Cosa può fare Trump in queste ultime settimane?
Ha già iniziato a regolare un po' di conti licenziando il segretario della Difesa, e potrebbe tra le altre cose ricorrere alla grazia presidenziale
Per i prossimi due mesi, prima dell’insediamento di Joe Biden, Donald Trump sarà il presidente uscente degli Stati Uniti e continuerà a disporre della maggior parte dei suoi poteri. In tanti si stanno chiedendo come userà queste ultime settimane di mandato, dal momento che non sembra aver intenzione di comportarsi come gli altri presidenti sconfitti del passato, e quali conseguenze potrebbe avere sull’amministrazione Biden. Qualche notizia degli ultimi giorni può già dare un’idea di cosa ci aspetta.
Lunedì, infatti, Trump ha licenziato il segretario della Difesa Mark Esper, con cui aveva da tempo pessimi rapporti e che aveva già pronta da settimane una lettera di dimissioni, ha spiegato CNN. La decisione non è direttamente legata alle elezioni: i loro rapporti avevano cominciato a deteriorarsi nel 2019, quando Esper aveva raccomandato a Trump di ripristinare gli aiuti economici all’Ucraina, che il presidente aveva bloccato per fare pressioni perché le autorità locali indagassero sulla storia del figlio di Biden (è la storia per cui poi Trump era stato messo sotto impeachment). Esper si era anche schierato contro l’uso dell’esercito per reprimere le proteste di Black Lives Matter in estate.
Ma sembra che al licenziamento di Esper ne possano seguire diversi altri. Secondo i giornali americani, infatti, Trump da tempo aveva intenzione di usare il periodo immediatamente successivo alle elezioni – sia in caso di vittoria che di sconfitta – per liberarsi di diversi membri dell’amministrazione che malsopporta da tempo, ma che non poteva cacciare prima del voto per evitare polemiche dannose alla campagna elettorale. Esper era uno dei primi sospettati, ma dopo di lui ce ne sono altri. Uno è Christopher Wray, direttore dell’FBI, che Trump critica da tempo perché a suo avviso non ha sostenuto a sufficienza le accuse di brogli elettorali della Casa Bianca e la presunta minaccia degli attivisti ANTIFA.
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Fonti nell’amministrazione hanno confermato ai media americani che il licenziamento di Wray è da tempo oggetto di discussione, così come quello di Gina Haspel, direttrice della CIA che Trump accusa di voler ritardare la pubblicazione di alcuni documenti che, secondo lui, proverebbero l’esistenza di una cospirazione del “deep state” – l’espressione con cui si indica talvolta l’apparato burocratico statunitense – ai suoi danni.
Di per sé, Biden una volta insediato potrebbe nominare di nuovo Wray e Hespel, nel caso fossero licenziati: e comunque avrebbe la facoltà di scegliere persone di sua fiducia per quegli incarichi. Ma una decisione di questo tipo da parte di Trump provocherebbe un gran caos ai vertici dell’intelligence e della difesa, che secondo molti potrebbe esporre a rischi la sicurezza nazionale statunitense nei prossimi mesi e che renderebbe ancora più evidente la politicizzazione di incarichi che, prima di Trump, erano stati più separati dall’esecutivo. Il tutto in un momento particolarmente delicato come la transizione tra un’amministrazione e l’altra.
Un altro che è stato messo nella lista di chi rischia il posto è Anthony Fauci, capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases e tra i principali consiglieri scientifici della Casa Bianca. In uno degli ultimi comizi prima delle elezioni, Trump aveva detto nemmeno troppo implicitamente che avrebbe potuto licenziarlo subito dopo le elezioni. Biden ha detto da parte sua che lo assumerebbe, invece.
Emily Sydnor, una docente di scienze politiche alla Southwestern University, ha spiegato a Bloomberg che «quando c’è un presidente a fine mandato, ci sono pochi contrappesi alle sue possibilità di esercitare il potere dell’esecutivo». Senza la preoccupazione di doversi sottoporre di nuovo al voto, l’unico freno all’azione del presidente è di fatto la prassi e il rispetto delle tradizioni istituzionali: aspetti che Trump ha spesso ignorato.
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Oltre ai licenziamenti, che potrebbero includere anche altre figure dell’amministrazione, si parla della possibilità che Trump usi il potere della grazia presidenziale. Questa non sarebbe una novità: gran parte dei presidenti, nelle ultime settimane di mandato, vi ha fatto ricorso talvolta anche con decisioni controverse, come quando Bill Clinton graziò il fratellastro Roger Clinton per una vecchia condanna per possesso e spaccio di cocaina. Barack Obama, invece, prima di lasciare la Casa Bianca decise tra le altre cose di commutare la pena di Chelsea Manning, l’ex analista dell’esercito americano condannata a 35 anni per aver fornito materiali riservati a Wikileaks.
Secondo CNN, Trump potrebbe decidere di concedere la grazia a Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale, che aveva patteggiato per aver mentito all’FBI dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta sulla Russia. L’avvocato Paul Manafort e l’ex consigliere George Papadopulous sono altre due figure condannate nell’ambito dell’indagine di Robert Mueller e che potrebbero essere graziate da Trump.
Ma c’è anche un’altra possibilità di cui si discute con sempre maggiore insistenza: che Trump decida di graziarsi da solo, per provare a evitare alcuni dei diversi processi che probabilmente lo aspettano uscito dalla Casa Bianca, e senza l’immunità presidenziale. La Costituzione non lo vieta esplicitamente, e da tempo giuristi e costituzionalisti discutono se si possa fare. L’indicazione più condivisa è che no, non sia costituzionale: ma Trump potrebbe provarci comunque. E addirittura, Trump potrebbe concedere la grazia “preventiva” – quindi prima che ci siano incriminazioni formali – ai suoi familiari, che potrebbero essere coinvolti in alcune indagini finanziarie legate alla Trump Organization. Questi provvedimenti avrebbero però eventualmente validità solo per i reati federali: e molti dei reati di cui sono accusati Trump e le sue società sono in realtà statali.
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Trump avrà anche la possibilità di occuparsi di diverse questioni in sospeso con dei decreti esecutivi, strumenti legislativi che non richiedono l’approvazione del Congresso e di cui ha fatto largo uso in passato. Secondo Bloomberg, Trump potrebbe prendere decisioni per mettere deliberatamente in difficoltà Biden: da mesi si parla di una parziale riforma delle leggi sull’immigrazione, in senso più restrittivo, che potrebbe diventare molto complicata da gestire per la prossima amministrazione.