In Australia una bugia ha provocato un lockdown non necessario per 1,7 milioni di persone
Un uomo positivo al coronavirus aveva detto di essere stato infettato in una pizzeria dove era andato a mangiare: in realtà ci lavorava
Mercoledì in Australia Meridionale, lo stato australiano che ha per capitale Adelaide, è cominciato un rigido lockdown di sei giorni dopo che erano stati rilevati 36 casi di infezione da coronavirus, compreso il primo caso di trasmissione locale da aprile. Il lockdown però finirà oggi, in anticipo: perché si è scoperto che una delle persone infettate dal coronavirus aveva mentito sul modo in cui era stata infettata.
Basandosi su quanto aveva detto agli incaricati del tracciamento dei contatti, le autorità avevano creduto che ci fosse stato un cluster, cioè un singolo episodio di grande trasmissione del coronavirus. In realtà la sequenza dei contagi rilevati si spiega in un altro modo e l’epidemia nello stato australiano è al momento meno grave di quanto si pensasse.
In una conferenza stampa, il primo ministro dell’Australia Meridionale Steven Marshall ha detto chiaramente che da quella falsa testimonianza è dipesa la decisione di disporre il lockdown, e che se si fosse saputa da subito la verità non ce ne sarebbe stato bisogno. A mentire è stato un uomo che lavora in una pizzeria di Adelaide, il Woodville Pizza Bar. Inizialmente aveva detto agli addetti al contact tracing che lo avevano intervistato di essere solo un cliente della pizzeria. Per questo le autorità sanitarie erano giunte alla conclusione che fosse stato infettato durante un brevissimo lasso di tempo e che dunque fosse probabile che nel Woodville Pizza Bar si fosse formato un cluster di contagi, che poteva essere all’origine di molti altri casi ancora non rilevati. In realtà è quasi sicuro che l’uomo sia stato infettato da un suo collega della pizzeria, un addetto alla vigilanza che lavorava anche al Peppers Waymouth, uno degli hotel di Adelaide usati per la quarantena dei contagiati.
La bugia è stata scoperta perché un addetto al contact tracing particolarmente scrupoloso era stato insospettito dal racconto dell’uomo e aveva deciso di fargli altre domande. Non si sa perché abbia mentito e non è chiaro se subirà delle ripercussioni per la sua bugia. Il capo della polizia dell’Australia Meridionale Grant Stevens ha detto che mentire agli addetti al contact tracing non è un reato. Tuttavia, ha annunciato Stevens, una squadra speciale sarà incaricata di indagare sulla vicenda e capire se l’uomo abbia violato qualche legge. Stevens ha anche detto, rispondendo alla domanda di un giornalista, che la polizia farà attenzione alla possibilità che il Woodville Pizza Bar abbia problemi di sicurezza per via del risentimento degli abitanti di Adelaide.
Il lockdown sarebbe dovuto durare fino a martedì, e riguardava tutti gli 1,7 milioni di abitanti dell’Australia Meridionale. Aveva regole molto rigide: tutti gli esercizi commerciali non essenziali avevano chiuso, così come le scuole, ed erano state vietate sia le attività di esercizio fisico all’aperto che le passeggiate con i cani. Lunedì le scuole riapriranno e già da domani fino a cento persone potranno partecipare alle funzioni religiose. Venerdì in tutta l’Australia Meridionale sono stati fatti 19mila test per il coronavirus e una sola persona – che già si trovava in isolamento fiduciario per via di un familiare – è risultata positiva.
Era già successo che in Australia una persona mentisse agli addetti al contact tracing causando preoccupazione nelle autorità. A ottobre un camionista di Melbourne, la capitale dello stato di Victoria, aveva aspettato due settimane prima di dire di essere stato a Shepparton, un’altra città dello stato, nel periodo in cui già era stato infettato dal coronavirus.
Nel resto dell’Australia comunque la situazione è sotto controllo, al momento: nello stato di Victoria non sono stati rilevati nuovi casi e non ci sono stati morti di COVID-19 per 21 giorni consecutivi.