La trattativa europea sulle piste da sci
I governi dei paesi alpini sono d'accordo nel coordinare aperture e chiusure, ma trovare un compromesso non sarà semplice
Da giorni i governi di alcuni paesi europei stanno trattando per coordinare la chiusura e l’eventuale apertura degli impianti sciistici nel proprio territorio. È un tema molto delicato per varie ragioni: sia sanitarie – è ormai accertato che uno dei primi e più gravi focolai europei di coronavirus sia avvenuto nel resort sciistico di Ischgl, in Austria – sia economiche, perché buona parte delle entrate nelle regioni alpine dei paesi europei ruota attorno alla stagione dello sci, che dura più o meno da dicembre a marzo.
I paesi più coinvolti sono Francia, Germania, Italia, Austria, Slovenia e Svizzera. Ognuno di questi può decidere in autonomia se aprire o meno gli impianti, ma tutti i governi concordano sulla necessità di trovare una soluzione comune per evitare che uno o più paesi possano fare concorrenza sleale e attirare nei propri impianti gli sciatori di mezza Europa.
Trovare un compromesso non sarà facile, come ha ammesso anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, perché le posizioni di partenza dei vari governi sono molto diverse: Italia, Francia e Germania sono orientate a tenere chiusi gli impianti almeno fino agli inizi di gennaio. La Slovenia aspetta un’indicazione e si adeguerà al compromesso che verrà negoziato. La Svizzera non fa parte dell’Unione Europea e non è chiaro come si muoverà. L’Austria si dice disponibile a una chiusura coordinata, a patto che l’Unione Europea la risarcisca adeguatamente: il ministro delle Finanze austriaco Gernot Blümel ha già stimato che una chiusura di tre settimane nel periodo natalizio genererà una perdita di circa 2,4 miliardi di euro (di una cifra di poco più alta si parla anche in Italia).
Non è nemmeno chiaro cosa farà la Commissione Europea: in un’intervista data oggi al Corriere della Sera, la commissaria alla Salute Stella Kyriakides ha risposto in maniera evasiva a una domanda sugli impianti da sci. In un altro passaggio Kyriakides ha confermato che la Commissione pubblicherà delle linee guida sulle misure che ogni governo dovrebbe adottare durante le festività natalizie, ma non è chiaro se comprenderanno raccomandazioni sugli impianti da sci.
Va detto inoltre che l’Unione Europea non ha nessuna competenza a riguardo, e che potrebbe decidere di lasciare la questione in mano ai singoli governi, dato che interessa una minoranza dei paesi dell’Unione (oltre a uno che non ne fa parte e con cui ultimamente l’UE non è in buoni rapporti: la Svizzera).
Anche all’interno dei singoli paesi, comunque, convivono posizioni diverse. Due giorni fa il presidente della provincia di Trento Maurizio Fugatti ha detto che la riapertura degli impianti «sarebbe possibile», se i contagi continuassero a diminuire come hanno fatto nelle ultime due settimane, e che bisogna «lavorare per favorirla». Anche Fugatti, come il governo austriaco, sostiene che in caso di chiusura «sarà necessario prevedere i ristori conseguenti». Anche i governi regionali di Lombardia e Piemonte si sono detti contrari alla chiusura, mentre si sono allineati al governo centrale il presidente della regione Veneto Luca Zaia e quello della provincia di Bolzano, Arno Kompatscher.
Trovare un accordo non sarà facile, soprattutto se l’Austria insisterà nel chiedere un indennizzo all’Unione Europea: il quotidiano austriaco Der Standard fa notare che difficilmente i fondi potrebbero arrivare dal cosiddetto Recovery Fund, che privilegerà investimenti a favore della digitalizzazione e dello sviluppo sostenibile, e che si potrebbero utilizzare altre voci del bilancio europeo: che però è già stato concordato, e al momento è bloccato per un veto di Ungheria e Polonia che non riguarda la distribuzione dei soldi.
Se poi le trattative fallissero e uno o più paesi decidessero di aprire gli impianti da sci, gli altri potrebbero decidere di scoraggiare i propri sciatori aggiungendo le località sciistiche all’estero fra le mete a rischio, obbligando alla quarantena dopo il rientro. Ticino News per esempio avverte che secondo le sue informazioni l’opzione è già sul tavolo: «la Svizzera, insieme all’Austria, potrebbe finire in questi giorni nella lista dei paesi a rischio stilata dal governo italiano».