Una canzone di Morgan

E un po' di storie di qualità, difetti, e prati montani

(Luca Sofri)
(Luca Sofri)

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Ieri sera Barack Obama ha fatto circolare una sua playlist: non è la prima volta, ma stavolta era davvero loffia, come hanno notato in molti.
I quotidiani italiani oggi erano molto eccitati che il Guardian avesse celebrato Raffaella Carrà (a parte la simpatia, e il darsi di gomito per ridere, l’unica cosa musicalmente buona in tutta la carriera Carrà è “uh!”).
Sempre il Guardian celebra anche Dolly Parton per il botto di soldi che ha dato per la ricerca sul vaccino Moderna.

Canzone per Natale
Non è una gran foto, quella qui sopra oggi, di solito cerco di sceglierne di più belle. Ma l’ho fatta io e ci sono affezionato: nel 2008 facemmo una specie di scampagnata montana di Condor – il programma che facevamo in radio – con un manipolo di ascoltatori e un po’ di amici (c’erano Zoro, Giovanni Floris, Massimo Cirri), e pure Morgan, che arrivò puntuale, suonò un pianoforte in mezzo a un prato e con noi gitanti attorno, e fu una gran bella giornata.

Tra le note qualità di Morgan c’è il non possedere per niente quel rigore professionale di molti artisti – a volte comprensibile, a volte un po’ un’insicurezza spocchiosa – che si prendono molto sul serio. Morgan è uno che se gli chiedeste di cantare Ricominciamo di Pappalardo alla Scala gremita di elegantoni, lo farebbe, subito dopo aver disquisito di un’aria del Rigoletto. E anche quella volta a Gressoney fece un po’ di tutto.

Tra i noti difetti di Morgan c’è che fa casino, come ha fatto sapere in più di un’occasione al paese intero: cinque anni fa non arrivò a Pescara per una serata che avevamo organizzato di cui doveva essere protagonista. Si scusò e rifissammo tre settimane dopo, e non arrivò di nuovo, avvisando un’ora prima: con le persone che avevano pagato i biglietti già in teatro. Ho superato l’incazzatura, ma ho pensato di rinunciare a fare altre cose con lui.

Ne avevamo fatte alcune, da quando avevamo fatto amicizia dopo quel suo unico vero disco (gli altri sono cose appiccicate) del 2003, molto bello: aveva dentro Altrove, che è una delle più belle canzoni italiane di questo millennio, e Canzone per Natale. Avevo proposto al Venerdì di scriverne e mi avevano mandato a intervistarlo. Morgan – come sa chiunque lo abbia visto nelle sue molte cose – conosce la musica e ne sa parlare in modi spesso affascinanti. Mi ricordo quando a un qualche X Factor sbottò contro i banali commenti di qualche suo commensale dicendo “avete rotto le palle con questa storia dell’estensione vocale! Frank Sinatra aveva un’estensione vocale ridottissima!”.

In decenni in cui quasi tutti a Natale sono solo capaci di ricantare inutilmente vecchi classici, Morgan ha scritto una delle più belle e originali canzoni di Natale, facendola restare una canzone di Natale.
In cui Natale un po’ è lo sfondo e un po’ è la storia
Le finestre accese
Le ombre tutte quante insieme a conversare
Per le strade tetre del quartiere
Un nuovo centro commerciale
Alberi che puntualmente
Giorno dopo giorno, vengono a mancare

E c’è lui che sa inventarsi passaggi non banali e modi non prevedibili di ripetere i versi, come quando resta sospeso sull’orlo di “lenozzedì… Natale”. Poi cosa c’entri Napoleone chi lo sa: uno si aspetta che dica “la vera storia di Babbo Natale”, e forse proprio per questo è meglio spiazzarlo. Qui c’è la impacciata versione di Gressoney.
C’è un temporale
E nelle case
La luce si fa artificiale
S’è fatto buio
E si racconta
La vera storia di Napoleone
C’è il temporale
E anche se non fosse stato Natale
T’avrei amata uguale


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