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  • Lunedì 9 novembre 2020

Charles de Gaulle spiegato ai millennial

Cinquant'anni fa morì uno dei personaggi più famosi e influenti della storia del Novecento, a cui la Francia deve gran parte di quello che è oggi

De Gaulle in Canada (Evening Standard/Getty Images)
De Gaulle in Canada (Evening Standard/Getty Images)

La sera del 9 novembre di cinquant’anni fa Charles de Gaulle si trovava nella sua residenza a Colombey, nel nordest della Francia, e stava facendo un solitario con le carte. Poco dopo le 19 ebbe una aneurisma e nel giro di venti minuti morì, prima che arrivassero il dottore e il parroco ad assisterlo. La sua morte fu annunciata alla nazione il giorno dopo dall’allora presidente francese Georges Pompidou, che disse: «il generale de Gaulle è morto. La Francia è vedova».

Charles de Gaulle aveva quasi ottant’anni quando morì, e nel frattempo aveva fatto in tempo a diventare uno dei personaggi più rappresentativi e influenti della storia francese: nel 2010 un sondaggio rilevò che il 44 per cento dei francesi lo metteva al primo posto tra le figure più importanti della storia francese, mentre solo il 14 per cento aveva messo al primo posto Napoleone. Il motivo per cui de Gaulle è così presente nella memoria collettiva francese è legato al ruolo centrale che ebbe in più di un passaggio cruciale della storia del paese, dalla Seconda guerra mondiale al Sessantotto passando per il dopoguerra.

Se oggi la Francia è una repubblica semipresidenziale, e se per gran parte degli ultimi decenni ha avuto un sistema politico stabile e bipolare, si deve principalmente proprio a de Gaulle. Nella storia recente praticamente tutti i politici si sono ispirati o lo hanno nominato durante le loro campagne elettorali: l’attuale presidente Emmanuel Macron è probabilmente quello che con più forza si è rifatto alla tradizione di de Gaulle, al punto da avere posizionato un suo libro aperto sulla scrivania che fa da sfondo al suo ritratto ufficiale da presidente.

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Tuttavia, anche se in Francia tutti conoscono de Gaulle, in Italia non viene ricordato molto spesso, e in particolare potrebbero conoscerlo poco i più giovani che non ne ricordano il mito: vale quindi la pena ripercorrere la sua storia.

Se oggi i francesi ritengono de Gaulle un modello indiscutibile è anche per via del mito che gli nacque intorno ai tempi dell’occupazione nazista in Francia. All’epoca in cui la guerra iniziò de Gaulle era colonnello dell’esercito e aveva quasi cinquant’anni, era stato a lungo prigioniero durante la Prima guerra mondiale e si era fatto conoscere negli ambienti militari per la sua attività di teorico della guerra. Nel giugno del 1940 venne nominato sottosegretario alla guerra ma dopo pochi giorni, quando i nazisti avevano ormai preso Parigi, decise di lasciare la Francia e raggiunse Churchill a Londra per coordinare le attività di resistenza, commettendo di fatto un atto di insubordinazione che portò il nuovo governo del maresciallo Pétain – che aveva sede a Vichy ed era vicino ai tedeschi – a condannarlo a morte in contumacia.

Il 18 giugno, da una stazione radio della BBC, de Gaulle fece un appello in cui chiese ai francesi di resistere e a tutti i militari francesi in territorio britannico di unirsi a lui. Inizialmente l’appello non sortì grandi effetti. Solo dopo alcuni mesi de Gaulle riuscì a ricostituire una forza militare che nominò “Forze francesi libere”, grazie all’aiuto del governo britannico.

Del primo discorso radio non esistono registrazioni, ma ne sono state fatte di altri discorsi più o meno simili che de Gaulle fece in seguito.

De Gaulle si nominò “Capo della Francia libera” e si mise in aperto contrasto con il governo tecnicamente legittimo, quello di Pétain, il quale era in realtà una personalità molto rispettata in patria, anche dallo stesso de Gaulle. In quanto guida della resistenza, de Gaulle divenne l’interlocutore principale con cui i leader degli Alleati, cioè Churchill e il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, dovettero dialogare.

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Avere a che fare con de Gaulle non era facile. Aveva un carattere spigoloso e poteva risultare arrogante, aspetti che erano accentuati dal suo forte nazionalismo e che si riflettevano anche sulla sua visione politica. È indicativo della personalità di de Gaulle ciò che avvenne mentre era a capo del governo di coalizione, una volta che finì la Seconda guerra mondiale: il governo di Vichy aveva cambiato profondamente le istituzioni del paese ed era quindi necessaria una nuova riforma. De Gaulle cercò di convincere gli altri membri del governo della sua idea, cioè una costituzione sul modello di quella statunitense, con un presidente dai poteri ampi, ma non ci riuscì. Quindi decise di dare le dimissioni e rimase lontano dalla politica per diversi anni, finché non si presentò una nuova crisi istituzionale, nel 1958.

De Gaulle accettò di tornare a fare politica e lo fece perseguendo praticamente la stessa idea di dieci anni prima: diede mandato di redigere una nuova costituzione e la fece votare con un referendum popolare, in cui il 70 per cento dei votanti si dichiarò a favore dei cambiamenti voluti da de Gaulle. Nel dicembre di quello stesso anno venne eletto primo presidente della nuova repubblica, la quinta, secondo il conteggio dei francesi (la prima è quella nata nel 1792, dopo la celebre Rivoluzione).

Forte di questo mandato popolare, de Gaulle iniziò la presidenza attuando una politica estera spregiudicata per quei tempi: innanzitutto abbandonò il controllo dell’Algeria, che era colonia francese da più di un secolo. Poi cercò di assumere la guida della CEE – la Comunità Economica Europea, antenata dell’Unione Europea – distanziandosi il più possibile dalle ingerenze degli Stati Uniti, i quali si ritenevano responsabili di promuovere una maggiore integrazione europea. De Gaulle era sì a favore dell’integrazione, ma era anche un convinto nazionalista e cercava di promuovere gli interessi francesi prima di ogni altra cosa. Nel corso degli anni Sessanta, quindi, iniziò una politica di riarmo che portò la Francia a dotarsi della bomba atomica, e contestualmente ritirò l’esercito dalle strutture militari della NATO per renderlo più autonomo, pur restando dentro l’organizzazione.

Sempre per gli stessi motivi, de Gaulle nel 1961 e nel 1967 si oppose alle richieste del Regno Unito di entrare a far parte della CEE: nella sua visione era la Francia, insieme alla Germania, a dover guidare le istituzioni europee. Il Regno Unito sarebbe stato un altro interlocutore ingombrante con cui condividere la leadership, per non parlare del fatto che tra gli inglesi e de Gaulle non ci fu mai molta simpatia: i britannici attesero che de Gaulle si ritirasse dalla politica per chiedere una terza volta di diventare membri della CEE.

Una vignetta che raffigura la difficoltà del Regno Unito di entrare nella Comunità Europea: il primo ministro di allora Harold Wilson salta con facilità gli ostacoli rappresentati dagli altri paesi membri, ma gli si para davanti un insormontabile de Gaulle (di Fritz Behrendt)

Il ritiro avvenne nel 1969, dopo più di dieci anni da presidente e dopo aver attraversato indenne la crisi del maggio 1968, quando le proteste studentesche a Parigi sfociarono in violentissimi scontri con la polizia in tutta la città. In quel caso de Gaulle la risolse proclamando nuove elezioni che lo legittimarono ancora una volta – le proteste erano un fatto che riguardava molto Parigi e poco le periferie del paese –, riuscendo a rimanere al potere ancora un anno. Nel 1969, però, dopo una sconfitta a un referendum istituzionale, diede le dimissioni, stavolta per l’ultima volta.

Anche se oggi de Gaulle è una figura entrata pienamente nella storia e condivisa da tutti, quando era al potere la realtà era molto diversa: aveva molti e ferventi sostenitori, ma era anche odiatissimo da certe parti politiche, in special modo dalle frange più estreme: c’era chi lo odiava per aver abbandonato le colonie, chi per il suo nazionalismo, chi semplicemente perché incarnò il potere in Francia per un periodo lunghissimo. Durante i suoi anni al potere subì circa trenta attentati e quando morì un giornale di estrema destra titolò così: «La bestia è morta, ma il suo veleno è ancora vivo».

Oltre all’aeroporto di Parigi, a de Gaulle sono intitolate più di 3600 strade in tutta la Francia, tra cui la rotonda dell’Arco di Trionfo, sempre a Parigi. I suoi concittadini gli hanno anche dedicato diversi soprannomi, spesso con riferimenti ai suoi tratti somatici e alla sua notevole altezza (era alto 1 metro e 95): Le General (“il Generale”), Le Grand Asperge (“il Grande Asparago”), CyranoLa Grande Zohra (che significa più o meno “la grande cammella” e allude al fatto che de Gaulle concesse l’indipendenza dell’Algeria “vendendosi” ai ribelli).