La Campania cerca tanti medici
La Protezione Civile ha pubblicato un avviso per trovarne 450, ma ci sono dei dubbi sulla sua efficacia
La Protezione Civile ha pubblicato una manifestazione di interesse per provare ad assumere fino a 450 medici in Campania, di varie specializzazioni, da tempo richiesti dall’amministrazione regionale per rispondere alla seconda ondata di contagi da coronavirus. L’avviso è stato pubblicizzato anche con degli spot televisivi trasmessi in prima serata sulle principali reti televisive, ma le modalità con cui è stato pubblicato lasciano un po’ di dubbi sulla sua efficacia e hanno ricevuto critiche dalle associazioni di categoria, com’è successo tante altre volte per le assunzioni d’emergenza fatte durante l’epidemia.
L’avviso è stato pubblicato domenica e scade mercoledì alle 12.30, e serve a trovare 150 anestesisti, 100 infettivologi, 100 pneumologi e 100 medici specializzati in urgenze ed emergenze, quelli normalmente impiegati nei pronto soccorso. I medici – come gli infermieri – mancano un po’ ovunque in Italia, ma in Campania questa carenza è particolarmente grave, e si unisce a un numero di contagi – assoluti e in rapporto alla popolazione – più alto che in qualsiasi altra regione del Sud.
A fine ottobre, il presidente della Campania Vincenzo De Luca aveva scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per lamentarsi del fatto che aveva chiesto «l’invio immediato da parte della Protezione Civile di 600 medici (con particolare attenzione agli anestesisti) e 800 infermieri», e invece erano arrivati «solo 22 medici e 81 infermieri». L’avviso dovrebbe servire a rispondere alla richiesta di De Luca.
I contratti proposti sono di lavoro autonomo, «anche di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co)», con scadenza al 31 gennaio 2021 e prorogabili se ci sarà ancora bisogno. È previsto anche un rimborso mensile per chi arriva da fuori regione, perché l’intento sembra proprio essere quello di attrarre medici di altre zone d’Italia. Ma attualmente un po’ tutte le regioni hanno bisogno di medici, e quindi le assunzioni programmate in Campania escludono esplicitamente i medici già assunti nel pubblico o nel privato, «al fine di non pregiudicare i livelli di servizio attuali». Il principio è quello di non sottrarre forze alle altre regioni, un fenomeno che si è verificato negli scorsi mesi e che ha provocato problemi. Ma inevitabilmente il campo dei potenziali interessati si restringe.
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«Sembra un bando fatto tanto per farlo» dice Antonio De Falco, segretario regionale del sindacato CIMO-FESMED, «perché è molto tardivo e soprattutto è aperto per appena tre giorni». I contratti inoltre non saranno a tempo indeterminato e nemmeno determinato: una proposta definita «becera» da Pierino Di Silverio, medico napoletano e responsabile del Settore Giovani di Anaao-Assomed, altro sindacato di medici.
Il compenso – 45 euro lordi all’ora – secondo De Falco è un po’ basso per gli standard dei medici che lavorano nei reparti Covid, «ma il problema non è tanto quello». La questione principale è che possono rispondere all’avviso solo medici che hanno già conseguito il diploma di specializzazione, escludendo quindi quelli agli ultimi anni, nonostante le regioni abbiano avuto per legge la possibilità di potenziare l’organico contrattualizzando specializzandi agli ultimi due anni. Secondo le stime di Di Silverio, sarebbero almeno 350 in Campania per le discipline richieste.
Tutti questi elementi lasciano un po’ di dubbi su quante adesioni possa ricevere la manifestazione di interesse. Anche perché nei mesi scorsi in regione ci sono stati altri bandi simili, con proposte economiche più vantaggiose: e «sono andati quasi deserti» spiega Di Silverio.
Il fatto che in Campania ci siano pochi medici in rapporto ai posti letto in ospedale e alla popolazione non è una novità: è una cosa che si sapeva, un grosso problema che è diventato un’emergenza per via dell’epidemia. Se ne parlava già addirittura durante la prima ondata, a marzo e aprile, quando l’impatto dei contagi sulla regione era stato molto più contenuto.
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Lo scorso dicembre, appena prima dell’epidemia, la sanità della Campania era uscita da dieci anni di commissariamento, deciso nel 2009 dall’allora governo Berlusconi IV per far rientrare la spesa regionale nei limiti previsti, evitando un disavanzo che aveva raggiunto i 774 milioni di euro. L’obiettivo è stato raggiunto, ma con una serie di ampi tagli alla spesa che hanno posto le basi per le attuali difficoltà del sistema sanitario campano, a partire dall’insufficiente numero di posti in terapia intensiva: ad oggi sono 590 contro i 962 del Lazio, che ha la stessa popolazione, e i 751 della Sicilia, che ha il 15% di abitanti in meno.
La carenza di medici e di infermieri è un’altra conseguenza di questi tagli. A fine ottobre, De Luca aveva detto che «la Campania è una delle regioni che ha meno personale medico: abbiamo 43.500 addetti, mentre il Veneto ne ha 59.302 con un milione di abitanti in meno, l’Emilia-Romagna ne ha 58.250 con 1,5 milioni di abitanti in meno. Rispetto alla popolazione siamo la Regione che ha meno unità lavorative nel sistema sanitario». Secondo i dati del ministero della Salute, citati dall’Espresso, nel 2011 in Campania i medici erano più di 10mila e gli infermieri 20mila, nel 2017 erano rispettivamente 8.869 e 18.145.
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Negli ultimi anni, comunque, la Campania aveva migliorato sensibilmente i propri LEA (Livelli essenziali di assistenza), un indicatore calcolato dal governo sulla base dei servizi sanitari offerti e dell’efficienza nella spesa e nella gestione delle risorse, che permette di accedere a maggiori finanziamenti statali. La soglia di sufficienza che le regioni devono superare è di 160, raggiunta dal 2018 anche dalla Campania. È stata la penultima regione tra quelle sopra la soglia, davanti alla Calabria con 162, ma anche davanti a Valle d’Aosta (159), Sardegna (145) e la provincia di Bolzano (142).