Gli Stati Uniti ritireranno metà delle proprie truppe dall’Afghanistan
Lo ha annunciato ufficialmente il dipartimento della Difesa: diversi analisti temono che ne gioveranno soprattutto i talebani
L’amministrazione statunitense di Donald Trump ha annunciato che entro il 15 gennaio ritirerà metà delle proprie truppe in Afghanistan, invaso dagli Stati Uniti quasi vent’anni fa, passando da 5.000 soldati a circa 2.500. La decisione era stata anticipata da alcuni giornali ed è stata confermata fra martedì 17 novembre e mercoledì 18 dal nuovo segretario alla Difesa, Christopher C. Miller. Il nuovo segretario ha aggiunto che entro la stessa data verrà ridotta la presenza militare statunitense anche in Iraq e Somalia, ma con tagli più contenuti.
Negli scorsi mesi Trump aveva promesso più volte di ridurre progressivamente l’impegno dell’esercito statunitense in Africa e Medio Oriente, arrivando anche a ipotizzare – un mese prima delle elezioni presidenziali, poi perse contro il candidato Democratico Joe Biden – il ritiro completo di tutte le truppe dall’Afghanistan «entro Natale». Diversi analisti ritengono che Trump stia semplicemente cercando di mantenere parte della parola data: in molti, però, temono che la sua decisione possa avere conseguenze negative a breve e medio termine.
All’inizio del 2020, dopo anni di faticosi negoziati, gli Stati Uniti avevano trovato un accordo coi talebani – un gruppo politico-terrorista e islamista estremamente radicale – per lasciare il paese nel corso del 2021. I talebani si erano impegnati a condurre trattative di pace col governo centrale afghano e prendere le distanze da al Qaida, uno dei più noti gruppi terroristi al mondo, loro storico alleato. Inizialmente i talebani avevano rispettato l’accordo e avviato trattative col governo. Negli ultimi mesi però hanno ripreso gli attacchi nei confronti delle forze del governo centrale: secondo un calcolo del New York Times, ottobre è stato il mese con più morti civili in Afghanistan – più di 200 – da un anno a questa parte.
«I funzionari afghani considerano da tempo la presenza militare statunitense un incentivo fondamentale per spingere i talebani a rispettare gli accordi», aggiunge il New York Times: «oggi, in molti – compresi i talebani, secondo i funzionari governativi afghani – ritengono che il frettoloso ritiro americano sia il segnale che gli Stati Uniti se ne andranno a prescindere dalle violenze compiute dagli estremisti».
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Di un parziale ritiro delle truppe in Afghanistan si vociferava da tempo, all’interno dell’amministrazione Trump. All’inizio di novembre l’allora segretario alla Difesa Mark Esper inviò alla Casa Bianca un documento in cui secondo il Washington Post avvertiva che un ritiro anche parziale avrebbe potuto «danneggiare le truppe che rimarranno in Afghanistan», «mettere a rischio le alleanze» e «delegittimare i negoziati» in corso fra talebani e governo centrale afghano. Esper è stato licenziato da Trump il 9 novembre, dopo mesi di cattivi rapporti.
Democratici e Repubblicani hanno reagito alla decisione di Trump in ordine sparso: Mitch McConnell, il capo dei Repubblicani in Senato, che peraltro da giorni appoggia le falsità di Trump sui presunti brogli alle elezioni, ha definito il ritiro parziale dall’Afghanistan «un errore», mentre diversi altri Repubblicani hanno sostenuto la decisione di Trump. Anche il deputato Democratico Adam Smith, presidente della commissione della Camera che sovrintende le forze armate, ha appoggiato il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, mentre non è chiaro che intenzioni abbia il prossimo presidente, Joe Biden.