Sony, Microsoft e le loro nuove console
Le due aziende che da vent'anni si contendono un pezzo dell'industria dei videogiochi stanno lanciando in contemporanea i loro ultimi prodotti, la PlayStation 5 e la Xbox Series X
Nell’ultimo decennio l’industria dei videogiochi è diventata sempre più importante nel settore dell’intrattenimento. Dopo aver superato per volumi di affari cinema e musica, quest’anno il suo valore complessivo è stato stimato in 160 miliardi di dollari, il 9 per cento in più rispetto allo scorso anno. In attesa dei dati definitivi riguardanti il 2020 — che per via delle restrizioni diffuse in tutto il mondo potrebbero segnare una crescita ancora più sostenuta, simile a quella avuta dai servizi di streaming — in questi giorni due aziende leader nel settore come Sony e Microsoft stanno presentando i nuovi modelli delle loro principali console di gioco, la PlayStation 5 e la Xbox Series X.
L’industria dei videogiochi è sostenuta per circa tre quarti da prodotti per PC e dispositivi mobili. Nonostante questo, la fetta di mercato costituita dalle console è estremamente redditizia, e da vent’anni Sony e Microsoft continuano a contendersela con successive versioni delle loro console. L’azienda giapponese lanciò la prima PlayStation a metà anni Novanta, arrivando in poco tempo a dominare il mercato dopo aver superato i prodotti SEGA e Nintendo (quest’ultima continua a produrre console di gioco, ma di altro genere). La prima Xbox di Microsoft arrivò invece nel 2001, quando Sony presentò la PlayStation 2, che con 155 milioni di unità vendute — record ancora imbattuto — superò di gran lunga le 24 milioni di Xbox vendute nello stesso periodo.
Da allora, Sony e Microsoft sono concorrenti nel mercato delle console e circa ogni sette anni presentano i loro prodotti, rivali. La terza generazione di PlayStation, del 2006, venne raggiunta nelle vendite globali dalla Xbox 360 – la console di maggior successo prodotta finora da Microsoft – ma Sony ha poi sempre controllato una fetta di mercato leggermente maggiore. Le ultime generazioni di Xbox e Playstation uscirono nel novembre 2013, e da allora Sony sembra aver preso definitivamente il sopravvento, tanto che la divisione videogiochi dell’azienda giapponese ora genera da sola il 27 per cento di tutte le entrate del gruppo. Dopo aver smesso di produrre PC e televisioni di media e bassa fascia, quello dei videogiochi è il suo segmento principale, seguito dai rimanenti prodotti di elettronica e dai sensori ottici prodotti per aziende esterne. Per Microsoft, invece, i videogiochi rimangono una divisione secondaria a quella informatica.
Le più recenti analisi di mercato sostengono che Sony arriverà a vendere 5 milioni di PlayStation 5 soltanto in questi ultimi due mesi del 2020, mentre Xbox non dovrebbe superare le 4 milioni di unità. Un fattore considerato decisivo per le vendite nei primi mesi di commercio delle due console sono i videogiochi che accompagneranno il loro lancio. Oltre alle caratteristiche tecniche potenziate e all’usabilità migliorata in ogni forma, l’esclusività di alcuni titoli è infatti ritenuta uno dei motivi che spinge gli appassionati a passare ai nuovi modelli. Xbox però non avrà nessun titolo in esclusiva, mentre la PlayStation 5 sarà presentata con otto videogiochi che non potranno essere usati sulla concorrente Xbox: fra questi ci sono l’atteso nuovo Marvel’s Spider-Man, la cui versione precedente fu tra le più apprezzate degli ultimi anni, il dark fantasy Demon’s Souls e Gran Turismo 7, un classico.
Quest’anno, inoltre, sulle vendite di Xbox e Playstation potrebbe influire molto la pandemia da coronavirus, che in tutto il mondo sta costringendo milioni di persone a stare in casa più del normale, favorendo tra le altre cose l’uso di videogiochi. La domanda che gli analisti si fanno, tuttavia, non è tanto se e quanto cresceranno le vendite di console e videogiochi, ma quanto a lungo si sentiranno gli effetti della pandemia sul mercato. Una delle preoccupazioni che circolano è infatti che quando le cose cominceranno ad andare meglio, cominceranno a calare il tempo di uso dei videogiochi e i guadagni che generano. L’annuncio di Pfizer sull’efficacia del suo vaccino contro il coronavirus, per esempio, ha subito prodotto un grosso calo delle quotazioni delle aziende che hanno più guadagnato grazie agli effetti della pandemia: comprese molte società che sviluppano videogiochi.
Su questo tema, il New York Times ha intervistato esperti del settore e videogiocatori professionisti, secondo cui i timori per un possibile declino di vendite quando sarà finita la pandemia sono infondati. Secondo il New York Times l’idea prevalente è che i videogiochi abbiano la capacità di coinvolgere gli utenti più che altre forme di intrattenimento, favorendo la creazione di comunità di giocatori che resteranno probabilmente intatte anche quando si potrà tornare a frequentare cinema e concerti. Twitch, la più importante piattaforma per condividere partite con i videogiochi, ha avuto nel 2020 il suo anno migliore, passando da una media di 17,5 milioni di utenti giornalieri a circa 27 milioni.
E poi, dice il New York Times, bisogna considerare che il lancio delle nuove Xbox e Playstation è solitamente un momento di svolta per tutto il mercato, perché produce ricavi e genera enormi investimenti in tutto il settore, per molti anni. E questo, a sua volta, potrebbe contribuire a un’offerta più ricca e a una maggiore capacità del settore di trattenere i suoi utenti.
Sia Sony che Microsoft, per esempio, venderanno le loro console a un prezzo che non permetterà di generare grandi ricavi, e punteranno molto invece sui guadagni che si possono fare con servizi accessibili attraverso la console, dalla vendita dei videogiochi ad altri servizi in abbonamento. Secondo dati risalenti allo scorso maggio, il servizio di videogiochi in abbonamento di Sony – PlayStation Now – aveva più di due milioni di abbonati e quello per giocare online – PlayStation Plus – aveva 41,5 milioni di iscritti. I servizi analoghi di Microsoft, Xbox Live e Xbox Game Pass, secondo gli ultimi dati disponibili hanno rispettivamente 90 milioni e 15 milioni di iscritti.