I dati della settimana sul coronavirus in Italia
Per la prima volta da mesi i contagi rimangono pressoché stabili, ma ricoveri e decessi com'era prevedibile continuano a peggiorare
Negli ultimi sette giorni i casi di coronavirus registrati in Italia sono stati pressapoco gli stessi della settimana precedente: circa 242mila. La curva si è quindi stabilizzata, anche se su numeri altissimi e che stanno mandando in crisi il sistema sanitario, di nuovo. Perché l’epidemia torni sotto controllo dovranno ancora scendere drasticamente: il rallentamento dei nuovi casi è un primo passo.
I decessi, che notoriamente seguono andamenti in ritardo di un paio di settimane rispetto ai contagi, continuano ad aumentare: negli ultimi sette giorni sono stati 4.281, 884 in più rispetto alla settimana precedente. Per ritrovare numeri simili bisogna tornare alla prima metà di aprile, il momento di massima emergenza negli ospedali italiani. La differenza rispetto ad allora è che l’impatto dell’epidemia è più distribuito a livello nazionale, invece che concentrato in alcune regioni.
Il rallentamento dei contagi arriva dopo due settimane di quasi lockdown nelle regioni considerate più a rischio – Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria, a cui si sono aggiunte successivamente la provincia di Bolzano, la Toscana e la Campania – e da restrizioni comunque assai rigide nel resto d’Italia. Gli effetti sono quindi diventati visibili, e lo ha rilevato anche l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicato domenica scorsa. L’ISS calcola che l’indice di trasmissione nazionale (Rt) tra il 22 ottobre e il 4 novembre sia stato di 1,43, significativamente inferiore all’1,72 di una settimana prima. Ma ci sono argomenti per ritenere che l’indice Rt sia diventato meno affidabile, a causa del peggioramento della qualità dei dati raccolti dalle regioni.
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I ricoverati ordinari hanno superato il picco che era stato raggiunto a inizio aprile, e sono quasi 34mila. I ricoverati in terapia intensiva sono oltre 3.700, ma esercitano una pressione diversa a seconda della regione. Secondo i dati aggiornati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, la regione con il tasso di saturazione delle terapie intensive più alto è la Lombardia, che ospita 915 malati di COVID-19 sui 1.407 posti disponibili. Segue il Piemonte, con il 62,1% dei posti occupati da pazienti COVID-19, poi l’Umbria con il 58,6%. I dati sulle disponibilità di posti letto nelle terapie intensive sono un po’ delicati, perché cambiano ogni giorno per via delle nuove attivazioni e perché possono essere stimati e calcolati in modi un po’ diversi. Questi sono i dati di un ente pubblico che si occupa precisamente di monitoraggio sanitario, e dovrebbero quindi essere i più affidabili.
Per quanto riguarda i dati regionali sui contagi, la regione con più casi continua a essere la Lombardia dove però sono infine diminuiti: sono stati 54.485 nell’ultima settimana. Il Piemonte è la seconda regione, con 28.123, un numero più o meno uguale rispetto ai sette giorni precedenti. Anche in Campania sono diminuiti (25.290).
È sempre meglio però parlare di numeri rapportati alla popolazione: la mappa mostra dei cerchi più grandi per le regioni con più casi settimanali rispetto agli abitanti, ma di colori diversi a seconda dell’aumento o della diminuzione rispetto ai sette giorni precedenti. Si vede che in provincia di Bolzano e in Valle d’Aosta ci sono più contagi per abitante che nel resto d’Italia, con numeri piuttosto stabili. I miglioramenti più significativi – sempre per quanto riguarda i contagi: la situazione negli ospedali è un altro discorso – ci sono stati in Liguria (-17%) e in Umbria (-16%), gli andamenti peggiori sono stati registrati in Molise (+32%) e Calabria (+27%).
A livello nazionale, il tasso di positività dei tamponi – cioè quanti risultano positivi sul totale di quelli fatti – ha iniziato a calare, dopo essersi stabilizzato: è un buon segnale. È un indicatore parziale, ma quando supera una certa soglia mostra che le operazioni di test sono concentrate sulle persone che già manifestano sintomi, e che raggiungono sempre meno gli asintomatici che quindi sfuggono ai conteggi e soprattutto al contact tracing.
Ma la situazione del tasso di positività è piuttosto diversa da regione e regione. Si va dal 22,3% della provincia di Bolzano al 7,4% della provincia di Trento. La mappa mostra un colore più scuro per i tassi di positività più alti, e un cerchio più grande per i maggiori contagi settimanali rapportati alla popolazione.
Scendendo ancora nell’analisi territoriale dell’epidemia, la provincia con più contagi per abitante nelle ultime due settimane è sempre quella di Varese (1.844 ogni 100mila abitanti), dove il dato è ulteriormente peggiorato. Segue quella di Como (1.644, anche qui in peggioramento) e Bolzano (1.604, sempre in peggioramento). A Milano invece il dato sta calando: sono stati 1.371, contro i 1.486 registrati sette giorni fa. Al centro, le province dove la circolazione del coronavirus è maggiormente accertata sono sempre Prato (1.224, un po’ meglio della settimana scorsa), Pisa (1.188, anche qui meglio) e L’Aquila, dove sono stati 1.100 ogni 100mila abitanti, significativamente di più di quelli registrati una settimana fa. Al Sud le provincie di Caserta (1.129) e Napoli (1.024) sono nettamente quelle con i dati peggiori.
Questa settimana sono stati comunicati i risultati di 1.524.019 tamponi, e le nuove persone testate sono state 857.372 (per la prima volta da mesi meno della settimana precedente). Secondo il rapporto dell’ISS, nel periodo tra il 26 ottobre e l’8 novembre i casi di positività scoperti con le operazioni di screening – cioè con i tamponi fatti a determinate categorie considerate a rischio, come gli operatori sanitari – sono stati il 29%; quelli scoperti con il tracciamento dei contatti sono stati il 21%; quelli scoperti perché il paziente aveva sintomi il 32% (per il 18% dei casi non si sa).