Come è andata con gli animali domestici durante la pandemia
I dati dicono che le vendite e le adozioni degli animali da compagnia sono aumentate, ma la crisi economica sta creando problemi
Negli ultimi mesi in alcuni paesi è stato osservato un aumento della richiesta di animali domestici, una cosa che può essere collegata sia al desiderio di accogliere in casa cani, gatti o altri animali, sia al fatto di poterlo fare con più tranquillità per via dei lunghi periodi che si trascorrono in casa a causa della pandemia da coronavirus. I dati raccolti in questi mesi dicono che anche in Italia c’è stato un aumento del numero di animali da compagnia, anche se sempre più famiglie hanno difficoltà nel far fronte alle spese per il loro mantenimento e pertanto si rischia di andare incontro anche a molti abbandoni.
Secondo il rapporto Coop 2020, che ha analizzato le nuove abitudini diffuse durante la pandemia in Italia, 3,5 milioni di italiani avrebbero preso con sé un animale da compagnia durante o dopo il primo lockdown, e altri 4,3 milioni starebbero pensando di farlo a breve. Del cosiddetto “effetto pandemia” si è occupata anche l’Associazione nazionale medici veterinari (ANMVI), che ha avviato una consultazione a cui ha risposto un campione di 808 veterinari per confrontare i comportamenti di oggi con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso e quelli della “Fase 1” della pandemia da coronavirus.
Quasi il 40 per cento dei medici intervistati ha osservato un aumento di nuovi pazienti dopo il primo lockdown, cioè ha assistito animali che erano stati introdotti nelle famiglie tramite acquisto o adozioni, in particolare cani. Confrontando il periodo giugno-agosto 2020 con gli stessi mesi del 2019 la maggior parte dei medici che hanno partecipato alla consultazione ha detto che c’è stata una ripresa dell’attività, ma meno del 25 per cento di loro ha segnalato un aumento delle prestazioni. Secondo ANMVI «un po’ di effetto pandemia c’è stato, ma non è così clamoroso come sperano gli osservatori del mercato».
Il Rapporto Italia 2020 di Eurispes, che ogni anno elabora una serie di analisi su varie tematiche svolte attraverso interviste a un campione della popolazione italiana, ha evidenziato che attualmente il 39,5 cento delle famiglie italiane vive con animali da compagnia: il 20,7 per cento degli italiani che hanno animali ne ha uno e il 18,8 per cento più di uno. La maggior parte delle persone ha cani e gatti, e poi seguono uccelli, pesci e tartarughe, più altri animali come conigli, tartarughe e rettili.
Rispetto al 2019, quando il 33,6 per cento degli italiani aveva un animale domestico, c’è stato un aumento del 5,9 per cento: la percentuale è calata dopo il picco del 2016, quando il 43,3 per cento del campione intervistato aveva un animale, ed è tornata a crescere a partire dal 2018. Tra i nuovi padroni di animali ci sono sempre più spesso genitori single e persone che vivono da sole, sia giovani che anziane.
L’aumento dell’interesse nei confronti degli animali da compagnia però è solo un lato della questione che riguarda più ampiamente il business degli animali e i suoi problemi.
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Da qualche anno il mercato della cosiddetta “pet economy” – ovvero tutto ciò che gira attorno agli animali domestici e ai prodotti a loro dedicati – è in stabile crescita, sia negli Stati Uniti che in Europa. Come ha evidenziato il rapporto Assalco-Zoomark 2020, realizzato dall’Associazione nazionale delle imprese per l’alimentazione e la cura degli animali da compagnia, le cose vanno bene anche in Italia: nel 2019 sono state vendute più di 556mila tonnellate di prodotti per animali per un giro d’affari di più di 2 miliardi di euro, con un incremento del fatturato del 2,8 per cento rispetto al 2018. Per dare l’idea, nel rapporto si dice anche che nelle case degli italiani ci sono in tutto più di 60 milioni di animali: uno per ogni cittadino.
Come ha segnalato LAV – una delle più importanti associazioni animaliste italiane – il problema è che se da un lato sono aumentate le vendite e le adozioni, con la pandemia da coronavirus diverse famiglie hanno avuto grosse difficoltà economiche nel mantenere i propri animali. A pesare non sono soltanto i costi indifferibili come quello per il cibo, ma anche quelli per le spese mediche, farmaci e vaccini; in più, ci sono i costi di accessori e giochi, quelli per la toeletta e quelli delle assicurazioni che coprono i danni procurati dagli animali domestici o del materiale didattico che spiega come curare meglio il proprio animale. Anche ANMVI ha segnalato il «timore diffuso di un generale impoverimento economico della clientela», che oltre a incidere sulla situazione degli animali potrebbe avere conseguenze anche sulla professione dei veterinari.
L’ultimo rapporto di Eurispes ha evidenziato che le persone sono più inclini a spendere meno per il mantenimento dei loro animali. Attualmente il 22,4 per cento delle persone che hanno animali spende meno di 30 euro al mese per il loro mantenimento, e il loro numero è in crescita. Rispetto al 2019 sono diminuite le persone che spendono da 51 a 100 euro e da 101 a 200 euro al mese e in totale le persone che spendono meno di 50 euro per il mantenimento mensile del loro animale sono il 55,2 per cento del campione intervistato: il 7,7 per cento in più rispetto all’anno scorso. Rispetto al 2018, invece, l’anno scorso erano aumentate sia le persone che spendevano tra i 51 e i 100 euro (+1,8 per cento), sia quelle che spendevano dai 101 ai 200 euro al mese (+6,4 per cento).
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Oltre alla questione dei costi, i dati che raccontano l’aumento degli animali da compagnia non tengono conto di un altro fenomeno che hanno invece osservato le associazioni che si occupano della salvaguardia degli animali domestici: di pari passo col nuovo interesse per le adozioni e l’acquisto degli animali, infatti, c’è il rischio che aumentino sia i maltrattamenti che gli abbandoni, e, di conseguenza, che si aggravi anche il fenomeno del randagismo.
Ilaria Innocenti, responsabile dell’area Animali familiari di LAV, ha spiegato che se da un lato la pandemia ha permesso a molte persone di imparare «a rivalutare e ad apprezzare la compagnia dell’animale» dall’altro c’è una grande «difficoltà anche psicologica» di chi si rende conto che non riesce più a prendersi cura dell’animale. A oggi non ci sono ancora dati precisi sugli abbandoni, ma le associazioni animaliste segnalano che quando si decide di prendere con sé un animale spesso ci si dimentica dell’impegno fisico e mentale oltre che di quello economico: animali come cani e gatti hanno anche bisogno di stancarsi a livello fisico e di essere coinvolti e allenati con esercizi che stimolino la loro concentrazione, la memoria e l’attenzione – aspetti che se non presidiati o presi alla leggera potrebbero contribuire ai nuovi abbandoni.
Uno degli altri problemi da tenere in considerazione è che la grande richiesta di cani e gatti potrebbe far vivacizzare il traffico illegale di cuccioli, che secondo i dati forniti dal ministero della Salute farebbe girare circa 300 milioni di euro l’anno e metterebbe sul mercato «animali in condizioni sanitarie critiche a un prezzo inferiore anche di 20 volte» rispetto a quello degli animali allevati nel rispetto delle norme sanitarie stabilite per legge. Da questo punto di vista, adottare un cucciolo da un canile o comprarlo da un allevatore è più costoso ma anche più sicuro rispetto ad acquistarlo su internet.
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Per contrastare la crisi economica che coinvolge le famiglie che hanno animali, le associazioni stanno intervenendo in altri due modi: sia attraverso raccolte fondi per sostenere le famiglie che hanno animali, sia proponendo l’introduzione di misure fiscali agevolate per chi ha un animale: per esempio un bonus una tantum per incentivare le cure veterinarie e l’iva agevolata su prodotti come le crocchette, o ancora una maggiore detraibilità per le spese mediche e una diversa regolamentazione dei farmaci veterinari.
A chi invece non se la sente di prendere con sé un animale le associazioni consigliano di diventare volontario e assistere gli animali presso i tanti canili e gattili che ci sono in tutta Italia, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione. In alternativa, si può optare per l’adozione a distanza, come quella promossa dall’iniziativa di LAV “Mi salvi chi può”, che con un contributo economico consente ai volontari di procurare cibo, giochi o qualsiasi altra cosa l’animale possa avere bisogno e permette loro di prendersi cura anche degli animali che per vari motivi non possono essere dati in adozione.