La Bulgaria non vuole la Macedonia del Nord nell’Unione Europea
Ed è una cosa inattesa dati i rapporti tra i due paesi, che però negli anni si sono un po' complicati
Martedì la Bulgaria ha bloccato il processo di adesione della Macedonia del Nord all’Unione Europea, che sembrava essersi faticosamente sbloccato lo scorso anno con la fine di una disputa trentennale tra governo macedone e governo greco. La Bulgaria è stato l’unico stato membro dell’Unione Europea a votare contro l’inizio dei colloqui, dando un duro colpo alle ambizioni europee di un ulteriore allargamento verso i paesi della regione dei Balcani.
La posizione della Bulgaria potrebbe sembrare inaspettata, se si considerano i rapporti passati tra i due paesi. La Bulgaria fu infatti la principale sostenitrice della Macedonia durante il suo processo di indipendenza dall’allora Jugoslavia, e nel 1991 fu il primo paese a riconoscere il nuovo stato indipendente macedone. Nel corso degli anni, però, i rapporti fra i due paesi sono via via peggiorati, soprattutto riguardo a ragioni legate alla storia, all’identità e al linguaggio.
La regione storica della Macedonia è infatti più ampia del territorio nazionale dell’attuale Macedonia del Nord: include anche un pezzo di Grecia e di Bulgaria. Per trent’anni la Grecia aveva accusato la Macedonia di essersi appropriata di un nome e di un’identità culturale e storica appartenenti a un’area geografica che rientrava anche nei confini dello stato greco. Quella disputa era terminata nel 2019, quando la Macedonia aveva definitivamente accettato di cambiare il proprio nome in “Repubblica della Macedonia settentrionale” (o “Macedonia del Nord”, come viene indicata più di frequente): la modifica del nome era stata accettata dai macedoni con la speranza che potesse sbloccare l’adesione del paese alla NATO e all’UE. Oggi la Bulgaria sembra intenzionata a entrare in una disputa simile, nonostante un accordo tra i due paesi firmato nel 2017 che aveva stabilito un accordo intorno a diverse questioni, tra cui gli eroi nazionali “rivendicati” da entrambi gli stati.
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Durante la discussione tenuta martedì in videoconferenza tra ministri degli Affari europei dei paesi membri dell’UE, la Bulgaria ha accusato la Macedonia del Nord di non avere rispettato la storia che i due paesi condividono, per esempio citando nei documenti necessari all’ammissione “la lingua macedone”, che la Bulgaria sostiene derivi dal bulgaro; la Bulgaria, inoltre, vorrebbe che la Macedonia del Nord garantisse esplicitamente di non appoggiare alcuna rivendicazione della minoranza macedone in Bulgaria, richiesta che il governo macedone non ha accolto. Ekaterina Zaharieva, ministra degli Esteri della Bulgaria, ha detto che «al momento la Bulgaria non pensa che la Macedonia del Nord sia pronta» per entrare nell’Unione Europea, senza però dare ulteriori dettagli sulla sua posizione.
Secondo il Financial Times per spiegare il veto bulgaro ci potrebbero essere altri motivi, oltre al conflitto culturale.
È possibile che il governo bulgaro, guidato da Boyko Borisov, stia puntando sulla retorica nazionalista per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica da mesi di proteste contro il crimine organizzato e la corruzione. Inoltre l’alleato minore della coalizione di governo, il Movimento nazionale, è guidato da un politico nazionalista, il ministro della Difesa Krasimir Karakachanov, che ha posizioni particolarmente dure sulla questione dell’identità macedone. Secondo Vessela Tcherneva, direttrice dell’ufficio a Sofia del think tank European Council on Foreign Relations, «Borisov sta credendo alla minaccia che i nazionalisti possano far cadere il suo governo pochi mesi prima della fine del mandato, una cosa che [il primo ministro] era riuscito ad evitare negli ultimi sei mesi».
Diversi funzionari e diplomatici dell’Unione Europea, ha scritto Politico, hanno espresso frustrazione per il fatto che la Bulgaria stia usando una disputa bilaterale per bloccare un processo che riguarda tutta l’Unione.
Alcuni diplomatici hanno però sottolineato che le aspirazioni dell’UE di allargarsi verso i Balcani occidentali – tra le altre cose nel tentativo di limitare le influenze russe e cinesi – potrebbero essere frustrate anche da eventuali ostacoli relativi al processo di adesione dell’Albania.
I colloqui con l’Albania sono stati legati strettamente a quelli con la Macedonia del Nord per volontà dei governi europei, che pensavano che un eventuale “disaccoppiamento” dei due paesi avrebbe creato tensioni nei Balcani occidentali. Significa che se anche la Bulgaria dovesse risolvere la sua disputa con la Macedonia del Nord, il processo di adesione – che di solito dura già parecchi anni – potrebbe comunque subire nuovi ritardi.
Da mesi diversi paesi dell’UE come i Paesi Bassi e soprattutto la Francia giudicano insufficienti le riforme realizzate dall’Albania per accedere al processo di adesione, tanto che nell’autunno del 2019 il governo francese aveva posto il veto sulla fase successiva dei negoziati, di fatto bloccando anche il processo della Macedonia del Nord. La posizione dei paesi più prudenti è che l’allargamento verso est compiuto fra 2004 e 2007 – quando entrarono nell’UE paesi come Ungheria, Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia – fu realizzato in maniera troppo frettolosa, creando squilibri all’interno dell’Unione che durano ancora oggi. È possibile che nei prossimi mesi l’Unione Europea lavorerà per sbloccare lo situazione tra Bulgaria e Macedonia del Nord, convincendo il governo bulgaro a ammorbidire la sua posizione o trovando un accordo per poter andare avanti nei colloqui.
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