Contro il Black Friday
Aziende piccole e grandi usano questa ricorrenza commerciale, problematica per ragioni etiche ed economiche, per fare beneficenza e sensibilizzare sulla sostenibilità ambientale
Nel 2011, nell’inserto del New York Times dedicato al Black Friday, fu pubblicata una pubblicità a pagina intera che conteneva la foto di una giacca di pile e una grande scritta: «Don’t buy this jacket», cioè “Non comprate questa giacca”. La pubblicità era di Patagonia, il marchio di abbigliamento sportivo, e sotto la foto elencava alcuni degli effetti negativi che la produzione di abbigliamento ha sull’ambiente, apparentemente contro gli interessi della stessa Patagonia. A quei tempi questo genere di campagna contro il Black Friday era una novità. Più di recente, con il maggiore interesse per la sostenibilità ambientale, i danni del consumismo sfrenato e i rischi del monopolio dei grandi e-commerce, altri marchi hanno cominciato a seguire l’esempio di Patagonia, approfittando del Black Friday per promuovere iniziative alternative, con risvolti ecologici o benefici.
Nonostante ogni anno riemergano gli stessi temi, però, la verità è che è sempre più difficile per le aziende ignorare questa ricorrenza commerciale, e che anche i consumatori che vengono raggiunti dagli sconti sono sempre di più. Quest’anno, poi, con le chiusure dovute alla pandemia da coronavirus e il grosso aumento di acquisti online rispetto all’anno scorso, il Black Friday si sta rivelando ancora più problematico.
Sempre più diffuso e sempre più criticato
Il Black Friday è una ricorrenza commerciale nata negli Stati Uniti per approfittare del grande numero di persone che nel venerdì dopo il giorno del Ringraziamento ― che cade il quarto giovedì di novembre ― erano a casa dal lavoro e potevano dedicarsi alle prime compere natalizie. Oggi, le aziende che ottengono maggiori guadagni dagli sconti del Black Friday sono le grandi piattaforme di e-commerce come Amazon, che infatti è riuscita a portare questa usanza promozionale anche in Europa, dove fino a qualche anno fa era quasi totalmente ignota. Ora invece è attesa quanto i saldi stagionali, e forse anche di più.
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Il Black Friday è già da diversi anni considerato un fenomeno controverso. Una delle accuse più frequenti è che sia la ricorrenza consumistica per eccellenza: con la leva degli sconti (che poi non sempre sono veri sconti), i consumatori sono spinti a comprare cose di cui non hanno bisogno, in un momento storico in cui l’impatto umano sull’ambiente andrebbe ridotto anziché incentivato con acquisti e sprechi. In diversi paesi, poi, è accompagnato dalle critiche alle condizioni lavorative dei magazzinieri dei siti di e-commerce, specialmente di Amazon, i cui ritmi si intensificano in occasione del Black Friday e delle festività. Infine, c’è il problema del monopolio dei grandi e-commerce ― anche qui, soprattutto di Amazon ― che attirano la stragrande maggioranza dei consumatori, continuano a pagare pochissime tasse e rendono la vita più difficile ai piccoli negozi, sia fisici che online.
«Mentre i vecchi saldi del negozio tradizionale tendono a perdere importanza, il Black Friday continua a crescere», spiega l’esperto di marketing Gianluca Diegoli, autore di Svuota il carrello. Il marketing spiegato benissimo: «Sempre più negozi aderiscono, e più l’evento si ingrandisce e più diventa difficile per chi non partecipa continuare a farlo: quelli che non lo fanno a quel punto prendono una posizione molto forte e lo fanno diventare un posizionamento».
Chi si oppone al Black Friday
È quello che sta succedendo con le aziende che prendono le distanze dal Black Friday rinunciando agli sconti e sfruttando questa scelta per portare avanti campagne comunicative ― e di marketing ― di altro genere. Tra gli altri, il marchio di abbigliamento sportivo americano REI domani chiuderà il proprio sito e i propri negozi, pagando comunque la giornata di lavoro ai dipendenti e invitandoli a passare il proprio tempo libero all’aria aperta. Miir, un marchio americano di borracce, dall’anno scorso devolve l’intero ricavato del Black Friday a progetti a sfondo sociale, e Davines, un marchio di prodotti sostenibili per la cura del corpo, donerà tutti gli utili delle vendite online a un’associazione per la protezione delle api. L’iniziativa ricorda una campagna di Patagonia del 2016: il marchio annunciò che tutto il ricavato del Black Friday sarebbe andato in beneficenza e fece in un solo giorno 10 milioni di dollari di fatturato, circa tre volte le aspettative e più di cinque volte quello che avrebbe guadagnato in un normale Black Friday.
Una novità di quest’anno è quella di Freitag, un marchio svizzero che fa borse e zaini con materiali di scarto e che ha annunciato che il 27 novembre disattiverà il suo sito e renderà disponibile una nuova piattaforma, SWAP, per mettere in contatto le persone stufe del loro zaino e che cercano qualcuno con cui scambiarlo. Il motivo, spiega Freitag, è che «il concetto di “community” è preferibile a quello di “consumo” e la frenesia dello scambio è più sostenibile della mania dello shopping». Anche Ikea ― che fino all’anno scorso partecipava al Black Friday con regolari promozioni ― questo novembre propone un’iniziativa alternativa, invitando i clienti a portare in negozio i loro mobili Ikea usati in cambio di un buono da spendere in negozio entro due anni. Lo spagnolo Ecoalf, che nasce come marchio di moda sostenibile, spiega dettagliatamente sul suo sito di aver deciso di non aderire al Black Friday per non alimentare gli sprechi.
A questi marchi più grandi si aggiungono attività molto più piccole e locali, come, tra gli altri, il marchio di braccialetti da uomo fatti a mano Pienosole e Tilla Baby Box, che fa prodotti sostenibili per la nascita e l’infanzia. Il primo ha spiegato su Instagram che non farà sconti perché preferisce «vendere solamente a chi desidera davvero i nostri prodotti, evitando politiche di prezzo aggressive che gonfiano i volumi e svuotano i manufatti». Il secondo invece donerà, per ogni acquisto, un body in cotone allo sportello di Caritas Vicenza (dove Tilla Baby Box ha sede) che assiste madri sole e famiglie in difficoltà.
C’è anche l’iniziativa di Fashion Revolution, un movimento internazionale di professionisti e aziende del mondo della moda che rivendicano maggior attenzione al tema degli sprechi e dello sfruttamento delle risorse e delle persone: per il Black Friday ha fatto una campagna che invita a non fare acquisti in questi giorni e a pretendere dalle aziende che lo fanno azioni di responsabilità sociale e ambientale.
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Il Black Friday in tempi di pandemia
Quest’anno, a tutti i problemi già normalmente sollevati dal Black Friday si aggiunge il fatto che molti paesi europei stanno fronteggiando la “seconda ondata” di contagi da coronavirus e molti negozi fisici – che negli ultimi anni avevano aderito al Black Friday sulla scia dei negozi online – sono stati costretti a chiudere. Molti piccoli venditori si sono attrezzati con un sistema di ordini e consegne online, ma le previsioni dicono che le vendite si concentreranno ancora di più sulle grandi piattaforme, che possono permettersi sconti più grossi e consegne più veloci. «I boicottaggi alla fine non hanno grande presa sui consumatori», sostiene Diegoli: «Quest’anno gli acquisti online sono aumentati talmente tanto che secondo me aumenteranno anche le vendite del Black Friday, che tradizionalmente è portato avanti soprattutto dai negozi online e da Amazon, in particolare».
In Francia il Black Friday è stato posticipato di una settimana, al 4 dicembre, con la previsione che per allora alcune restrizioni saranno allentate e i negozi avranno riaperto. In Italia, Confesercenti e alcune associazioni di commercianti hanno portato avanti la stessa proposta senza però ottenere niente dal governo. Confesercenti sostiene che fare il Black Friday con i negozi chiusi e quindi spostare interamente le vendite online non danneggi solo chi non ha un e-commerce, ma tutte le piccole imprese perché «i primi venti siti web del commercio elettronico italiano totalizzano il 71 per cento del totale delle vendite, e i primi 200 il 95 per cento».
Secondo Diegoli, però, «bisogna stare attenti, quando si parla di Amazon, a non mettere tutto in un calderone: in Italia, per esempio, quello che viene venduto su Amazon è in parte di Amazon e in parte di piccole aziende che lo usano come canale di vendita online».
Il Black Friday fa male alle aziende?
Un altro aspetto è quello che riguarda le aziende produttrici. «Non dimentichiamo che per le aziende fare sconti significa comunque svalutare i propri prodotti», specifica Diegoli: «Col Black Friday è come se questo concetto non valesse e tutto fosse concesso: puoi mettere in sconto qualsiasi cosa senza che questo influisca sulla percezione del marchio. Da un certo punto di vista questo porta dei vantaggi, ovviamente, ma dall’altro costringe alcune aziende a fare sconti che non potrebbero permettersi». I saldi vennero istituiti per permettere ai negozi di fare sconti sui prodotti rimasti invenduti dopo la stagione di shopping, mentre il Black Friday, venendo prima di Natale, obbliga molti venditori a vendere a meno ciò che potrebbero vendere a prezzo pieno. «Alla fine gli unici che ci guadagnano sono i consumatori, se fanno acquisti in modo ragionevole», dice Diegoli: «Ma il marketing comportamentale ci insegna che spesso la tentazione di approfittare di un risparmio è molto più forte di qualsiasi considerazione sul reale bisogno che abbiamo di possedere quella cosa».
Su Bloomberg, l’editorialista Andrea Felsted, che già l’anno scorso si era detto critico sugli effetti economici del Black Friday sulle aziende, ha scritto che in Europa una ricorrenza come quella del Black Friday non ha senso: «Fare sconti nel periodo più affollato dell’anno porta semplicemente a uno sperpero dei profitti. I venditori europei dovrebbero prendere il 2020 come un segnale per abbandonare l’idea una volta per tutte».
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