La strategia della Svezia contro il coronavirus non sta funzionando
Nel paese il numero dei ricoveri sta crescendo più velocemente che nel resto d'Europa, ma il governo non vuole imporre il lockdown
La strategia della Svezia per contenere la seconda ondata dell’epidemia da coronavirus non sembra stia funzionando. Come era successo la scorsa primavera, quando in Europa si registrava il picco dell’emergenza, anche nelle ultime settimane il governo svedese ha scelto di non imporre lockdown obbligatori, e si è limitato a diffondere raccomandazioni affidandosi alla responsabilità individuale dei propri cittadini, in parte nel tentativo di salvare l’economia.
La situazione nel paese sembra però essere piuttosto seria, anche se lontana da quella degli stati finora più colpiti. In Svezia il numero dei ricoveri in ospedale di malati di Covid-19, la malattia provocata dal coronavirus, sta aumentando più rapidamente che in qualsiasi altro paese europeo, secondo i dati raccolti dal Financial Times (paywall): raddoppia ogni otto giorni, contro i 14 della Norvegia e i 10 dell’Italia.
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Come già nei mesi scorsi, anche oggi la situazione della Svezia è unica in Europa. Il governo svedese, per esempio, è l’unico a non avere imposto l’uso della mascherina fuori dagli ospedali, e sembra non essere intenzionato a cambiare idea sulla possibilità di adottare misure restrittive obbligatorie, nonostante le previsioni che erano state fatte sull’autunno si siano rivelate ampiamente sbagliate.
A maggio Anders Tegnell, epidemiologo che ha coordinato la risposta svedese all’epidemia, aveva sostenuto che l’alto numero dei morti per il Covid-19 che aveva caratterizzato la prima ondata in Svezia sarebbe stato seguito da «un alto livello di immunità» e da un numero dei nuovi contagi «probabilmente piuttosto basso». Nessuna di queste previsioni, però, si è concretizzata.
Secondo i dati raccolti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ed elaborati da Our World in Data, il 12 novembre la media mobile su sette giorni dei nuovi contagi giornalieri in Svezia era pari a 401 ogni milione di abitanti: un numero molto più alto di quello registrato in Norvegia (104) e in Finlandia (36). Per fare un confronto, in Italia, uno dei paesi europei più colpiti oggi dalla seconda ondata, era di 557.
Come ormai si sa, però, i dati dei nuovi contagi possono essere poco indicativi, perché dipendono dal numero di tamponi effettuati, dalle categorie di persone sottoposte al test e dalla rapidità ed efficienza di comunicazione dei risultati alle autorità sanitarie nazionali.
Ci sono però altri indicatori che mostrano come in Svezia ci sia una situazione preoccupante. Per esempio a Stoccolma, capitale e centro sia della prima che della seconda ondata, 1 tampone ogni 5 sta risultando positivo: una tasso di positività del 20%, piuttosto alto, che suggerisce che il virus sia molto più diffuso di quanto suggeriscano i dati giornalieri sui nuovi contagi (questo dato scende a 1 positivo su 10 testati se si considera l’intero territorio nazionale). Un altro dato preoccupante è quello che arriva dalle case di riposo della capitale, che stanno osservando un aumento rilevante di nuovi contagi tra gli ospiti: erano state proprio le case di riposo a registrare la maggior parte delle morti nei mesi di aprile, maggio e giugno.
Il dato più preoccupante è però quello sui ricoveri in ospedale, che stanno aumentando più velocemente di qualsiasi altro paese europeo, nonostante i numeri siano ancora piuttosto bassi se confrontati con quelli degli stati più colpiti, come Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Italia e Spagna. Anders Tegnell, epidemiologo consultato dal governo, ha detto che la Svezia può ancora contare sul 75-80% della capacità delle sue terapie intensive (i grafici sulla crescita dei ricoveri in ospedale nei vari paesi europei si possono vedere a questo link del Financial Times (paywall)).
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Nonostante i numeri preoccupanti, il governo svedese non sembra avere intenzione di cambiare in maniera significativa la sua strategia, per esempio imponendo estese restrizioni. La linea di non stabilire divieti ha continuato ad avere grande appoggio tra la popolazione della Svezia, un paese che basa molte delle sue regole di convivenza civile sulle scelte volontarie e sulla responsabilità dei propri cittadini, anche se di recente sono aumentati i critici. Venerdì scorso Fredrik Sun, capo del reparto di malattie infettive dell’ospedale di Uppsala, ha detto all’emittente svedese SVT che il governo avrebbe dovuto considerare un lockdown, considerata la gravità della situazione: «Abbiamo visto che nelle ultime settimane le restrizioni non sono state rispettate. Con un tale aumento di nuovi casi, è come se la Svezia fosse in caduta libera».
Rispetto alla prima ondata, però, qualcosa di diverso è stato fatto: per esempio sono state diffuse raccomandazioni particolari per le regioni con gli indicatori peggiori, come evitare acquisti nei negozi e spostamenti col trasporto pubblico; e il primo ministro svedese, Stefan Löfven, ha annunciato il divieto di vendita di alcolici dopo le 22 nei bar e nei ristoranti del paese a partire dal 20 novembre.