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  • Sabato 28 novembre 2020

Il ritorno dei Boeing 737 MAX

Un anno e mezzo dopo la sospensione dei voli hanno ricevuto l'autorizzazione per tornare operativi: cos'è cambiato, nel frattempo?

Un Boeing 737 MAX della Southwestern Airlines. (Joe Raedle/Getty Images)
Un Boeing 737 MAX della Southwestern Airlines. (Joe Raedle/Getty Images)

A oltre un anno e mezzo di distanza dal divieto di volo internazionale, il Boeing 737 MAX, il modello di aereo di linea che si schiantò per due volte tra il 2018 e il 2019 uccidendo 346 persone, ha ricevuto il via libera per tornare operativo negli Stati Uniti. Nel giro di qualche settimana dovrebbe ottenere l’autorizzazione anche dalle autorità europee, e si prevede che arriveranno pian piano tutti gli altri paesi: il Brasile l’ha già data, gli Emirati Arabi Uniti l’hanno annunciata, mentre Cina e Canada hanno detto che ci vorrà ancora un po’ di tempo.

La storia dei disastri aerei che coinvolsero i due Boeing 737 MAX – il volo Lion Air 610 caduto in Indonesia il 28 ottobre 2018 e l’Ethiopian Airlines 302 caduto in Etiopia il 10 marzo 2019 – è fatta di una catena di forzature e cattive pratiche aziendali da parte di Boeing, e di negligenze e connivenze da parte della  Federal Aviation Administration (FAA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa di aviazione civile, ricostruite in questi mesi da molte inchieste giudiziarie, politiche e giornalistiche. Anche se i 737 MAX sono oggi garantiti come sicurissimi, i meccanismi che resero possibili gli incidenti non sono davvero cambiati, secondo gli analisti.

E il fatto che abbiano ricevuto l’autorizzazione non significa comunque che torneranno a volare subito: ci vorranno probabilmente mesi. Boeing, la cui profonda crisi cominciata con il disastro dei 737 MAX è stata soltanto aggravata dalle conseguenze della pandemia da coronavirus sull’aviazione commerciale, ha davanti ancora una lunga strada per rimettersi in sesto.

Boeing ha ricevuto l’autorizzazione dalla FAA per riprendere a consegnare alle compagnie aeree i 737 MAX che avevano ordinato prima della sospensione dei voli, anche se nel frattempo tante compagnie hanno annullato o ridimensionato gli ordini, sia subito dopo gli incidenti sia per via della pandemia. Soltanto nel 2020 ne sono stati cancellati il 10 per cento, e secondo Boeing sono a rischio anche parte degli oltre 4mila che rimangono. La maggior parte delle consegne è stata posticipata al 2022, quando si pensa che i viaggi aerei possano essere tornati a una relativa normalità.

Ma in ogni caso i Boeing 737 MAX, l’ultimo modello di quello che prima degli incidenti era uno degli aerei più diffusi al mondo, insieme all’Airbus 320, non torneranno a essere utilizzati su larga scala fino al 2021 inoltrato. I lunghi processi di revisione e di miglioramento necessari per ottenere l’autorizzazione renderanno necessario un addestramento aggiuntivo per i piloti, che richiederà settimane o mesi alle compagnie aeree. Southwest Airlines, che usa soltanto aerei 737, ha già detto che tornerà a usare i MAX non prima di aprile del 2021.

A causare direttamente gli incidenti dei Boeing 737 MAX fu un malfunzionamento di un sensore collegato a un software noto come Maneuvering Characteristics Augmentation System (MCAS), che rese entrambi gli aerei ingovernabili pochi minuti dopo il decollo, facendoli precipitare senza che i piloti riuscissero a impedirlo.

Boeing aveva introdotto il MCAS per correggere un difetto strutturale dell’aereo: il modello MAX era un 737 con dei motori più grandi e pesanti, perché più efficienti a livello energetico. La società decise però di montarli sulla stessa struttura dei precedenti (che risaliva al 1967), spostandoli in avanti sulle ali per guadagnare spazio, per risparmiare tempo e costi nello sviluppo e poter competere con il modello già presentato da Airbus, l’A320 NEO. La nuova conformazione aerodinamica richiedeva un meccanismo correttivo perché l’aereo mantenesse il giusto asse rispetto al suolo: ma questo meccanismo fu basato su un unico sensore. Con un malfunzionamento al sensore, il MCAS si attivava automaticamente, spingendo il muso dell’aereo verso terra.

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La scelta di costruire un unico sensore è stata giudicata nefasta, con il senno di poi, ma di per sé il problema sarebbe stato gestibile da un pilota accuratamente informato sul funzionamento del software. Boeing invece aveva inserito il MCAS senza notificare adeguatamente le compagnie aeree e i piloti nei corsi e nei manuali. Se lo avesse fatto, infatti, avrebbe dovuto con ogni probabilità prevedere costosi e lunghi corsi di aggiornamento per i piloti, rendendo il 737 MAX meno conveniente per le compagnie, e quindi meno redditizio.

Sia nel caso del volo Lion Air 610 sia dell’Ethiopian Airlines 302, è stato ricostruito in seguito, i piloti semplicemente non riuscirono a capire perché gli aerei stessero precipitando: senza sapere dell’esistenza del MCAS, non potevano sapere come disattivarlo e riprendere il controllo. C’era una spia che segnalava il malfunzionamento del sensore, che comunque sarebbe stata di difficile interpretazione: ma non funzionava su molti aerei, si scoprì in seguito, e pur sapendolo Boeing non aveva informato le compagnie aeree. Così come non le aveva informate di cosa fosse andato storto dopo il primo incidente, pur sapendolo.

La ricostruzione di cosa portò agli incidenti, insomma, ha screditato moltissimo l’immagine di Boeing, per decenni considerata la migliore industria aeronautica del mondo. Ma enormi responsabilità sono state attribuite anche alla FAA, che da tempo era solita appaltare direttamente alle compagnie aeree parte dei controlli di sicurezza, per motivi di risparmio e di velocità nelle certificazioni, basandosi sul principio che i primi interessati che gli aerei non cadessero fossero proprio i costruttori.

Le indagini successive agli incidenti hanno ricostruito quanto dentro a Boeing ci fosse una diffusa consapevolezza dei difetti e dei potenziali rischi legati al 737 MAX, sia tra i dirigenti e i dipendenti, sia tra i piloti coinvolti nei test. E hanno portato alla luce i meccanismi di connivenza tra Boeing, una delle più importanti industrie statunitensi, e la FAA: una delle indagini del Congresso statunitense ha scoperto che nel 2017 la società fece pressioni sull’agenzia perché togliesse un riferimento al MCAS da un report per i piloti che elencava gli aggiornamenti necessari. Messaggi interni a Boeing resi pubblici dalle indagini definivano gli ispettori della FAA «cani che guardano la tv», e parlavano di «un aereo disegnato da clown supervisionati da scimmie».

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Secondo il New York Times, quella di Boeing è una storia di «capitalismo andato storto», cominciata alla fine degli anni Novanta quando la società «cominciò a dare soldi a palate agli azionisti e ai dirigenti, tagliando sui costi e sul personale». Dopo gli incidenti, la società ha commissionato un’indagine indipendente durata cinque mesi sugli errori commessi e le politiche aziendali sbagliate, istituendo un comitato speciale incaricato di supervisionare i processi produttivi e adottando nuovi meccanismi di sicurezza e trasparenza interni.

La FAA da parte sua ha chiesto a Boeing di correggere vari aspetti costruttivi del 737 MAX, compresi diversi non legati agli incidenti. Secondo il capo dell’agenzia ora «è impossibile per gli aerei avere gli stessi incidenti che purtroppo hanno ucciso 346 persone».

Ma secondo Politico, le pratiche e i meccanismi che regolano la delega delle procedure di controllo dalla FAA alle società produttrici sono rimasti di fatto invariati. Il Congresso infatti non ha ancora approvato le leggi più importanti al riguardo, già passate nelle commissioni dedicate per riformare la FAA e i sistemi con cui controlla la sicurezza degli aerei di linea. Le procedure sono state accelerate in questi giorni in cui si è arrivati all’autorizzazione per i 737 MAX, ma difficilmente le leggi entreranno in vigore entro la fine dell’anno, ed è difficile prevedere cosa succederà da gennaio in poi con un Congresso probabilmente diviso – i Democratici controlleranno la Camera, ma forse non il Senato –  e concentrato su altri problemi, come la crisi sanitaria e quella economica.