Perché i rider protestano
Contestano il contratto firmato lo scorso 16 settembre, che sarebbe stato imposto ai lavoratori e che non garantirebbe loro le tutele previste per i dipendenti
Negli ultimi giorni, in molte città italiane, secondo La Stampa sarebbero 22, ci sono state manifestazioni di protesta da parte dei rider, i fattorini che consegnano i pasti a domicilio. A Milano ci sono stati anche scontri fra i rider che hanno deciso di scioperare e quelli che invece volevano continuare a lavorare, mentre a Bologna ci sono stati scontri con la Polizia. I rider protestano contro l’accordo firmato lo scorso 16 settembre fra AssoDelivery, l’associazione che rappresenta le principali aziende del settore della consegna del cibo a casa – Deliveroo, Glovo, Just Eat, Social Food e Uber Eats – e il sindacato UGL (Unione Generale del Lavoro).
Il nuovo contratto prevede diverse garanzie di cui precedentemente i rider non godevano, come un compenso minimo di dieci euro lordi per ogni ora di consegne (in base alle stime di durata delle consegne fatte dalle piattaforme), un’indennità integrativa per il lavoro notturno, festivo e in caso di maltempo, la copertura assicurativa infortunistica e per danni a terzi, la fornitura gratuita delle dotazioni di sicurezza e la formazione in materia di sicurezza stradale e nel trasporto di alimenti.
Il contratto, che è stato firmato solo dall’UGL, ma non dagli altri sindacati, compresi CGIL, CISL e UIL, inquadra però i rider come lavoratori autonomi e non come lavoratori subordinati, non garantendo quindi le tutele previste per i dipendenti, come ad esempio le ferie e la malattia. Una parte dei rider denuncia che il nuovo contratto sarebbe stato imposto ai lavoratori, che rifiutandolo non avrebbero più avuto la possibilità di lavorare. E ciò in un momento in cui, dopo le nuove misure restrittive decise dal governo per cercare di fermare l’aumento di casi da coronavirus, tra cui la chiusura al pubblico dei ristoranti, la richiesta di consegne di cibo a domicilio è destinata ad aumentare. Altre critiche riguardano il compenso minimo per le ore lavorate, che però è corrisposto solo per il tempo impiegato per le consegne e non per quello passato in attesa di ricevere nuovi ordini (non è quindi propriamente un compenso minimo orario).
Dopo che la maggior parte delle sigle sindacali aveva bocciato l’accordo, considerando tra l’altro UGL minoritaria e non rappresentativa dei lavoratori del settore, il governo ha organizzato per mercoledì 11 novembre un incontro al ministero del Lavoro con AssoDelivery e le associazioni sindacali confederali, che spingono per l’approvazione di un contratto che preveda le tutele di un rapporto di lavoro subordinato.
Il governo, ha spiegato la sottosegretaria al lavoro Francesca Puglisi, vorrebbe far ripartire il confronto fra le aziende del settore della consegna del cibo a domicilio e i rappresentanti sindacali dei rider dalla «legge di un anno fa che introduce le tutele del lavoro subordinato per i rider». Si tratta della legge 128/2019 che inserisce l’attività dei fattorini all’interno del contratto collettivo della logistica. Un inquadramento professionale che però le aziende del Delivery non hanno applicato, preferendo l’accordo con UGL per un contratto con maggiori garanzie rispetto al passato, ma sempre da lavoratori autonomi.
Fino ad oggi le aziende riunite in AssoDelivery, nonostante garantissero ai loro lavoratori condizioni diverse, sono sempre state compatte nel rifiutare di considerare quello dei rider come un lavoro subordinato. Ma dopo le proteste degli ultimi giorni, e in vista dell’incontro al ministero del Lavoro di mercoledì, Just Eat, una fra le principali aziende del settore, ha annunciato che dal 2021 offrirà ai propri rider la possibilità di essere assunti con un contratto di lavoro dipendente. I rider avranno una parte di stipendio fisso garantito e un’altra legata al numero di consegne. Le biciclette, gli scooter e tutto quello che è necessario per le consegne saranno forniti dall’azienda.
Lo ha annunciato al Corriere della Sera l’amministratore delegato di Just Eat Italia, Daniele Contini, che ha detto che si tratta «un segno di civiltà e di etica applicata al business. Ci saranno dei costi da sopportare – ha spiegato – ma crediamo in questo business ed è arrivato il momento di investire sulle persone». I nuovi contratti saranno inizialmente previsti solo per i rider di Roma e Milano.