Il trattato che cambia il commercio in Asia
15 paesi dell'Asia Pacifico si sono accordati per rendere più facili gli scambi reciproci: ed è una cosa importante per varie ragioni
Domenica i leader di 15 paesi della regione Asia Pacifico hanno firmato uno dei più grandi trattati commerciali della storia, dopo otto anni di negoziati. Il trattato si chiama Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) e tra le altre cose stabilisce nuove regole riguardo al commercio di beni e servizi, agli investimenti trans frontalieri e alla proprietà intellettuale. Nonostante non offra lo stesso livello di integrazione dell’Unione Europea o dell’Accordo Stati Uniti-Messico-Canada, il RCEP è considerato un passo importante verso la rimozione dei dazi commerciali tra i paesi coinvolti, e verso un ulteriore aumento dell’influenza cinese in Asia.
Il RCEP è stato firmato dai dieci membri dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (ASEAN) – Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam – e da Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. L’accordo avrebbe potuto essere ancora più largo se l’India non avesse deciso di ritirarsi dai negoziati nel 2019: il governo indiano temeva un aumento significativo delle importazioni di beni cinesi a basso costo e riteneva che l’accordo avrebbe fatto poco per favorire il commercio di servizi, un settore in cui l’India è più forte di molti altri paesi asiatici.
Peter Petri, docente di finanza internazionale alla Brandeis University (Massachusetts, Stati Uniti), ha detto al Financial Times: «Per certi versi questo è l’accordo di libero commercio più grande della storia. Riguarda circa il 30% della popolazione mondiale».
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Nell’accordo ci sono due elementi particolarmente significativi. Il primo riguarda il fatto che non sarà più necessario fare ogni volta accordi specifici tra due stati per togliere dazi sui beni commerciati, come succede all’interno dell’ASEAN; da ora in poi un produttore di uno stato firmatario del RCEP può commerciare liberamente con tutti gli altri 14 paesi dell’accordo. Il secondo è che il trattato è il primo di libero scambio tra Cina, Giappone e Corea del Sud, paesi che non hanno sempre rapporti distesi: «Il RCEP ha permesso loro di raggiungere qualcosa che sarebbe stato molto difficile raggiungere per vie politiche, se [questi tre paesi] avessero dovuto fare da soli», ha detto Petri.
Il RCEP, comunque, non è un trattato ambizioso come il TPP, il Trans Pacific Partnership, uno dei più grandi accordi commerciali mai sottoscritti, firmato nel 2015 da 12 paesi (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti) da cui però gli Stati Uniti si ritirarono nel 2017 per volontà del presidente Donald Trump. Il RCEP prevede l’eliminazione del 90% delle tariffe, contro quasi il 100% del TPP, non si occupa quasi per niente di agricoltura e solo parzialmente di servizi, e non prevede l’imposizione di regole significative sugli standard da garantire per certi prodotti. Il problema più grande, comunque, è l’assenza dell’India, che avrebbe reso ancora più ampio l’accordo e soprattutto avrebbe potuto bilanciare lo strapotere cinese.
C’è un’altra considerazione importante da fare. Molto probabilmente il trattato ridurrà ancora di più l’influenza degli Stati Uniti nella regione, una tendenza che si era già confermata con il ritiro dal TPP deciso da Trump. È anche possibile che la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, iniziata nel 2018, abbia favorito il commercio e gli investimenti tra paesi asiatici e accelerato i negoziati sul RCEP. Oggi gli Stati Uniti sono fuori dai due più grandi e importanti trattati commerciali che coinvolgono paesi asiatici.
Ora che è stato firmato, per entrare in vigore il RCEP dovrà essere ratificato dai paesi coinvolti, secondo le procedure previste in ciascun paese. L’idea di molti osservatori è che probabilmente il trattato modellerà il futuro del commercio in Asia e spingerà Cina, Giappone e Corea del Sud, tre paesi molto forti nel settore manifatturiero e tecnologico, ad accelerare i negoziati su un accordo di libero commercio.