In Venezuela Maduro è un po’ più solo
Mentre si avvicinano le elezioni legislative alcuni partiti e attivisti di sinistra che lo hanno sostenuto fin qui iniziano a prenderne le distanze, racconta il New York Times
Alle elezioni legislative che si terranno in Venezuela il prossimo 6 dicembre il partito del presidente Nicolás Maduro non dovrà vedersela solo con l’opposizione, ma anche con parte della sinistra che fino ad ora lo aveva sostenuto. Come ha spiegato il New York Times, parte degli attivisti che un tempo credevano in Maduro ha iniziato a prendere pubblicamente posizione contro la corruzione e il clientelismo del suo governo. E a settembre ci sono state centinaia di manifestazioni negli stati che storicamente costituiscono la sua base elettorale. Maduro ha risposto con la stessa repressione riservata agli oppositori.
Fino a qui, in breve
Il 6 dicembre, in Venezuela, si voterà per rinnovare l’Assemblea Nazionale, cioè il parlamento unicamerale del paese. Le elezioni di fine 2018 per eleggere un nuovo presidente erano state vinte da Nicolás Maduro, ma erano state contestate a causa dei tanti brogli e delle irregolarità sia dalla maggioranza degli osservatori internazionali che da Juan Guaidó, capo dell’opposizione e presidente del parlamento. L’opposizione dichiarò dunque Maduro come illegittimo, e nel gennaio del 2019 Guaidó assunse l’incarico come primo nella linea di successione. L’articolo 233 della Costituzione venezuelana prevede infatti che il presidente dell’Assemblea possa essere a capo del governo in fase transitoria nel caso in cui decada il presidente eletto. Questa interpretazione fu però contestata dal governo che al termine di una votazione a sua volta molto contestata, nominò un sostituto di Guaidó: Luis Parra, un parlamentare poco conosciuto.
Nel frattempo gli Stati Uniti, da sempre avversari della dittatura socialista di Maduro, e prima di lui di Hugo Chávez, riconobbero Guaidó come il presidente legittimo. La stessa cosa fecero le democrazie dell’Unione Europea (tranne Cipro e l’Italia) e quasi altri 60 paesi. Ci furono mesi di proteste di piazza, la repressione fu violenta, gli Stati Uniti imposero sanzioni molto severe, e a un certo punto sembrò che il regime di Maduro stesse per crollare. Finora, non è successo.
L’Assemblea Nazionale è il solo organo istituzionale controllato dalle opposizioni. L’opposizione si è però divisa e in parte ha deciso di boicottare le elezioni, dicendo che sicuramente saranno illegali (a giugno, il Tribunale superiore di giustizia controllato da Maduro, arrogandosi una prerogativa che la legge attribuisce al parlamento, aveva nominato un nuovo Consiglio nazionale elettorale). Rispetto a qualche mese fa, però, qualcosa sembra essere cambiato.
La sinistra dissidente, e Maduro
Un episodio chiave è datato 17 agosto 2020: quattro uomini armati avevano picchiato davanti alla sua famiglia e poi rapito José Carmelo Bislick, conduttore di un popolare programma radiofonico. Il corpo dell’uomo, morto, era stato trovato il giorno dopo vicino a casa sua, a Güiria, nello stato venezuelano di Sucre. Bislick aveva 51 anni, era un leader politico locale e membro del Partito Socialista Unito del Venezuela, partito di Maduro. Durante il suo programma alla radio, chiamato “El Pueblo en Combate” in cui si occupava di politica e questioni locali, Bislick aveva iniziato da tempo a prendere posizione contro la corruzione, il traffico di droga, l’estorsione, la vendita di benzina di contrabbando e anche a criticare la rivoluzione socialista portata avanti da Maduro. E questo anche se era un membro del partito al governo. Il sindaco socialista di Güiria non ha mai parlato di quanto accaduto, né ha fatto visita alla famiglia di Bislick, la quale ha esplicitamente dichiarato che l’omicidio era stato motivato politicamente. I responsabili della morte di Bislick non sono ancora stati trovati, ha scritto il Committee to Protect Journalists (CPJ), un’associazione nata per difendere la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti e delle giornaliste.
La morte di Bislick, spiega il New York Times, può essere considerata il simbolo di quella che sembra essere un’ondata repressiva portata avanti da Maduro contro gli attivisti di sinistra, soprattutto in vista delle elezioni. Dopo aver marginalizzato i partiti politici all’opposizione, Maduro ha infatti rivolto la sua “attenzione” contro quelli che erano i suoi alleati, ormai disillusi. «Chiunque faccia una critica è assimilato all’opposizione», ha detto al New York Times Ares Di Fazio, ex guerrigliera e leader del partito di estrema sinistra dei Tupamaros, la cui direzione nazionale è stata sospesa ad agosto dalla Corte suprema del Venezuela. I sostenitori storici del governo che negli ultimi mesi hanno occupato le strade delle città di provincia per denunciare il crollo dei servizi pubblici sono stati repressi dalle forze di sicurezza, e i dipendenti pubblici che denunciavano la corruzione sono stati accusati di sabotaggio. Chi ha scelto di candidarsi come indipendente viene sistematicamente estromesso, perseguitato dalla polizia o accusato di falsi crimini.
Il 2020 è stato un anno terribile per la popolazione venezuelana e il PIL del paese dovrebbe calare del 15 per cento. Secondo una ricerca fatta da tre università venezuelane e riportata dall’Economist, il 79 per cento della popolazione si trova in stato di estrema povertà e il 30 per cento dei bambini sotto ai 5 anni soffre di malnutrizione cronica o di arresto della crescita. Dal 2015 a oggi, un sesto dei venezuelani è fuggito dal paese, provocando quella che l’ONU giudica come una delle crisi di rifugiati più grave del mondo. Le condizioni dell’economia venezuelana sono disperate da anni, ma le cose sono peggiorate di recente per due ragioni: la crisi portata dalla pandemia e il tracollo quasi completo dell’industria petrolifera, provocato in parte dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti per indebolire Maduro. La carenza di benzina sta bloccando il paese, il carburante non è disponibile e sul mercato nero costa moltissimo.
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A tutto questo Maduro, spiega il New York Times, ha reagito applicando «un capitalismo clientelare», condonando la corruzione e creando «un nuovo ordine economico di cui beneficiano le élite militari e imprenditoriali» a lui fedeli. Il risultato è un divario enorme tra le condizioni di vita di chi è favorito dal governo e il resto della popolazione: «Per alcuni c’è il blocco, per altri le boutique», ha dichiarato Oswaldo Rivero, un importante attivista di sinistra e conduttore televisivo, che ora viene definito un traditore dal governo e minacciato sui social network.
Negli ultimi due decenni, diversi partiti di sinistra hanno sostenuto prima Hugo Chávez e poi Maduro, prendendo parte alle manifestazioni a favore del governo e, in qualche caso, attaccando i manifestanti dell’opposizione. Ma questi alleati sono ormai disillusi dall’autoritarismo di Maduro e quest’anno, per la prima volta, hanno deciso di candidarsi come indipendenti. Maduro ha risposto arrestando e perseguitando i politici dissidenti. Rafael Uzcátegui, 73 anni, del partito di sinistra Patria Per Tutti, ha spiegato che «il governo non teme più la destra. Ha paura della sinistra perché sa che stiamo dicendo alla gente la verità». Lo scorso settembre ci sono state più di mille proteste spontanee contro il governo, che, a differenza delle precedenti, si sono concentrate negli stati rurali poveri, che storicamente costituiscono la base del sostegno del partito al governo. I manifestanti, molti dei quali sostenitori di Maduro, hanno chiesto cibo, carburante ed elettricità, non tanto e non esplicitamente un cambio politico. Maduro ha risposto al malcontento con la stessa repressione applicata agli oppositori. Più di 200 manifestanti sono stati arrestati e una persona è stata uccisa dalla polizia, secondo l’Osservatorio venezuelano sui conflitti sociali: «Quello che stanno facendo ci ricorda molto la dittatura», ha detto un attivista al New York Times: «Hanno il potere e non lo molleranno».
I sondaggi mostrano che il Partito Socialista è ora sostenuto solo da un venezuelano su 10. La maggioranza dei cittadini e delle cittadine, secondo un sondaggio pubblicato lo scorso ottobre, è a favore delle dimissioni del governo e vorrebbe nuove elezioni presidenziali. Il presidente dell’Assemblea nazionale, il leader dell’opposizione Juan Guaidó, continua ad essere il politico più apprezzato, ma con percentuali comunque modeste.