Quanto ci stiamo muovendo dopo il Dpcm
I dati di Google aiutano a capire quanto e come sono diminuiti gli spostamenti degli italiani dopo le misure restrittive decise dal governo
di Isaia Invernizzi
Le auto incolonnate all’altezza della diramazione “Roma Sud” percorrono pochi metri al minuto. L’immagine è la stessa di sette giorni fa, nonostante nel frattempo il Lazio sia diventato zona “gialla”, con una serie di limitazioni agli spostamenti. In quel punto della caotica rete stradale della capitale gli effetti del DPCM faticano a farsi sentire.
Nella città di Milano, invece, basta camminare in centro per notare il calo del traffico.
Forse lo spaccato è poco rappresentativo, perché anche nel capoluogo lombardo si possono trovare code nelle ore di punta, ma le strade libere dalle auto sono uno dei segnali che mostrano l’efficacia della zona rossa. Ce ne sono tanti altri, di segnali: le serrande dei negozi abbassate, le persone in piedi sul marciapiede a bere caffè d’asporto, il silenzio durante le ore notturne. Insomma, molte città italiane si stanno fermando, ma la condizione di stop forzato del lockdown è ancora molto lontana.
Per cercare di capire in modo più preciso come sono cambiate le abitudini delle persone in alcune regioni e province italiane abbiamo utilizzato i dati di Google Mobility. Le informazioni consentono di analizzare dati da febbraio fino a domenica 8 novembre, quindi fino a tre giorni dopo l’applicazione del nuovo DPCM.
Si può notare, per esempio, che la settimana scorsa in tutta Italia c’è stato un calo del 25% degli spostamenti verso luoghi di lavoro rispetto a un periodo di “normalità”, cioè le prime cinque settimane del 2020. La diminuzione arriva fino a -46% per gli spostamenti verso hub di trasporto pubblico come stazioni o porti. Il dato è in crescita del 12%, invece, per la permanenza in quelle che Google chiama “aree residenziali”, quindi le case.
Sarebbe sbagliato, però, dire in modo generico che gli italiani si stanno spostando meno. Milano non è Roma e la Campania non è il Piemonte. Il nuovo DPCM, infatti, ha introdotto misure restrittive differenziate, basate su indicatori che mostrano il rischio di aumento dei contagi. La classificazione viene fatta con tre colori: in giallo dove la situazione è più sotto controllo, in arancione il livello intermedio, e in rosso dove servono provvedimenti più incisivi per limitare gli spostamenti. Gli effetti delle misure restrittive sono già evidenti nei primi giorni di applicazione dei nuovi provvedimenti.
Nelle infografiche interattive che seguono, è possibile visualizzare i dati dalla fine di febbraio fino a domenica 8 novembre. I dati possono essere filtrati a un livello di dettaglio regionale o provinciale. Le infografiche sono consultabili anche da smartphone, ma ci permettiamo un consiglio: di fronte a uno schermo più grande, con la giusta calma, si possono guardare meglio.
I dati regionali
In questa infografica sono stati raggruppati tutti i dati regionali. Può essere selezionata anche una singola regione o evidenziato un periodo preciso con il filtro per le date. Già da questi grafici si possono vedere i primi effetti dell’ultimo DPCM. Nell’ultimo aggiornamento di domenica 8 novembre, gli spostamenti verso luoghi del tempo libero sono inferiori del 51% rispetto al periodo di riferimento. Crescono gli spostamenti in luoghi residenziali, mentre la linea degli spostamenti verso luoghi di lavoro non ha subìto una netta flessione. Non tutta l’Italia è nelle stesse condizioni. Infatti, se si filtra il grafico con i dati della Lombardia, si può vedere un calo più marcato degli spostamenti verso luoghi di lavoro rispetto al periodo normale.
Spostamenti verso luoghi di lavoro
Le stesse differenze si possono notare nell’ambito degli spostamenti provinciali. Questa visualizzazione mostra i dati di tutte le province da febbraio a domenica 8 novembre. I lavoratori lombardi sono quelli che si stanno spostando meno verso il luogo di lavoro. Non significa che non lavorino, però: nelle ultime settimane, con l’aumento dei contagi, molte aziende hanno introdotto di nuovo lo smartworking dopo averlo parzialmente abbandonato con la fine dell’estate. La linea mediana colorata di nero mostra il netto divario tra il calo degli ultimi giorni e il livello di stop raggiunto durante il lockdown di marzo e aprile.
Permanenza in casa
La linea degli spostamenti in zone residenziali, e che quindi mostra la permanenza nelle case, è speculare a quella degli spostamenti verso luoghi di lavoro. Anche in questo caso si può notare la netta crescita delle province inserite in area rossa. Dove la situazione è più grave, come in Lombardia e in Piemonte, i cittadini sembrano aver capito che non devono uscire di casa per limitare la trasmissione del contagio. Durante l’ultimo weekend, le province che registrano una maggiore crescita della permanenza in casa sono Milano, Monza e Brianza, Torino, Biella, Como, Alessandria, Cuneo.
Spostamenti verso luoghi del tempo libero
Dall’inizio dell’epidemia, il settore del tempo libero è il più colpito. Google prende in considerazione ristoranti, bar, centri commerciali, parchi a tema, musei, biblioteche e cinema. In questi luoghi, come si può vedere dal grafico, non è stato quasi mai raggiunto il livello del periodo di riferimento, cioè le prime cinque settimane dell’anno. La baseline è stata superata solo durante il mese di agosto. Già a settembre gli spostamenti sono stati molto limitati, e con gli ultimi provvedimenti hanno subìto un calo ancora più deciso rispetto a ottobre. Anche qui la situazione non è uguale ovunque in Italia, come si può notare dal grafico.
Spostamenti verso hub di trasporto pubblico
Stazioni ferroviarie, della metropolitana e degli autobus: la pericolosità del virus ha portato molti cittadini a evitare i mezzi pubblici. L’inevitabile utilizzo dei bus da parte degli studenti è stato uno dei problemi più discussi dall’inizio della scuola. In generale, come si vede dal trend nel grafico, non è mai stato raggiunto il livello di inizio anno. La ripresa c’è stata solo in estate e solo nelle province legate al turismo balneare o montano.
A proposito di utilizzo del trasporto pubblico, oltre ai dati di Google è interessante analizzare anche quelli rilevati da Moovit, un’app che consente di individuare e conoscere in tempo reale gli orari e i tragitti dei vari mezzi disponibili: dai bus alla metro, fino ai treni. Secondo le elaborazioni che si possono trovare a questa pagina, attualmente l’utilizzo del trasporto pubblico è in calo di circa il 50% in tutta Italia. Durante i mesi di marzo e aprile, con il lockdown deciso dal governo per limitare il contagio, quasi tutte le città italiane rilevate dal monitoraggio hanno raggiungo il -90%.
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Da Moovit spiegano che l’andamento segue in modo preciso le misure restrittive decise dalle istituzioni e che fino ad ora i problemi sono stati rilevati solo durante le ore di punta. Le soluzioni per evitare assembramenti sono due. La prima consiste nel diversificare gli orari di punta, una strategia complessa che impone uno sforzo di riorganizzazione per aziende e servizi pubblici come le scuole.
La seconda, invece, può essere l’introduzione di un servizio di trasporto pubblico dinamico, che alcune città stanno già sperimentando. Non è il semplice concetto di trasporto a chiamata, ma un servizio che viene modulato sulla base della richiesta, attraverso il monitoraggio dei dati di utilizzo. Per esempio, se nelle ore serali la domanda è bassa, si possono limitare le corse dei bus o le fermate. Al contrario, la frequenza può aumentare nelle ore di punta, per evitare assembramenti.
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Già dallo scorso marzo, Google ha deciso di mettere a disposizione alcuni report con dati aggregati e anonimi raccolti in moltissime città e aree di tutto il mondo. I numeri sono gli stessi che vengono utilizzati per stimare in tempo reale gli orari di punta in alcuni luoghi come stazioni o negozi. Per farlo, vengono elaborati i dati di tracciamento di Google Maps che consentono di stimare quante persone ci sono in un luogo, e per quanto tempo. Nonostante i file pubblicati contengano migliaia di righe, questi dati sono solo una parte molto limitata delle informazioni che Google analizza ogni secondo in tutto il mondo.
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La pubblicazione, aggiornata ogni 24 ore, consente di farsi un’idea di come cambiano gli spostamenti in molte città anche in seguito alle decisioni prese dal governo o dalle regioni. Al contrario, ci sono esperti che sostengono l’importanza di usare questi dati proprio per consentire di prendere decisioni più efficaci e accurate.
In un’intervista al Corriere della Sera, Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, ha detto che vedere i movimenti delle singole persone in una zona potrebbe aiutare a individuare potenziali cluster di contagio. Le possibilità del sistema sono enormi, ma qualcuno potrebbe avanzare dubbi legati alle possibili conseguenze di un utilizzo inappropriato di informazioni così dettagliate. Il dibattito sul difficile equilibrio tra salute pubblica e diritto alla privacy è già stato vivace durante le settimane in cui è stata sviluppata l’applicazione Immuni, attivata per facilitare le operazioni di contact tracing. Questi dubbi non si pongono, però, con i dati di Google Mobility, aggregati a un livello di dettaglio provinciale o regionale.
In attesa del vaccino, servono soluzioni complesse per tenere sotto controllo la trasmissione del virus senza tornare in lockdown. I dati possono offrire spunti importanti per studiare nuove possibili strategie contro il coronavirus.