Una canzone di Gordon Lightfoot
Uno sempre attento con le parole, quella volta lì ebbe una disattenzione
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60 anni fa oggi Édith Piaf registrò Non, je ne regrette rien, gran meraviglia. Tra le molte invenzioni sonore del testo, io adoro la rima tra mal ed égal e come lei insiste sulle elle.
L’anno scorso, nelle vite di prima, ho incrociato Francesco De Gregori dopo una sua conferenza stampa e abbiamo scambiato due parole, promettendocene quattro in altre occasioni. Non lo vedevo da un sacco di tempo e a un certo punto lo avevo raccontato qui. Poche settimane fa aveva avventatamente messo in programma tre date al teatro Dal Verme di Milano, il mese prossimo, io avevo comprato i biglietti chiedendomi “mah?”. E infatti le hanno cancellate: altri rimborsi di biglietti da chiedere.
If you could read my mind
Nel 2012 Gordon Lightfoot ha raccontato che un giorno sua figlia fu grande abbastanza da capire e considerare cosa dicesse una delle sue canzoni più famose. Lui l’aveva scritta nell’estate del 1969 e uscì in un disco del 1970, 50 anni fa: parlava della separazione da sua moglie e di quel periodo faticoso di estraneità e disincanto, e lo faceva con metafore e formule narrative creative. Lightfoot, che è canadese e la settimana prossima compie 82 anni, immaginava i pensieri suoi e di sua moglie e li disegnava come delle storie da film o da romanzo tascabile.
If you could read my mind, love
What a tale my thoughts could tell
Just like an old time movie
About a ghost from a wishing well
E nel racconto di pensieri immaginati Lightfoot, che è uno che riflette molto sulla propria scrittura e ne ha parlato spesso, a un certo punto della canzone dice che se lei leggesse tra le righe saprebbe che lui sta solo cercando di capire dove sono finiti i sentimenti che lei ha perduto
And if you read between the lines
You’ll know that I’m just trying to understand
The feelings that you lack
Subito dopo si riprende, e ripete “non so cosa abbiamo sbagliato”, ma ormai il guaio è fatto.
I don’t know where we went wrong
But the feeling’s gone
And I just can’t get it back
Quello che gli disse sua figlia, quella volta che ormai era grande, fu, grossomodo: era solo colpa della mamma? “tu non avevi perduto nessun sentimento, papà?”. E così lui da allora la canta diversa, con “we lack”. E nelle interviste ha raccontato che pure quelli attenti come lui alla scrittura, quando parlano di cose autobiografiche perdono lucidità sul valore delle singole parole.
And you won’t read that book again
Because the ending’s just too hard to take
Fine della storia. Anni dopo Lightfoot fece causa all’autore di The greatest love of all di Whitney Houston, sostenendo che gli avesse copiato un passaggio (un po’ era vero, secondo me) e la chiusero con un risarcimento. Quest’anno è uscito un documentario su di lui, difficile da vedere in Italia. Si chiama come la canzone, che è stata cantata da un sacco di gente, tanto è bella (Johnny Cash, Neil Young, Barbra Streisand): ma come riesce a modulare il tono lui, su ogni sillaba e ogni nota, secondo me nessuno.
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