delle boutique negli ultimi mesi ha però costretto i clienti a fare acquisti online e molti, ormai abituatisi, continueranno probabilmente a farlo anche dopo la pandemia. Inoltre, a causa delle restrizioni agli spostamenti molti compratori asiatici e soprattutto cinesi – tra i principali acquirenti del lusso – non hanno potuto fare acquisti all’estero o negli aeroporti, come di consueto, e si sono riversati sulle piattaforme online.
Secondo una ricerca di metà novembre della società di analisi Bain & Company, nel 2020 (che dal punto di vista fiscale si è chiuso il 30 settembre) gli acquisti online del lusso sono stati pari a 58 miliardi di dollari contro i 39 miliardi di dollari del 2019: le vendite sono passate dal 12 al 23 per cento del totale, quasi il doppio. Nonostante questo, le vendite complessive del settore sono diminuite – per la prima volta dal 2009 – del 23 per cento, per un totale di più di 250 miliardi di dollari.
Negli ultimi dieci anni, l’e-commerce del lusso occidentale è stato diviso dalla rivalità tra Farfetch e Yoox Net-a-Porter (YNAP). Farfetch è stata fondata nel 2007 a Londra dall’imprenditore portoghese José Neves, e ora rivende i prodotti di oltre 700 negozi e aziende di moda in 180 paesi al mondo. Yoox Net-a-Porter è nato nel 2015 dalla fusione di due rivenditori online di successo – YOOX, fondato a Casalecchio di Reno (Bologna) nel 2000 da Federico Marchetti, e Net-a-Porter, fondato nello stesso anno a Londra da Natalie Massenet – e acquistato nel 2018 dal gruppo svizzero Richemont, guidato dal sudafricano Johann Rupert.
La vittoria di Farfetch è però facilmente testimoniata dalla decisione di Richemont di investire insieme ad Alibaba, la più grande società cinese di e-commerce, 1,1 miliardi di dollari in Farfetch, suo concorrente. In particolare, Alibaba e Richemont investiranno 300 milioni a testa, a cui si aggiungono 250 milioni di dollari ciascuno per una nuova joint venture, Farfetch China, di cui possederanno il 25 per cento delle quote, che potranno aumentare del 24 per cento nei prossimi tre anni. Farfetch aprirà alcuni negozi su Tmall Luxury Pavilion, la piattaforma del lusso di Alibaba, raggiungendo così il mercato asiatico. Negli stessi giorni anche Kering, il gruppo di proprietà della famiglia Pinault – che possiede, tra gli altri, Gucci, Saint Laurent e Balenciaga – ha aumentato la sua partecipazione in Farfetch di 50 milioni di dollari attraverso il suo fondo di investimenti Artémis, che aveva già investito nella piattaforma nel 2018.
Farfetch è uscito rafforzato dal 2020: nel secondo trimestre dell’anno le vendite sono state pari a 721 milioni di dollari, il 48 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con profitti per 365 milioni di dollari; in questo periodo più di 500mila nuovi clienti hanno acquistato qualcosa, aumentando il traffico sul sito del 60 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo e nel terzo trimestre ha attirato 900mila nuovi clienti, senza bisogno di fare grossi sconti per coprire le perdite e sbarazzarsi dell’invenduto, come altri suoi rivali, anche perché il suo modello, quello del marketplace, si è rivelato il migliore per affrontare il momento. Anziché acquistare i prodotti all’ingrosso e rivenderli, Farfetch fa da tramite tra venditori e clienti, allo stesso modo di Uber, Deliveroo e Aribnb. In questo modo è riuscita a garantire l’approvvigionamento delle merci, mentre altri rivenditori si bloccavano per le difficoltà logistiche causate dalla pandemia. Neves ha detto che, per la prima volta, l’azienda farà profitti nell’ultimo trimestre del 2020 e continuerà a farli per tutto il 2021.
Farfetch è stato inoltre abile ad andare incontro alle esigenze delle aziende del lusso, che hanno capito da poco l’importanza delle vendite online e stanno cercando di riprenderne il controllo. Louis Vuitton, Chanel, Dior e Hermès non si appoggiano a rivenditori online e altri marchi stanno riducendo le collaborazioni per riprendere il controllo sui prezzi, sulla presentazione e sui modelli in vendita dei loro prodotti. Farfetch però permette ai grossi marchi di gestire in modo diretto la propria vetrina sulla piattaforma, decidendo quali prodotti vendere e a che costo, e questo ha convinto Prada, Fendi, Gucci e Burberry a continuare a usarla. Nella sua crescita, infine, Farfetch è stato favorito anche dall’acquisto, nel 2019 per 675 milioni di dollari, di New Guards Group, l’azienda fondata nel 2015 da Claudio Antonioli, Davide De Giglio e Marcelo Burlon, che produce e distribuisce marchi di streetwear (il modo di vestire ispirato a quello di rapper e skater) come Off-White e Palm Angels.
Yoox Net-a-Porter sembrerebbe il perdente della situazione, visto che il suo stesso proprietario, Richemont, ha puntato sul gruppo rivale. Alcuni analisti però sottolineano che l’obiettivo ultimo di Richemont potrebbe essere la fusione dei due gruppi, ricordando anche l’ambizione del suo presidente Rupert di costituire un grande rivenditore del lusso comune: aveva già provato a farlo nel 2015, quando a una conferenza stampa a Monte Carlo aveva invitato i Pinault e Bernard Arnault – presidente di LVMH, il gruppo del lusso francese che possiede tra gli altri Louis Vuitton – a mettere da parte le rivalità e fondare un rivenditore dalla proprietà condivisa. Per ora sulla fusione di Farfetch e Yoox Net-a-Porter ci sono solo voci ma la prospettiva preoccupa soprattutto il più grande rivenditore online occidentale: Amazon.
Da tempo Amazon sta cercando di sbarcare nel mondo del lusso ma ha sempre incontrato difficoltà e diffidenza da parte dei clienti e dei grandi marchi, che lo considerano dozzinale e troppo poco attento nell’impedire la circolazione di merce contraffatta. Durante la crisi, tra maggio e ottobre, aveva offerto delle vetrine ad alcuni stilisti emergenti, che non avevano più un posto dove vendere i propri prodotti per la chiusura dei negozi fisici e non avevano un proprio e-commerce. Una volta terminato il programma, Amazon aveva proposto agli stilisti di continuare a vendere sulla piattaforma, ma alcuni di loro hanno preferito evitare, come ha raccontato il New York Times. A novembre Amazon ha anche aperto la app Luxury Stores, al momento riservata a 150 milioni di utenti di Amazon Prime negli Stati Uniti: è il suo tentativo di collaborare con i marchi di lusso e attirarne i clienti, e per farlo consente a ogni marchio di gestire con molta indipendenza il proprio negozio online. Il primo della collaborazione è Oscar De La Renta, ne arriveranno altri entro i primi mesi dell’anno prossimo.
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Gli investimenti su Farfetch, la chiacchierata fusione con Yoox Net-a-Porter e la reale collaborazione con Alibaba per farsi strada nel mercato cinese mostrano tuttavia la volontà di battere Amazon, almeno nel settore del lusso. È anche vero, ricorda il sito di moda Business of Fashion, che restano in gioco l’interesse dei grandi marchi di sviluppare interamente il proprio e-commerce e alcuni piccoli rivenditori che hanno successo perché riescono a riproporre online l’esperienza degli acquisti di lusso. Spicca in particolare il tedesco MyTheresa, che è andato così bene durante la crisi da aver presentato un’offerta pubblica iniziale alla Borsa statunitense: è valutato tra 1 e 1,5 miliardi di dollari. MyTheresa ha risolto, nel suo piccolo, l’ostacolo più difficile di queste piattaforme: attirare clienti, convincendoli ad acquistare proprio da loro lo stesso oggetto che trovano più o meno allo stesso prezzo ovunque. L’ha fatto lavorando sulla presentazione dei prodotti e sul servizio ai clienti, ricreando l’impressione di entrare in una curata e selettiva boutique di lusso.