In Lombardia il vaccino antinfluenzale non ci sarà per tutti
Lo dicono i documenti interni della Regione: per raggiungere la copertura minima dei soggetti vulnerabili servono 2,3 milioni di dosi, ma ne sono state comprate 2 milioni
di Luca Misculin
Pioltello è un’isola felice. Nella cittadina da 37mila abitanti alla periferia est di Milano, il comune e i medici di base hanno creato una rete per rendere più efficiente la somministrazione del vaccino antinfluenzale: hanno trovato i locali necessari, messo in comune le dosi ricevute dalla Regione, incrociato le agende di 16 medici e fissato centinaia di appuntamenti. Hanno persino ricevuto un lotto di vaccini in anticipo.
Eppure riusciranno a vaccinare circa metà delle 5.000 persone che di solito in questo periodo ricevono gratuitamente il vaccino, il cosiddetto “target”: pazienti fragili, malati cronici, anziani. «La settimana scorsa abbiamo vaccinato circa 1.700 persone, questa settimana ne avremo 900. Poi abbiamo dovuto bloccare gli appuntamenti», spiega Anna Carla Pozzi, che lavora a Pioltello ed è la presidente dell’associazione dei medici di base (FIMMG) nella provincia di Milano. Come nel resto della regione, manca un pezzo fondamentale della catena: i vaccini. Consultando documenti e fonti interne alla Regione, il Post ha scoperto che in Lombardia non ci sono vaccini sufficienti per raggiungere l’obiettivo minimo della campagna vaccinale, e che non sono previsti nuovi ordini.
Da molti anni, ogni inverno, il vaccino antinfluenzale protegge centinaia di migliaia di anziani e persone vulnerabili dal ceppo stagionale di una malattia che nella storia dell’umanità ha ucciso milioni di persone. Questa estate il ministero della Salute e diversi esperti di sanità ribadirono la sua importanza durante una pandemia globale. L’influenza stagionale e la COVID-19 hanno sintomi simili, e un vaccino che protegge dall’influenza riduce la pressione sugli ospedali e rende più facile per i medici diagnosticare la COVID-19. Alcune regioni si sono attrezzate per tempo e sono a buon punto della copertura vaccinale. La Lombardia invece non raggiungerà il target minimo di copertura indicato dal ministero, e che si era imposta all’inizio della campagna vaccinale.
Nei primi mesi del 2020 la Regione, l’ente locale che deve reperire i vaccini antinfluenzali sul mercato, ha fatto molta fatica a trovarli a causa di ritardi e inciampi amministrativi: e la campagna vaccinale è entrata nel vivo soltanto a metà novembre, in ritardo rispetto agli anni scorsi. Ora però il problema è un altro: la scarsità dei vaccini disponibili.
«Le criticità maggiori che mi vengono segnalate arrivano proprio dalla Lombardia e dal Piemonte», spiega Tommasa Maio, responsabile dei vaccini per la direzione nazionale della FIMMG: «ma mentre in Piemonte la situazione sembra essersi sbloccata, sulla Lombardia non sappiamo esattamente cosa stia succedendo».
A giugno il Ministero della Salute si era raccomandato di «anticipare la conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale, a partire dall’inizio di ottobre» in modo da arrivare coperti al picco dell’influenza, previsto a grandi linee fra la fine di dicembre e le prime settimane di gennaio. Secondo le stime di Regione Lombardia, simili a quelle della Fondazione GIMBE, significava vaccinare entro dicembre 2,3 milioni di anziani over 65. A questi si dovevano aggiungere 630mila persone di età comprese dai 60 ai 64 anni, che il ministero ha incluso da quest’anno nella fascia “target” per ampliare il più possibile la copertura vaccinale. In totale fanno 2,93 milioni di persone.
Poi ci sono gruppi di persone a cui viene garantito il vaccino come pazienti fragili e con gravi malattie croniche sotto ai 60 anni, donne in gravidanza, personale sanitario, forze dell’ordine (i bambini ricevono un vaccino che viaggia su binari paralleli ma distinti, di cui non ci occuperemo). In tutto, sempre secondo stime di Regione Lombardia, gli over 65, i 60-64enni e le categorie speciali comprendono 3,33 milioni di persone.
Considerando i tre target che la Lombardia si era data a inizio ottobre – 75 per cento degli ultra65enni, 80 per cento del personale sanitario e dei soggetti fragili e cronici, 50 per cento della fascia 60-64enni – la copertura era garantita a 2,36 milioni di adulti. Un obiettivo più ambizioso rispetto agli anni scorsi.
In base ai dati di oggi, è una cifra che non verrà raggiunta: e nemmeno di poco.
Secondo una tabella aggiornata al 24 novembre e contenuta in un documento interno di Regione Lombardia ottenuto dal Post, una circolare regionale arrivata ai direttori delle ATS, al momento la regione tramite la sua centrale degli acquisti ARIA ha ordinato 1.998.000 dosi di vaccino antinfluenzale per adulti. Cioè oltre trecentomila in meno rispetto al target fissato due mesi fa. La cifra è stata confermata da ulteriori riscontri fatti con la Regione.
C’è di più. Circa 1,63 milioni di queste dosi sono state consegnate nei magazzini a cui si riforniscono i medici di base o le ASST, cioè le strutture pubbliche come ospedali e centri vaccinali e le RSA. All’appello mancano ancora 360mila dosi, che risultano ancora “in consegna”. Duecentomila di queste dosi – le ultime previste per i medici di base – arriveranno soltanto a metà dicembre, quando peraltro sarà complicatissimo distribuirle e usarle per vaccinare i pazienti prima delle feste.
Marco Trivelli, direttore generale del dipartimento Welfare di Regione Lombardia, ci tiene a specificare che le dosi non sono ancora state consegnate «pur pattuite» col fornitore, a cui viene attribuito il ritardo. «Anche quanto pervenuto è stato consegnato in date diverse da quelle pattuite e ciò ha determinato grande incertezza», ha aggiunto.
Al momento ARIA non ha gare attive per nuovi vaccini antinfluenzali e non ha in programma di indirne di nuove, cosa che risulta anche a Trivelli: l’ultima, indetta a fine ottobre e vinta da un misterioso studio dentistico di Bolzano, è saltata proprio in questi giorni. Non è chiaro se nelle prossime settimane la Lombardia chiederà dosi alle altre regioni: che comunque hanno le loro esigenze, e difficilmente gliene avanzeranno.
È vero che lo sforzo logistico necessario per spostare un prodotto delicatissimo come un vaccino, peraltro durante una pandemia, è enorme. Ed è vero che alla fine della campagna saranno stati vaccinati, bambini compresi, quasi il doppio dei pazienti rispetto al 2019, quando furono circa 1,2 milioni. Ma la regione sapeva tutte queste cose almeno dalla scorsa primavera, e non è riuscita a organizzarsi per tempo e in maniera efficace.
Un’altra tabella che emerge dai documenti interni di Regione Lombardia, aggiornata al 24 novembre, indica che la campagna è ancora molto indietro. In nessuna provincia lombarda nella fascia critica degli ultra65enni si supera il 25 per cento della copertura. In alcune province come Brescia la copertura è addirittura inferiore al 20 per cento. Il target è stato fissato al 75 per cento, e va raggiunto entro metà dicembre: il vaccino infatti deve avere il tempo di rafforzare il sistema immunitario dell’ospite, e per farlo ci mette qualche giorno. Trivelli sostiene comunque che la regione intende arrivare «almeno al 70» per cento di copertura sugli ultra65enni.
Se il vaccino non sarà disponibile per le persone del “target”, cioè le persone a rischio che durante una pandemia hanno tutto l’interesse a proteggersi da altre malattie, sarà ovviamente così anche per tutti gli altri che lo desiderano, e che non lo troveranno nemmeno in farmacia.
Fino all’anno scorso le farmacie potevano infatti reperire il vaccino antinfluenzale dagli stessi fornitori delle aziende pubbliche: che però quest’anno hanno dato la precedenza al settore pubblico, data la delicata situazione sanitaria in Italia e nel mondo. Al momento le farmacie lombarde non hanno a disposizione il vaccino e probabilmente non lo avranno mai.
«La Conferenza Stato-Regioni ha stabilito che l’1,5 per cento delle rimanenze vada girato alle farmacie», ricorda Annarosa Recca, presidente della sezione regionale di Federfarma, l’associazione di categoria delle farmacie: «Ma parliamo di 200mila dosi, quando noi ogni anno ne vendiamo almeno un milione. Vuol dire che ogni farmacia ne riceverà dieci, undici dosi: ma cosa diciamo ai 200-300 clienti che ce le chiedono?». Chi può permetterselo si vaccina nei centri privati, dove però le dosi scarseggiano: a Milano i centri privati che offrono il vaccino antinfluenzale sono pochissimi – è il caso dell’Istituto Auxologico, dove costa 50 euro – mentre altri, come il Centro Medico Santagostino, hanno spiegato di non essere riusciti a procurarsi dosi sufficienti.
Le testimonianze sul campo confermano le difficoltà che emergono dai numeri: i vaccini non ci sono, e di conseguenza i medici non riescono a somministrarli.
Ai medici di base lombardi – da cui passa la maggior parte della trafila delle vaccinazioni contro l’influenza – fra ottobre e l’inizio di novembre erano arrivate quattro tranche, per un totale di circa un centinaio di dosi di vaccino. Nella settimana centrale di novembre ne sono arrivate altre, in quantità variabili da medico a medico: eppure nella maggior parte dei casi ancora insufficienti rispetto alle quantità che ciascuno di loro aveva richiesto in estate, come ogni anno. «La tendenza è simile in tutte le province, difficoltà e disagi sono comuni a tutti», spiega Paola Pedrini, segretario regionale della FIMMG.
«Al momento nella provincia di Bergamo è incompleta la distribuzione della seconda grossa tranche di vaccini necessaria per coprire il 75 per cento delle persone che hanno più di 65 anni, e ancora non sappiamo se e quando avverrà», spiega Mirko Tassinari, che ha uno studio nel centro di Bergamo ed è il responsabile provinciale della FIMMG. I suoi genitori vivono in un’altra regione e si sono vaccinati a metà ottobre. Diversi pazienti di Tassinari invece lo stanno ancora aspettando: per esempio quelli che hanno un’età compresa fra 60 e 64 anni. Gli arrivi scaglionati delle dosi – che negli anni precedenti arrivavano in un paio di tranche – hanno anche creato problemi organizzativi: Tassinari ha passato ore al telefono a riprogrammare appuntamenti già fissati, «ore in cui potevo essere disponibile per fare il medico».
Massimo Monti lavora invece a Mozzate, in provincia di Como, in uno studio condiviso con altri cinque medici di base. Al momento ha ricevuto 230 dosi di vaccino sulle circa 400 chieste in estate, che aveva calcolato sulla base dei suoi pazienti più fragili e degli over 65. ATS gli ha comunicato che dovrebbe ricevere a breve un’altra tranche da 130 dosi, e raggiungere così il target, ma non è chiaro se e quando succederà: «e se anche mi arrivasse la seconda tranche dovrei dire di no a qualche paziente» nella fascia a rischio, racconta. Per vaccinare i suoi pazienti che hanno fra i 60 e 64 anni avrà bisogno di una ulteriore consegna di dosi, al momento non prevista.
«Con alcuni pazienti ho dovuto discutere, dato che in televisione avevano sentito dire che il vaccino era disponibile anche per chi aveva dai 60 e 64 anni», aggiunge Monti. Il medico di base non lo dice, ma a inizio ottobre fu proprio l’assessore al Welfare della Regione, Giulio Gallera, già molto criticato per la sua gestione della pandemia, a specificare che il vaccino sarebbe stato gratuito e disponibile anche per le persone sane che hanno fra i 60 e i 64 anni.
Molti medici di base e ASST stanno sopperendo alla scarsità dei vaccini rimandando il vaccino proprio per questa fascia di età, che corrisponde più o meno a 315mila persone: solo se non si vaccinasse nessuna di loro, in teoria, si raggiungerebbe quasi il target degli ultra 65enni, dei pazienti fragili e del personale sanitario, composto da circa 2 milioni di adulti.
Molti medici di base con cui ha parlato il Post raccontano della frustrazione con cui devono giustificare scelte prese più in alto di loro, dalla Regione o da ATS, e «metterci la faccia» in un periodo in cui i loro pazienti sono comprensibilmente molto sensibili riguardo alla propria salute. Anche perché le comunicazioni fra le varie componenti della medicina territoriale vanno a singhiozzo. Alla Regione e ad ATS «è persino difficile rivolgere delle domande», spiega Pedrini: «le notizie che ci arrivano sono discordanti».
Se i medici sono frustrati, le persone a cui il vaccino viene garantito gratuitamente sono perlopiù confuse: fino all’anno scorso la maggior parte di loro si vaccinava fra ottobre e novembre durante una visita di pochi minuti col proprio medico di base, mentre quest’anno bisogna districarsi fra medici sommersi di lavoro, call center, appuntamenti rimandati anche più di una volta.
Non aiuta il fatto che i percorsi per accedere al vaccino – che si riceve solo su appuntamento, per via delle precauzioni per il coronavirus – siano molto diversi da zona a zona.
In teoria tutto passa dai medici di base, che si occupano in autonomia di vaccinare i propri pazienti che ne hanno bisogno o ne fanno richiesta. Non tutti i medici però hanno aderito alla campagna vaccinale, cioè accettano di fare i vaccini: i pazienti dei medici che non aderiscono dovrebbero rivolgersi alle Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST), le strutture che stanno sotto alle ATS nel sistema della sanità territoriale lombarda.
In pratica, dipende. A Milano – dove la percentuale di medici che non aderisce alla campagna vaccinale è più alta rispetto alle altre province – ai pazienti dei medici che non vaccinano viene chiesto di prenotare il vaccino tramite il numero unico regionale per le prenotazioni sanitarie, da mesi subissato di richieste. Negli ultimi giorni diverse persone hanno cercato di vaccinarsi mettendosi in fila sotto al tendone allestito in piazza del Duomo dalla Regione: che però accettava solo chi era riuscito a prenotarsi chiamando il numero unico.
A Bergamo le tre ASST che dipendono dall’ATS cittadina hanno sviluppato altrettante app per accedere alla vaccinazione antinfluenzale per le persone che non fanno parte del “target”: tre app tutte diverse. A Cremona è in vigore un sistema misto: si può accedere al vaccino sia tramite il medico di base sia chiamando direttamente le strutture gestite dalle ASST. Il risultato, temono diversi medici di base, è che diverse persone non abbiano la pazienza di capire a chi rivolgersi e rinuncino al vaccino.
Oltre ai problemi che dipendono dalla scarsità delle dosi di vaccino, inoltre, un po’ in tutta la regione se ne segnalano parecchi di tipo amministrativo e organizzativo.
A Bergamo, per esempio, l’ultima tranche di vaccini aveva parecchi problemi, spiega Tassinari: ad alcuni medici sono arrivati i vaccini senza aghi, ad altri gli aghi senza vaccini. Un problema simile è stato segnalato anche a Como e Varese. Le ultime dosi arrivate in tutta la regione, inoltre, sono del vaccino FLUAD, che si può somministrare soltanto agli over 65 e quindi non può essere utilizzato né per la fascia dei 60-64enni né per i più giovani.
A Milano invece i registri di ATS hanno segnalato come aderenti alla campagna vaccinale alcuni medici che non lo sono, e che avevano semplicemente chiesto una ventina di dosi per i propri pazienti più vulnerabili. Il risultato è che i loro pazienti sono stati respinti dal call center regionale perché dagli elenchi risultava che il loro medico curante aveva aderito alla campagna.
Qualche disagio è inevitabile, in un sistema così complesso. Sono storture a cui la Regione e ATS potevano rimediare per tempo, evitando di arrivare a dicembre con così tanti problemi da risolvere. «Questi disagi sono conseguenze dei ritardi nell’acquisto» dei vaccini, sintetizza Pedrini.
Alcuni medici hanno fatto notare che se le ultime settimane dovevano servire da prova generale per la distribuzione dell’eventuale vaccino per il COVID-19, la prova non è stata di certo superata. Ma a meno di sorprese la catena di distribuzione per il nuovo vaccino sarà centralizzata, in mano alla Protezione Civile e al commissario Domenico Arcuri. La FIMMG spinge da mesi per adottare un modello simile anche per i vaccini antinfluenzali. «Una cosa è presentarsi alle gare come regioni», spiega Tommasa Maio, responsabile FIMMG per i vaccini, «un’altra è presentarsi come paese Italia, che nei tempi ottimali faccia le gare d’acquisto e poi distribuisca il prodotto in maniera mirata».