La «rivoluzione morale» di Rizieq Shihab
È tornato in Indonesia uno dei più radicali religiosi musulmani del paese, dopo un lungo autoesilio, con una proposta pericolosa
Il 10 novembre, quasi un mese fa, è tornato in Indonesia Rizieq Shihab, uno dei religiosi più noti e radicali del paese, dopo tre anni e mezzo di autoesilio in Arabia Saudita. Ad aspettarlo all’aeroporto internazionale di Giacarta, la capitale, c’erano decine di migliaia di persone, che si erano riunite violando le regole imposte dal governo per limitare la pandemia da coronavirus e provocando il ritardo e la cancellazione di decine di voli. L’accoglienza all’aeroporto è stata inaspettata, ma non sorprendente. Rizieq non è un personaggio qualunque in Indonesia, il più grande paese del mondo a maggioranza musulmana: nonostante gli ultimi anni passati lontano dal paese, il giornalista Richard Paddock lo ha definito «il nemico più temibile del presidente indonesiano Joko Widodo».
Per decenni, Rizieq ha attaccato il sistema democratico laico indonesiano grazie al gruppo che co-fondò alla fine degli anni Novanta, il Fronte dei difensori islamici (FPI), una sorta di milizia civile che doveva aiutare l’esercito a mantenere il controllo del paese dopo la fine della lunga dittatura di Suharto. Da allora, il FPI si è reso responsabile di moltissimi attacchi, contro bar, gruppi avversari ed eventi per i diritti delle persone omosessuali, tra gli altri.
Negli ultimi anni il gruppo si è progressivamente trasformato in un movimento sociale e politico sempre più influente, con l’obiettivo di sostenere la sharia, la legge islamica, e in grado di mobilitare centinaia di migliaia di persone (numeri significativi, anche se le due organizzazioni islamiche più grosse in Indonesia, Nahdlatul Ulama e Muhammadiyah, contano insieme circa 141 milioni di membri). Nei suoi sermoni, Rizieq ha sostenuto che l’Indonesia avrebbe dovuto essere unita sotto un solo dio, e che le persone di religione musulmana avrebbero dovuto imporre le proprie regole su tutti i gruppi minoritari.
Uno dei casi recenti più noti che hanno coinvolto il FPI è stato lo scandalo che nel 2016 portò alla condanna per blasfemia dell’allora governatore di Giacarta, Basuki Tjahaja Purnama, cristiano e alleato del presidente Joko. Durante un comizio tenuto a settembre di quell’anno, Basuki citò un passaggio del Corano che poi fu usato per produrre un video in cui sembrava che lo stesso Basuki dicesse che il Corano aveva ingannato i musulmani. Il video diventò virale e il FPI iniziò a organizzare grandi manifestazioni contro Basuki, alimentando l’odio verso di lui che già esisteva all’interno dei gruppi fondamentalisti islamici del paese.
Nonostante la sua crescente importanza negli ambienti politici nazionali, Rizieq decise di andarsene dall’Indonesia a causa della diffusione di alcuni suoi messaggi con contenuti sessuali espliciti diretti a una donna che non era sua moglie. Rizieq fu accusato del reato di pornografia – contenuto in una legge che lui stesso aveva sostenuto – e se ne andò in Arabia Saudita, dove rimase fino a metà novembre.
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Fin dal suo ritorno, Rizieq ha partecipato a diversi affollati eventi per presentare la sua «rivoluzione morale», come lui stesso l’ha definita, che ha l’obiettivo di spingere l’Indonesia sempre più verso una visione conservatrice dell’Islam (un processo che peraltro è già in atto da tempo). L’idea di Rizieq è che il governo indonesiano e il presidente Joko siano i responsabili della crisi che sta attraversando il paese, che a causa della pandemia è in recessione per la prima volta dalla fine degli anni Novanta: la sua proposta è quella di far prevalere le “persone morali”, che nella sua visione sono le persone che seguono le regole previste dalla sharia. Oggi in Indonesia c’è solo la provincia di Aceh, nel nordovest, che adotta la sharia; altre province hanno comunque integrato alcuni aspetti della legge islamica nelle proprie legislazioni, soprattutto a seguito della pressione di gruppi come il FPI.
Molti osservatori, comunque, non sono preoccupati solo per la campagna di «rivoluzione morale». Durante i comizi delle ultime settimane, tutti tenuti in violazione delle regole imposte dal governo per contenere l’epidemia da coronavirus, Rizieq ha usato toni estremamente violenti: per esempio ha sostenuto che decapitazioni come quella dell’insegnante Samuel Paty, ucciso il 16 ottobre in Francia dopo avere mostrato ai suoi studenti delle caricature del profeta Maometto, potrebbero avvenire anche in Indonesia, se la polizia non perseguisse adeguatamente i “blasfemi”. Finora non sono stati presi provvedimenti seri contro il FPI, nonostante il capo delle forze armate a Giacarta, il generale Dudung Abdurachman, abbia chiesto lo scioglimento del gruppo.