Stanno per cambiare le parole della messa cattolica
Da questa domenica sarà rinnovato il messale, che era rimasto lo stesso dal 1983: le modifiche saranno piccole ma significative
A partire da domenica 29 novembre la maggior parte delle parrocchie italiane della Chiesa cattolica inizieranno ad usare la nuova edizione del messale, cioè il libro che contiene i riti e le preghiere ufficiali da pronunciare durante la messa. Il messale è stato elaborato dalla CEI, l’assemblea dei vescovi italiani, e diventerà obbligatorio dal 4 aprile 2021, cioè la prossima giornata di Pasqua.
Il messale in uso oggi in Italia risale al 1983 e diversi osservatori dentro e fuori dalla Chiesa ritenevano avesse bisogno di un aggiornamento. Anche Papa Francesco negli anni scorsi aveva chiesto più volte alle Chiese nazionali – responsabili della stesura dei messali – di utilizzare un linguaggio più inclusivo e più fedele ai testi sacri. Il lavoro sul nuovo messale è durato diversi anni e si è concluso soltanto nel novembre del 2018. Il testo è stato poi approvato dal Papa pochi mesi dopo.
– Leggi anche: Il Papa ha detto di essere favorevole alle unioni civili tra persone omosessuali
«La maggior parte delle variazioni riguarda le formule proprie del sacerdote. I ritocchi che dovranno essere imparati dall’intera assemblea sono pochi», ha sintetizzato Avvenire. Le modifiche più importanti riguarderanno il Padre Nostro, la preghiera che Papa Francesco chiedeva di riformare da diversi anni, l’Atto Penitenziale e il Gloria, due preghiere collettive pronunciate dai fedeli in alcuni precisi momenti della messa.
Nel Padre Nostro sarà abbandonata la formula «e non ci indurre in tentazione», che secondo diversi teologi lasciava pensare che Dio mettesse costantemente alla prova i fedeli spingendoli verso il peccato, cioè verso un comportamento scorretto: una tesi opposta alla dottrina cattolica, secondo cui il male non proviene in alcun modo da Dio. Nel nuovo Padre Nostro, che alcune parrocchie utilizzano già da mesi, la formula sarà sostituita da «non abbandonarci alla tentazione». Un’espressione simile è in vigore già da qualche anno nella Chiesa cattolica francese.
Nell’Atto Penitenziale, l’ammissione dei peccati che si pronuncia all’inizio della messa, i «fratelli» a cui si rivolge la preghiera saranno affiancati dalle «sorelle». Quindi le frasi «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli» e «E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli» saranno sostituite rispettivamente con «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle» e «E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle».
Anche il Gloria, una delle preghiere più conosciute dopo il Padre Nostro e il Credo, subirà una piccola modifica: al secondo verso l’espressione «pace in terra agli uomini di buona volontà» verrà sostituita da «pace in terra agli uomini, amati dal Signore», per evitare di lasciare intendere che la pace appartenga solo alle persone benintenzionate.
Cambieranno poi diverse formule pronunciate dal sacerdote che celebra la messa: per esempio dopo la preghiera del Santo, che precede la comunione, non dirà più «santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito» ma «santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito». E appena prima della comunione, «purificami da ogni peccato» diventerà «dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro».
A differenza del messale in uso oggi, inoltre, quello nuovo include lo spartito di alcune risposte cantate – alternative a quelle ordinarie – nel corpo del testo, invece che in appendice. «Intendiamo ridare ad alcune sezioni della messa la dignità che è loro più propria, ossia quella di essere cantate», ha spiegato ad Avvenire suor Elena Massimi, che insegna Teologia sacramentaria all’università pontificia Auxilium di Roma e ha curato la sezione musicale del nuovo messale.
Il nuovo messale sarà adottato «per le parti comuni» anche dalla Chiesa di Milano, che a differenza della stragrande maggioranza delle parrocchie italiane non segue il «rito romano», cioè quello prescritto dalla CEI e a cui si riferisce il nuovo messale, ma quello «ambrosiano».